Il tempo della clessidra scorre più lentamente. Non è vero, ma a me sembra così.
La frenetica caduta dei granelli di sabbia si svolge con calma se paragonata al flusso di notizie, opinioni, pensieri pubblicati dai nuovi media. Che a loro volta si moltiplicano in device, piattaforme, applicazioni.
E’ questo un tempo diverso, che prescinde dal fatto stesso. E’ overload puro, a cui si cerca porre rimedio con altre complicanze – rss, reader e filtri, twitter -.
Per fortuna le capacità di adattamento degli umani sono enormi. Nello spazio di una generazione è stato possibile passare dal giornale di carta e dai telegiornali delle reti Rai all’attuale profluvio.
Lo so, lo so, la ricchezza e la salute di un ecosistema sono date dalla varietà. Le monocolture danneggiano l’ambiente. Eppure alla fine del giorno, a volte, mi vengono in mente le parole – e pure le canticchio (orrore sono stonatissimo) – di una bella canzone di Giorgio Gaber: “E fateci pregustare l’insolita letizia di stare per almeno dieci anni senza una notizia” (“C’è un’aria”, Giorgio Gaber, 1994).
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