lunedì 31 maggio 2010

Un nuovo sito per Newsweek


Nuova veste grafica per il magazine americano. Evidentemente la primavera non fa sbocciare solo i fiori.

Tecnologia per vecchi, tecnologia per giovani ed editori senza brand

I più anziani preferiscono utilizzare l’e-mail – il primo strumento di condivisione dell’era internet – , i più giovani amano Facebook e Twitter.
Una ricerca realizzata negli Stati Uniti da Gather.com rivela due fatti interessanti.
Il primo: la rete è utilizzata dalla metà degli intervistati – un campione di 1.450 persone – come fonte primaria d’informazione.
Secondo: gli strumenti di condivisione variano in funzione dell’età. Il 68% di chi ha più di 45 anni predilige la posta elettronica, il 54% delle persone con meno di 45 anni utilizza Facebook. Infine tra i giovanissimi, meno di 24 anni, il 90% preferisce, oltre Facebook, anche Twitter.

Il lavoro di Gather evidenzia un altro dato su cui riflettere, ovvero che l’80% di chi naviga legge notizie da fonti che non conosce. Una specie di livellamento del brand. Spesso si clicca il primo articolo che compare nell’elenco del motore di ricerca – o quello meglio integrato in un sistema di media sociale.
Il marchio di produzione – la testata – non è più garanzia di lettura, soprattutto nell’informazione generalista.

Dunque se è questo il comportamento “compulsivo” del lettore, occorre che ogni editore se lo segni nella propria agenda. Piaccia o no, la costruzione di siti seo oriented (che diventino visibili nei motori di ricerca) diventa assolutamente importante. Così come una strategia per avere una forte visibilità sui social media. Strategia non pubblicazione tout court degli articoli: è necessario trovare soluzioni in linea con i gusti di un pubblico giovane.

giovedì 27 maggio 2010

Il lato oscuro delle immagini

In questi giorni tre famosi quotidiani si sono presentati ai lettori online con una nuova veste. Il Sole 24 Ore, il Sunday Times e The Times hanno profondamente ridisegnato i loro rispettivi siti.
Le home page sono accumunate da un ampio uso delle immagini. Soprattutto il Sole e il Sunday, accompagnano gli strilli principali con grandi foto che occupano gran parte dello spazio fisico dello schermo.

Le foto. Una specie di dittatura, sotto la quale sembra soccombere lo scritto. Il metodo televisivo – che riduce la realtà dentro sequenze d’immagini – ha influenzato pesantemente tutti i media, pure la rete che in tal senso ha accelerato il percorso d’avvicinamento.

E’ la società delle immagini, ben descritta negli anni ’80 da Italo Calvino nelle sue “Lezioni americane”, capitolo “Esattezza”:

"… Viviamo sotto una pioggia interrotta d’immagini; i più potenti media non fanno che trasformare il mondo in immagini e moltiplicarlo attraverso una fantasmagoria di giochi di specchi: immagini che in gran parte sono prive delle necessità interna che dovrebbe caratterizzare ogni immagine, come forma e come significato, come forza d’imporsi all’attenzione, come ricchezza di significati possibili. Gran parte di questa nuvola d’immagini si dissolve immediatamente come sogni che non lasciano traccia nella memoria; ma non si dissolve una sensazione d’estraneità e di disagio… ".

In queste scelte editoriali, se non sono supportate da un lavoro certosino della redazione, il rischio omologazione è altissimo. Per fare un esempio: se lancio il pezzo sulla manovra correttiva con la faccia del ministro Tremonti cosa aggiungo rispetto a quello che fanno altri 10, 100, 1000 siti?
La risposta potrebbe essere: un articolo interessante e ben fatto. Ma allora perché un ottimo contenuto deve utilizzare un vestito realizzato in serie e acquistato al mercato?

La “grande foto”, inoltre, è assetata di spazio, mette ostacoli alla visibilità degli altri contenuti. Chi acquista un giornale di carta ha la sensazione d'avere sotto controllo gran parte degli articoli pubblicati, una home page fatta da grosse immagini, crea nel lettore smarrimento.

Le immagini a volte possono nascondere, anziché svelare.

mercoledì 26 maggio 2010

Nuovi siti per il Times e il Sunday Times




I due quotidiani britannici si presentano al lettore online in una nuova veste. Più multimedialità e, soprattutto, tanto spazio alle immagini.
Per circa un mese l’acceso sarà possibile solo con registrazione, poi tutti i contenuti si potranno leggere sottoscrivendo un abbonamento.

Rupert Murdoch vuole porre fine al tutto gratis. Con una politica molto aggressiva, secondo il principio del “tutto o niente”.
Tutto, se si paga: l’abbonamento dovrebbe oscillare tra 1 o 2 sterline alla settimana.
Niente in caso contrario, a iniziare dai motori di ricerca da cui tutti gli articoli firmati Times e Sunday Times scompariranno.

martedì 25 maggio 2010

Cittadinanza e paura

“Pensate che, se darete ai latini la cittadinanza, ci sarà ancora posto per voi nelle assemblee, che potrete ancora partecipare ai giochi e alle feste? Non capite che quelli là vi porteranno via tutto?” (fr. 3 in Oratorum Romanorum Fragmenta) Discorso pronunciato nel 122 a.C. dal console Caio Fannio. Obiettivo: contrastare il progetto di Caio Gracco – tribuno della plebe - di estensione della cittadinanza romana agli italici.

Con qualche correzione - extra comunitari al posto di latini - quelle parole rimbalzano ancora tra le mura di bar, case e aule parlamentari. Dopo più di duemila anni, il filo conduttore è la paura. Di solito instillata, usata come strumento di facile consenso.

A proposito. I romani, seppure dopo conflitti cruenti, estesero la cittadina a gran parte della penisola – dopo la guerra sociale, nel 89 a.C. –. E nel 212 d.C. a tutto il territorio dell’impero.

lunedì 24 maggio 2010

Vecchi e nuovi media a confronto

Segnalo un’interessante ricerca su differenze e analogie tra social media e stampa tradizionale. Il lavoro è realizzato da Project for Excellence in Journalism ed è pubblicato qui, sul sito journalism.org. L’indagine è stata realizzata negli Stati Uniti e riguarda il periodo 19 gennaio 2009 – 15 gennaio 2010.

Nella tabella è indicata la distribuzione dei diversi argomenti.

La politica ha trovato ampio spazio nei blog e su You tube. La tecnologia è protagonista su twitter. You tube si caratterizza anche per l’attenzione verso gli esteri. L’economia e la finanza – e questo è un punto che vale la pena sottolineare – trova ancora il maggior spazio sui media tradizionali.

Sui legami tra i diversi media, mi soffermo su queste conclusioni: i social media seguono un’agenda diversa da quella della stampa e la utilizzano poco come fonte primaria. Diversamente i blog sono molto legati ai media tradizionali: la stragrande maggioranza dei blogger utilizza materiale proveniente da giornali e canali televisivi, soprattutto da Bbc, Cnn, New York Times e Washington Post.

Twitter è il media meno influenzato. Le sue fonti sono la rete e gli eventi seguiti in diretta.

venerdì 21 maggio 2010

Social media, idee per l'uso

Facebook, twitter e gli altri media sociali possono migliorare la qualità dei bilanci e dei contenuti pubblicati dagli editori? La risposta potrebbe trovarsi tra le case history descritte da Susan Currie Sivek su Mediashift.

Esperimenti. Come quello di offrire sconti ai propri followers su twitter. Oppure l’integrazione della pubblicità nel profilo della rivista su Facebook.

Un’ottima conoscenza delle nuove tecnologie e – dico io – un disperato tentativo di trovare soluzioni economicamente sostenibili, sono il comune denominatore di queste interessanti prove.

giovedì 20 maggio 2010

Twitter e le iscrizioni della Roma antica

La prospettiva storica riconduce l’Uomo alla sua essenza. Complessa, nelle sue varianti che stanno tra vita e morte, sesso e fame.
E tra queste c‘è la voglia di comunicare, a prescindere dalla tecnologia.

Un’esigenza che prende diverse forme, apparentemente lontane nel tempo. Come quelle di twitter e delle iscrizioni romane che – forse con qualche sforzo – possono essere prese a paragone.
I due supporti sottendono il medesimo bisogno: quello di rivolgersi a un pubblico, più o meno vasto. Entrambi sono contraddistinti dal limite alla lunghezza del testo. Nel caso del social network è una scelta convenzionale – non ci sono evidenti limiti tecnologici a frasi più lunghe –, mentre per le iscrizioni antiche è il mezzo fisico – la pietra – che impone di scrivere nel minor spazio possibile.

Le iscrizioni nel mondo romano erano la comunicazione. Servivano per il linguaggio del potere, per conservare la memoria. Quella pubblica e privata.
Twitter non riveste questo ruolo centrale, anche se la donazione dei suoi archivi alla biblioteca del Congresso degli Stati uniti, potrebbe in futuro trasformarlo in una fonte storica di eguale importanza.

Percorrendo questo filo - probabilmente guidato dall’insensatezza - ecco il testo di un’epigrafe di 2.000 anni fa (CIL XIII, 8648 da Castra Vetera, l’odierna Xanten in Germania):

M(arco) Caelio T(iti) f(ilio) Lem(onia) Bon(onia) / (centurioni) leg(ionis) XIIX, ann(orum) LIII, / [ce]cidit bello Variano. Ossa / [hic] inferre licebit. P(ublius) Caelius T(iti) f(filius) / Lem(onia tribu) frater fecit.

A Marco Celio, figlio di Tito, della tribù Lemonia, di Bologna, centurione della legione XVIII, di anni 53. È caduto nella spedizione di Varo. Possano le sue ossa essere portate qui. Fece (il monumento) il fratello Publio Celio, figlio di Tito, della tribù Lemonia (fonte: Angela Donati, Epigrafia romana, Il Mulino 2002).

Twitter:

kellyjpk
We buried one of our own today...very sad, moving, event..R.I.P. Cpt. Kyle Comfort. If everyone would say a prayer for Kyle's family. Thanks
4:18 AM May 18th via TweetDeck

Due eventi, lontani nel tempo, eppure così vicini: la morte di due soldati, il centurione Marco Celio caduto nella battaglia di Teutoburgo, il capitano Kyle Comfort deceduto in Afghanistan.
L’iscrizione, i post, sono delle fotografie istantanee che racchiudono in sé una grande drammaticità, che va oltre il contingente scritto.
E seppure riferiti a due contesti diversi – l’uno è un cenotafio realizzato da un parente, l’altro un tweet di cordoglio che si rivolge a un pubblico più vasto – marmo e moderna tecnologia sono sullo stesso piano circa l’efficienza, intesa come capacità di inviare un messaggio forte alla comunità.

mercoledì 19 maggio 2010

I nove anni che sconvolsero il giornalismo

Dal 2000 al 2009, i 200 eventi che hanno cambiato i giornali e il modo di fare giornalismo. Tutto è raccontato in un tool grafico realizzato da Poynter online. La prospettiva è Usa-centrica, ma, piaccia o no, è lì che la rete e l’innovazione tecnologica hanno il cuore pulsante.
La suddivisione dai fatti è fatta per "business", "news", "technology" e "social media".

E’ sufficiente qualche passaggio sulle caselle per avere una percezione - quasi fisica - dell’enormità dell’assalto tecnologico che hanno subito i media. E, alla fine, i lettori/utenti. L’anello finale della filiera dell’informazione.

La British Library porta il giornalismo britannico online

La British Library ha annunciato la digitalizzazione di circa 40 milioni di pagine. La conversione carta/bit parte dal 1700.
A lavoro ultimato più di trecento anni di giornalismo britannico saranno accessibili online.

lunedì 17 maggio 2010

Giornali nel labirinto. Alla ricerca disperata della via d’uscita

I ricavi del web dei media francesi si attestano al 2,8% del fatturato complessivo. E quanto ci racconta Lsdi riportando i risultati di una ricerca realizzata della società Precepta. Male il presente, ma pure per il futuro non sono previsti cambi di direzione: il business rimane debole.

I ricercatori francesi mettono sotto accusa il modello pubblicità/audience, perché gli introiti che si possono ricavare sono insufficienti a mantenere profittevole la filiera dell’informazione.
Le soluzioni? Sono quelle che altri "esperti" bocciano: contenuti a pagamento e originali, ricorso alle donazioni e alle sovvenzioni.

Il labirinto che si è costruito attorno ai media è sempre più intricato.

“Non ci sono leggi che impediscano e neppure leggi che proteggano. Non ci sono leggi affatto. C’è solo chi fa leggi”, Mario Luzi, Il libro di Ipazia.
I versi del poeta toscano sono la fotografia dello stato dell’arte dell’editoria. Ovvero, utilizzando una parafrasi: ci sono solo quelli che fanno previsioni e mettono in campo qualche tentativo.

L’assalto di tecnologia ha smosso troppo velocemente e troppo in profondità fondamenta vecchie di quasi un secolo. Le strade per rispondere sono diverse, contraddittorie, un po’ irrazionali – come le aspettative riposte nell’iPad -.

giovedì 13 maggio 2010

Formato digitale e memoria

Nei pomeriggi di pioggia, spinto dalla mia meteopatia, amo guardare le foto della mia famiglia. Alcune, vecchie di due generazioni, risalgono agli inizi del ‘900.
Mi chiedo se mio figlio, i miei pronipoti, potranno fare altrettanto con le foto digitali ora depositate nella memoria di computer e hard disk, più o meno portatili.

Lo stesso per i libri. Chi mi assicura che il formato degli attuali e-book sarà compatibile con le evoluzioni tecnologiche dei prossimi 10, 20, 30 anni?
Dipenderà dalla benevolenza delle case produttrici di software e hardware?

mercoledì 12 maggio 2010

48 Hours, una rivista in due giorni

Il nome della testata non può essere più chiaro. Le 48 ore indicano il tempo per realizzare il magazine. Un giorno per decidere gli argomenti – cosa scrivere -. Un altro per l’editing e l’impaginazione.
Un record, possibile grazie al crowd sourcing, ovvero percorrendo modalità di lavoro simili a quelle utilizzate per Wikipedia.

La rivista nata dai bit del web finirà su carta. Inizialmente sarà stampata “a richiesta” anche se nel futuro ci sono una distribuzione nei tradizionali punti vendita e un sito online.

Facendo ricorso ad ampie dosi di beneficio d’inventario – non ho letto la rivista e online c’è poco – 48 Hours è singolare non solo per i tempi di realizzazione. E’ interessante la commistione tra il vecchio e il nuovo. Il passaggio dal web alla stampa non è un’assoluta novità, recentemente Rue89, un sito francese d'informazione, ha deciso di esordire in edicola.
Ma il magazine americano utilizza più a fondo le potenzialità delle rete, cercando e condividendo, selezionando – e poi stampando – i contributi di un network, di un gruppo di persone.

Sono tentativi, prove. Come lo sono le applicazioni su smartphone, sui tablet.
 L’editoria e chi si occupa d'informazione - in questo periodo - vivono di scommesse, di esplorazioni per capire le potenzialità delle nuove tecnologie.

martedì 11 maggio 2010

Economia e finanza per pochi, parte seconda. I titoli sulla produzione industriale

Si scriveva, ieri, di un buco informativo su temi economici e giuridici. E su questo argomento merita una segnalazione l’articolo “La produzione industriale ai massimi. Anzi, no” di Francesco Daveri (lavoce.info). L'autore fa il punto, in maniera dettagliata e tecnica, sui titoli comparsi sulla stampa – cartacea e web – dopo la pubblicazione dei dati Istat sulla produzione industriale relativa a marzo 2010.
Eccoli. Il Sole 24 Ore: "La produzione industriale cresce del 6 per cento; ai massimi dal 2006" e poi il Tg1, edizione delle ore 20: “Produzione industriale ai massimi dal 2006”.
Euforia, purtroppo, fuori luogo, come l’autore dimostra efficacemente.

La lettura accurata dei dati racconta di una crisi ancora molta lunga. Si è smesso di scendere, ma per ora si sale poco, con passi malfermi. E’ come se uno fosse caduto da una scalinata e – tutto ammaccato – abbia iniziato a salire i primi scalini.
Riepilogando: a marzo la produzione industriale è cresciuta del 6,6%, ma rispetto al valore che aveva assunto nel suo punto di minimo durante la crisi, nel marzo 2009.
Come dice Daveri, nei titoli si sarebbe dovuto scrivere un – 21%, cioè la riduzione della produzione industriale rispetto ai massimi prima della crisi.

Punti di vista diversi, si potrebbe obiettare. Oppure che si vedono i fatti con maggiore ottimismo.
Ci sta anche un terza via: articoli (e titoli) scritti con l'intenzione di compiacere il governo di turno, piuttosto che spiegare i fatti – come stanno – ai lettori.

lunedì 10 maggio 2010

Economia e finanza per pochi

Debito pubblico e Pil. Euro zona e default. E ancora: rating e manovra correttiva.
Nei momenti più difficili, ovvero quando capire, comprendere diventa più strategico per formare un’opinione pubblica consapevole, i mezzi d’informazione si votano all’autoreferenzialità.
Percorso comprensibile per media professionali – o di settore -, con poche giustificazioni per i media generalisti.

Quanti lettori conoscono il significato di patto di stabilità, oppure cosa fanno e come agiscono le famigerate agenzie di rating?
I siti online potrebbero diventare piattaforme dove s’incontra l’attualità e l’educational. Ma è sufficiente visitare le aree destinate all’economia dei giornali più diffusi per capire come sia lontano questo obiettivo.
Feed di dati finanziari e articoli pubblicati in rigoroso ordine cronologico sono il denominatore comune.

Ed è curioso come siano spesso blog e social network che si prestano a colmare questo vero e proprio buco informativo.

venerdì 7 maggio 2010

Il futuro dell’e-book al salone del libro di Torino

Un appuntamento da seguire. Giovedì prossimo, 13 maggio, al salone di Torino si terrà il convegno "Che fine farà l’ebook. Tra libri di carta e applicazioni digitali", organizzato dall’Associazione italiana editori (ore 13,45, sala azzurra).
Saranno presentati un po’ di numeri – indagini realizzate NielsenBookScan e Aie –, utili per avere una fotografia più precisa dei lettori di oggi e di domani.

Sull’argomento qualche anticipazione è già disponibile sul sito dell’Aie, grazie al lavoro dell’Osservatorio permanente dei contenuti digitali.
L’attenzione degli addetti ai lavori è posta sul gruppo sociale definito degli "eclettici": 6,5 milioni di persone con più di 14 anni. Questa generazione digitale dovrebbe lanciare la vera e propria rivoluzione tecnologica nel mondo dei libri e dell’editoria in genere. I dati diffusi dall’ufficio studi sembrano lasciare pochi dubbi in proposito. Tra le nuove generazioni, il 7,5% dichiara di aver già comprato un e-book, il 5,8% aspetta solo un maggior numero di titoli in italiano, il 2,8% la possibilità di leggersi sullo schermo dei best seller, il 27,0% la discesa del prezzo degli e-reader.

Intanto nel variegato ambiente dei quotidiani, spunta una novità online. A giugno debutterà il nuovo sito del Fatto quotidiano. Il direttore in rete sarà Peter Gomez.

giovedì 6 maggio 2010

Notizie futili, notizie inutili, notizie che piacciono

L’impronta delle news sui siti è comune. Gossip e cronaca nera, sesso, ma patinato. E politica, o meglio si racconta quello che i politici dicono e fanno (in televisione).
E’ un modo semplice e facile d’informare. Pochi problemi, scarsa necessità di controllare le fonti.
Ed è veloce. Non sono necessarie redazioni numerose e, spesso, neppure serve l’abbonamento a un’agenzia.

La filiera dell’informazione usa e getta ha un grande pregio: piace, è letta. Ovvero fa utenti e pagine viste, il binomio portante per la raccolta pubblicitaria online.
Un percorso che in qualche modo penalizza la qualità e tende all’omologazione.

Soluzioni? Modelli diversi? La questione è presente fra gli addetti ai lavori, ma la “quadra” sembra lontana. Nebulosa. Più per reazione emotiva che razionale, sta spuntando l’opzione “pagamento delle news” – molti vivono l’attesa messianica dell’iPad -.
Ma per fare soldi così, è comunque necessario che il media sia di massa. Dunque si potrebbe scrivere – e chiedere la sottoscrizione di un abbonamento - di pettegolezzi, di politica e di sesso con video accurati e più foto, cosi belli da vedere su un tablet…

mercoledì 5 maggio 2010

Elezioni Gran Bretagna, i giornali scaricano il Labour

Alle elezioni del 6 maggio il partito laburista si presenta senza il sostegno di un giornale nazionale. Il Financial Times è stato l’ultimo quotidiano, in ordine cronologico, ad appoggiare apertamente i Tory. E’ la prima volta che accade dal 1987.
The Times ha fatto la stessa scelta, mentre i Lib Dems di Nick Glegg si sono aggiudicati i favori del Guardian.
E’ la prima volta dalla Seconda guerra mondiale che il Labour party non gode dell’esplicito appoggio di un organo d’informazione.
Per maggiori approfondimenti qui la fonte.

La distanza dalla nostra cultura giornalistica è enorme. In Gran Bretagna l'endorsment , motivato, ragionato, è visto come una garanzia di trasparenza per il lettore.
In Italia lo fece Paolo Mieli, con Corriere della Sera, in occasione delle politiche del 2006.
Dichiarò apertamente di preferire la vittoria della coalizione guidata da Romano Prodi.
Orrore, fu sommerso da critiche, reo di lesa maestà contro il sacro giuramento di oggettività ed equilibrio. Normalmente seguito – alla lettera – dalla maggioranza dei professionisti dell’informazione.

martedì 4 maggio 2010

Twitter fa la Storia. Come i cocci di vasellame

Il mese scorso la piattaforma di microblogging annunciò l’intenzione di donare i suoi archivi alla biblioteca del Congresso degli Stati Uniti.
Un numero immenso di parole, di idee e di sciocchezze, di urla – si stima che al giorno siano postati circa 55 milioni di tweets – saranno a disposizione degli storici di domani.

I resti umani, materiali e immateriali, anche quelli più insignificanti, sono in grado raccontare i fatti e le grandi rivoluzioni del passato.
Ne sa qualcosa Ward Perkins Bryan storico e autore di un interessante libro “La caduta di Roma e la fine della civiltà”.
Perkins ripercorre le vicende del tardo impero romano e delle invasioni barbariche attraverso i cocci di vasellame. Materiale povero, spesso trascurato dagli archeologi.
Eppure la qualità del vasellame, la distribuzione, le discariche con i resti, sono diventate per l’autore una bussola per leggere il passato.
Ecco, forse tra 100 anni, 140 battute saranno i cocci per capire la nostra – complessa – storia.

lunedì 3 maggio 2010

Giornali e iPad, la scommessa degli editori

Valerio Maccari, in un articolo pubblicato in Repubblica - Tecnologia, racconta i preparativi degli editori italiani in vista del debutto del tablet targato Apple.

La chiusura del pezzo merita attenzione: "… l’iPad e gli altri tablet rappresenteranno per l’editoria una rivoluzione simile a quella introdotta da internet 15 anni fa… " Sono le parole di Mario Mariani, amministratore delegato di Paperlit, un’azienda che si occupa della trasformazione in digitale del materiale cartaceo. L'ad chiude con la seguente previsione: "… e faranno tornare i giornali in mano ai lettori paganti".

Dunque iPad e simili dovrebbero decretare la fine del tutto gratis. Almeno così come lo conosciamo. E la laboriosa attività degli editori nel preparare i nuovi format, sono l’evidente segnale delle aspettative che si ripongono in quello che assume le caratteristiche di un tentativo di restaurazione.
Il calendario è già pronto: La Repubblica nel secondo trimestre, il Corriere della Sera dalla fine di maggio e infine la Gazzetta dello Sport pronta al via in concomitanza con i mondiali di calcio.
Le nuove release saranno tutte a pagamento.

Il clima che si respira sembra quello da ultima spiaggia, da battaglia finale. Da vedere se sarà come l’assedio di Stalingrado o quello di Costantinopoli.
Gli editori stanno trasferendo sui tablet le difficoltà – e pure le incapacità – di usciere dalla situazione di impasse dell’attuale sistema informativo.
L’intera filiera produttiva – escludendo la radio e la televisione - si regge su due pilastri: giornali di carta e siti online. Il primo prende risorse dalla vendita e dalla pubblicità, il secondo, pesca solo dall’advertising.
Una struttura messa fuori equilibrio dal calo delle vendite, dal crollo della raccolta pubblicitaria su carta, solo in parte compensata dall’incremento di quella web.

Ora si affaccia il terzo pilastro. Quello delle tavolette multimediali. Non è carta, non è web.
Una scommessa che per essere vincente dovrà giocare sul campo di almeno due variabili:
- diffusione dei nuovi strumenti tecnologici che non sono certo a buon mercato. iPad è costoso, le versioni della concorrenza non sono certo gratuite. I dati macro sulle tendenza dei consumi segnalano un ripresa molto timida. Fino alla metà del 2011, crisi e disoccupazione, peraltro ancora altissima, terranno la spesa molto frenata.
A meno che si ragioni su mercati a bassa diffusione che , però, generano bassi ricavi. E difatti alcune analisi sono scettiche sulla possibilità dei tablet di compensare i mancati introiti della carta;
- tasso di sostituibilità. Come saranno i nuovi format? Cosa proporranno di nuovo che non sia già disponibile online? E’ questo il fronte su cui si scontreranno editori e lettori.