Al Washington Post, scrive Ken Doctor (qui, via Nieman Journalism Lab), si sono dotati di uno strumento in grado di leggere il comportamento online degli utenti. Un panel (o dashboard 1.0 come è chiamato nell’articolo) per tracciare utenti unici, pagine viste (la terminologia è rispettivamente modificata in “lettori” e “pagine lette”), preferenze, tempi di permanenza.
Il profumo dell’informazione deve affiancarsi, dunque, alla ricerca del profumo (a volte dell’odore) dell'utente. Il consenso online – stretto dall’accoppiata utenti/pagine viste – impone metodi e processi in grado di riunire tra le mani di chi scrive, conoscenze marketing e capacità di comprensione delle dinamiche fisiche che fissano l’interazione lettore/monitor.
E non necessariamente un simile lavoro conduce a un contenuto scolpito dalla domanda. Anzi, da questo sforzo di analisi è possibile intraprendere percorsi di cambiamento verso un ecosistema dove l’offerta sia in grado influenzare la domanda.
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