Secondo stime pubblicate su Milano Finanza (3 settembre, pag. 5) il settore dell’editoria perderà circa 200 milioni di euro di aiuti pubblici. Effetto dell’addio alle tariffe postali agevolate e del taglio ai contributi. Un incontro – richiesto dalla Fieg – con il ministro dell’Economia e la stesura definitiva della riforma Bonaiuti, dovrebbero fissare contorni più precisi sulle risorse esogene disponibili per il futuro (comunque minori rispetto al passato).
Tagli che si sommano alle difficoltà nel trovare risorse endogene. Periodici e stampa sono in sofferenza nelle versione online, con perfomance piuttosto deludenti (leggi qui), a cui si aggiunge il persistente calo di vendite e raccolta pubblicitaria (seppure in termini più contenuti rispetto allo scorso anno).
Gli editori dovrebbero – si dice – rispondere con l’innovazione e con maggiore coraggio (che serve sempre per investire, ancora di più in periodi di vacche magre). Ovvero sviluppare, creare prodotti, più funzionali al nuovo sistema di supporti tecnologici.
Ma è mancanza di vision o inadeguatezza dei protagonisti? Le strutture editoriali, così come sono organizzate oggi, difficilmente si metteranno in gioco. Per molti motivi: il passato che rappresentano, chi ci lavora.
La risposta potrebbe arrivare dai soggetti nati nell’ecosistema degli anni zero, che pure si chiameranno editori e pure assumeranno produttori di contenuti. Ma saranno una cosa diversa.
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