L'articolo “Yahoo has a crowd, wants a voice” (qui, Verne G. Kopytoff, via The New York Times), che traccia gli errori di un sito che comunque raccoglie 686 milioni di utenti, può essere una lettura interessante sull'argomento.
In sintesi i punti deboli di Yahoo sono i seguenti.
Nonostante il traffico raccolto su canali (dalle news alla finanza, fino allo sport), Yahoo gode di un brand di poco valore:
“If we ask somebody on the street, ‘What’s the top news brand?’ Would they say Yahoo news?” said Mickie Rosen, the senior vice president who oversees Yahoo’s media properties. “The honest answer is they probably wouldn’t.”.Un giudizio generato del fatto che Yahoo è in larga parte un aggregatore di notizie provenienti da fonti esterne. Tendenza, peraltro, seguita da molti portali italiani.
Ritardo nell’innovazione. E’ il caso degli aggregatori alla Flipboard di notizie su smartpohnes e tablet. L’app di Yahoo arriverà sul mercato solo a fine autunno.
Il volume dei ricavi è inferiore alla crescita del mercato: il traffico generato non è adeguatamente monetizzato. Probabilmente a causa del minor tempo di permanenza, a tutto vantaggio dei competitor, primo fra tutti Facebook: a maggio negli Usa il tempo su Fb è stato pari a 53,5 miliardi di minuti, contro i 20 di Yahoo.
Le difficoltà di Yahoo sembrano trovare una possibile soluzione nelle ottime performance (traffico e tempo) del canale sport. Dove sono stare fatte scelte che hanno portano la risposta ai nuovi player su un terreno non solo tecnologico, ma anche analogico.
Nel canale sport l’editore ha scelto di innovare nel metodo di produzione. Gli articoli sono prodotti dalla redazione interna, si fa attenzione alla qualità, attraverso un mix racconto/video/game (Fantasy Football Live). Il risultato finale ha un valore maggiore rispetto al lancio d’agenzia di un partner esterno, non esclusivo e spesso semplicemente cobrandizzato.
E’ la realizzazione di una trasformazione dal contenuto come mezzo (per raccogliere pubblicità) al contenuto come strumento per la raccolta pubblicitaria. La differenza non è da poco e implica una maggiore attenzione all’audience (sull’argomento Roberto Favini “Il web semantico per l’innovazione dell’editoria”, qui), senza abbassare il livello qualitativo dell'informazione generata.
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