martedì 25 ottobre 2011

Euro roulette

L'infografica pubblicata qui dal New York Times è un ottimo lavoro che rende evidente come il rischio di contagio sia tutt'altro che un'ipotesi di studio o un'allarme mediatico.
Tra i siti italiani, a parte qualche timida iniziativa del Linkiesta (che infatti è la più interessante start up all news), simili modalità di presentare le notizie sono ancora del tutto assenti. Un peccato.

lunedì 24 ottobre 2011

La trasparenza delle pensioni

Maurizio Ferrera propone due linee d'intervento sulla previdenza obbligatoria: inasprimento dei requisiti anagrafici - agendo soprattutto sull'età delle donne del settore privato - e stretta sulle pensioni di anzianità, ovvero eliminando la possibilità di ritirarsi dal lavoro con 40 anni di contributi senza limiti d'età ("Non ci resta che crescere", a cura di Tommaso Nannicini, Università Bocconi Editore).

Soluzioni che tendenzialmente condivido e che comunque possono generare una forte reazione negativa tra chi si sente penalizanto. Ed è per questo che un simile intervento andrebbe adottato nella massima trasparenza. Come dice Ferrara "per rendere più accettabili e credibili queste misure restrittive... si potrebbe rendere lo storno trasparente: tutto ciò che si risparmia (fatta salva eventualmente una quota  per il risanamento dei conti pubblici) dovrebbe confluire direttamente in un fondo nazionale per gli investimenti sociali".

Operazione di comunicazione difficilmente attuabile in condizioni d'emergenza, come quelle in cui si sta muovendo l'esecutivo.
Eppure è un consiglio da seguire scrupolosamente in vista delle prove e delle inevitabili riforme che dovranno essere prese. Solo con la condivisione dei sacrifici e dei benefici sarà possibile creare una breccia nell'immobilismo.

venerdì 21 ottobre 2011

Imago mortis

La storia dell'Uomo è anche fuga dalla morte. Non dalla sua rappresentazione. Fino all'età moderna il momento del trapasso è parte "viva" del quotidiano (sull'argomento Philippe Aries, "Storia della morte: dal medioevo ai nostri giorni").

Prima la rivoluzione industriale e poi - più decisamente - lo sviluppo economico e il benessere del secondo dopo guerra hanno relegato il dolore e la violenza in una sfera privata e progressivamente assenti dalla rappresentazione pubblica. Ad eccezione dei media di massa, gli unici veicoli istituzionalmente legittimati a dare forma visiva al dolore. Un palcoscenico mediato e per questo lontano
La diffusione dei mezzi di produzione e di distribuzione digitale in parte hanno riportato l'evento morte - nelle sfaccettature comprese fra violenza e dolore - su un palcoscenico più vicino, quasi a riallacciare un rapporto con la società pre-industriale. Seppure nella volgarità dell'eccesso e nella ferocia dell'apparire,

Le immagini di violenza - come l'esecuzione di Gheddafi - o di catastrofi - nel caso del maremoto in Giappone - prodotte in modo non professionale, sotto la pressione delle emozioni, poi diffuse, sventrate e commentate, hanno il merito di metterci di fronte - in modo diretto - ad aspetti della vita che che avevamo posto tra i confini dei set cinematografici.

giovedì 20 ottobre 2011

La timida rivoluzione del paywall

Sono ancora tentativi relativamente sparsi. Ma l'opzione contenuti a pagamento seduce sempre più gli editori. Un cambiamento lieve, per certi versi silenzioso, che tende all'alternativa freemium. Ovvero si paga per la qualità, spesso se l'utente è un hard reader.
Bit Mitchell su Poynter (qui) dice che il tempo per il paywall è arrivato. Un appuntamento a cui gli editori sembrano essere arriviati dopo diverse sperimentazioni. Tentativi che hanno delineato con maggiore chiarezza l'equilibrio tra volume di traffico e sottoscrizione. Il più recente esempio, in questo senso, arriva dal Boston Globe, che ha reso a pagamento l'accesso al sito (tariffa flat da 3,99 dollari alla settimana), mentre ha lasciato gratuito il Boston.com, versione meno impegnativa, decisamente più snack news.

Per Mitchell il paywall è pronto per il lancio essenzialmente per quattro ragioni (l'ultima è in realtà un consiglio). Eccole, comprese le mie osservazioni.
1) Esistono utenti disposti a pagare i contenuti di qualità.
- La distribuzione digitale consente a bassi costi marginali di modulare l'offerta in funzione del potenziale pubblico di riferimento -.
2) I contenuti a pagamento spingono editori e redazioni a una maggiore cura della qualità.
- Propensione, a dire il vero, che dovrebbe essere sempre guida, almeno nei suoi conteni base. Il gratis dell'online sottrae valore monetario, ma la valuta economica, fatta di reputazione e attenzione, resta valida per qualsiasi opzione -.
3) La sottoscrizione crea un legame contrattuale diretto con il lettore digitale. Mentre nel free il rapporto è solo con gli investitori pubblicitari. 
- Se la formula dell'abbonamento funziona si diversifica il mercato e la clientela. Anche se l'advertising è e resterà una riferimento imprescindibile per gli editori -.
4) Le strategie devono bilanciare la ricerca di ricavi senza impedire la condivisone dei contenuti sui social media.

mercoledì 19 ottobre 2011

Sotto preoccupazione

Come dice Gabriele (qui, via Peacereporter) anche la Cina guarda con preoccupazione l'Italia. Il paese asiatico ha investito somme importanti nei titoli di Stato europei e considera l'euro zona un mercato fondamentale per sostenere il proprio export. Il default dell'Italia, la terza economia dell'area, dunque potrebbe innescare un effetto a catena globale, difficilmente gestibile.

Il giudizio internazionale è decisamente chiaro: non diamo fiducia. Condizione minima e irrinunciabile per riavviare il circuito della liquidità nei mercati. L'inazione del governo e l'incapacità di prendere decisioni sono pericolosamente intollerabili. Chi paga questi danni? Propongo che ciascuno esecutivo sottoscriva una fideiussione prima dell'insediamento.

venerdì 14 ottobre 2011

Lasciare Twitter

Secondo Soshable Media (qui) molte aziende stanno abbandonando Twitter. A causa del crescente spam e per un fraintendimento. Spesso la piattaforma è usata come un canale di diffusione del proprio messaggio, anziché come ambiente di ascolto ed engagement. Abitudine che a sua volta alimenta lo spam.

mercoledì 12 ottobre 2011

Gli antichi tesori dei giornali

Il New Yorker mette a profitto gli archivi. Ha realizzato un'applicazione per iPad contenente articoli e immagini sulle partite di baseball dal 1929 al 2011. A seguire è stata pubblicata una "golf collection" (segnalazione via Felix Salomon, Reuters). Le iniziative, sponsorizzate da grandi aziende come United Airlines e Bmw, sono caratterizzate da costi marginali decisamente più bassi rispetto a soluzioni analoghe su carta stampata.

I giornali dispongono un patrimonio sociale - fatto di dati, intenzioni, voci - più ricco rispetto a player come Google e Facebook, sopratutto perché a questi manca la prospettiva storica. Dunque la memoria come fonte di ricavi e come vantaggio competitivo.

lunedì 10 ottobre 2011

Innovazione analogica

Il tempo dell’economia digitale corre veloce. E i bassi costi per entrare sul mercato rendono la competizione affollata e agguerrita. E' il caso di Yahoo, una stella del web anni '90, ora in difficoltà finanziare per errori strategici, poca innovazione, naturale invecchiamento del prodotto.
L'articolo  “Yahoo has a crowd, wants a voice” (qui, Verne G. Kopytoff, via The New York Times), che traccia gli errori di un sito che comunque raccoglie 686 milioni di utenti, può essere una lettura interessante sull'argomento.

In sintesi i punti deboli di Yahoo sono i seguenti.

Nonostante il traffico raccolto su canali (dalle news alla finanza, fino allo sport),  Yahoo gode di un brand di poco valore:
“If we ask somebody on the street, ‘What’s the top news brand?’ Would they say Yahoo news?” said Mickie Rosen, the senior vice president who oversees Yahoo’s media properties. “The honest answer is they probably wouldn’t.”.
Un giudizio generato del fatto che Yahoo è in larga parte un aggregatore di notizie provenienti da fonti esterne. Tendenza, peraltro, seguita da molti portali italiani.

Ritardo nell’innovazione. E’ il caso degli aggregatori alla Flipboard di notizie su smartpohnes e tablet. L’app di Yahoo arriverà sul mercato solo a fine autunno.

Il volume dei ricavi è inferiore alla crescita del mercato: il traffico generato non è adeguatamente monetizzato. Probabilmente a causa del minor tempo di permanenza, a tutto vantaggio dei competitor, primo fra tutti Facebook: a maggio negli Usa il tempo su Fb è stato pari a 53,5 miliardi di minuti, contro i 20 di Yahoo.

Le difficoltà di Yahoo sembrano trovare una possibile soluzione nelle ottime performance (traffico e tempo) del canale sport. Dove sono stare fatte scelte che hanno portano la risposta ai nuovi player su un terreno non solo tecnologico, ma anche analogico.
Nel canale sport l’editore ha scelto di innovare nel metodo di produzione. Gli articoli sono prodotti dalla redazione interna, si fa attenzione alla qualità, attraverso un mix racconto/video/game (Fantasy Football Live). Il risultato finale ha un valore maggiore rispetto al lancio d’agenzia di un partner esterno, non esclusivo e spesso semplicemente cobrandizzato.
E’ la realizzazione di una trasformazione dal contenuto come mezzo (per raccogliere pubblicità) al contenuto come strumento per la raccolta pubblicitaria. La differenza non è da poco e implica una maggiore attenzione all’audience (sull’argomento Roberto Favini “Il web semantico per l’innovazione dell’editoria”, qui), senza abbassare il livello qualitativo dell'informazione generata.

lunedì 3 ottobre 2011

Frutta e notizie

L’editore diventa venditore, trasformando l’attenzione in merce. Esercizi di futuro tracciati da Jeff Flemin, qui via Editor & Publisher.
Rapida diffusione dei tablet – secondo Forrester Reseach entro il 2015 saranno nelle mani di 82 milioni di cittadini Usa – e propensione all’acquisto online dell’utente mobile diventano le coordinante dove si portano a profitto i data base dei giornali. Fatti di abbonati e cataloghi d'inserzionisti. Si tratta, in pratica, di realizzare piattaforme dove fare incontrare offerta e domanda di prodotti e servizi.
Il giornale, quindi, diventa un’ambiente attivo, dove oltre a informarsi è possibile mettere in moto comportamenti d'acquisto.

Se è vero che le nuove piattaforme digitali stanno trasformando le aziende in editori, sembra sia vero pure il contrario.