Secondo Pew (qui) l’ecosistema digitale – rete, device, e-commerce – è maggiormente frequentato dalle fasce di reddito più alte (sopra di 75mila dollari all’anno). Differenze di reddito meno influenti circa la diffusione dei cellulari e delle applicazioni a essi connesse.
Il lavoro è riferito agli Stati Uniti e non presenta sconvolgenti novità. La tecnologia digitale – seppure con un’inerzia verso prezzi sempre più bassi – non azzera le disuguaglianze sociali. Non è ecumenica, anzi. Oltre la variabile reddito, comunque decisiva, ci sono altri fattori che da lì dipanano. Primo fra tutti la scolarizzazione.
L’idea positiva della diffusione esponenziale delle nuove tecnologie dell’informazione è fondata in valori assoluti – lo dimostra il tasso di penetrazione del web –, ma questo sviluppo non è lineare e omogeneo. La Grande crisi – che è cambiamento di ricchezze, dei centri di potere economico – sta inserendo sbarramenti e nuove deviazioni.
Uno dei motivi per cui non credo che i quotidiani di carta scompariranno sta proprio nel persistere e nell’acuirsi dei fattori di diseguaglianza. Uno dei motivi.
Il superamento della barriere tecno-architettoniche è una sfida verso l’inclusione di massa.
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