L’economia del dono – o della contribuzione gratuita – rappresenta una delle colonne che caratterizzano, in senso marcato e sistematico, il web e la comunicazione digitale. A memoria, nella storia occidentale, una simile propensione al dono, all’agire immediatamente disinteressato, è rintracciabile nella Roma antica, con il fenomeno dell’evergetismo. Anziché gli utenti online, i decurioni, ovvero funzionari pescati tra le classi più agiate e potenti delle città, si prendevano a carico la manutenzione, l’intrattenimento e lo sviluppo dei centri urbani. Analogia geografica: per la diffusione in tutto il territorio dell’impero, così come la contribuzione globale via web. Profonde le differenze sociali: il censo era la determinante in epoca romana, la conoscenza nell’azione collaborativa online.
L’evergestimo entrò in difficoltà nel corso del secondo secolo dopo Cristo, per poi scomparire nei secoli successivi, a causa dei complessi mutamenti sociali ed economici che interessarono il tardo impero romano.
La contribuzione gratuita corre un simile rischio? Secondo Luigi Proserpio (pag. 29, “Comportamenti digitali”, libro che merita attenzione) quattro variabili potrebbero determinare il crollo della contribuzione:
- bassa qualità e visibilità dei contenuti, ovvero - secondo Proserpio- l’eccesso di rumore sommerge i contenuti generati dagli utenti e non ne permette la valorizzazione;
- accresciuta difficoltà di ricerca dei contenuti generati dagli utenti;
- permanenza dell’identità digitale;
- lenta, ma progressiva, perdita di attrattività delle reti sociali: “il Facebook suicide è piuttosto frequente di questi tempi, perché l’applicazione non riesce più a generare un’atmosfera calda, coinvolgente e attrattiva”.
Ipotesi di lavoro, da verificare. Anche se c’è già qualche segnale concreto d’inversione di tendenza, come riporta Lsdi (qui, "Blogger in rivolta contro l’ economia della gratitudine”) il rapporto prodotto/ceduto/in cambio/di/visibilità mostra qualche limite e più di un sospetto di appropriazione indebita.
L’economia del dono può funzionare, come forza positiva in grado di disintermediare i processi di produzione, a una condizione: gli attori devono avere tendenzialmente gli stessi fini e il medesimo peso economico. Diversamente, le differenze in termini di capacità contrattuale ed economica minano l’ecosistema del dono e creano i presupposti per generare forme di arricchimento a bassi tassi d’investimento.
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