venerdì 31 dicembre 2010

Attenzione alle neuroscienze

Se si escludono Google e Facebook, anche per il mese novembre i portali, da Virgilio a Msn, da Libero a Leonardo, si confermano come i siti più visitati dagli utenti italiani (su dati panel NetView Nielsen). Corriere e Repubblica, i quotidiani online più letti, totalizzano insieme gli utenti Virgilio, il portale di Telecom Italia.

I portali sono utilizzati per i servizi, soprattutto la mail, e per informarsi, peraltro con un ottimo grado di apprezzamento delle notizie pubblicate in termini di qualità e attendibilità. Evidentemente queste realtà, nate sul web e con organizzazioni più snelle, sono state capaci di interpretare le esigenze e i bisogni del pubblico digitale.
L’informazione proposta è marcatamente emotiva, decisamente virata verso l’infotainment. Una visualizzazione realizzata con Wordle del primo strillo pubblicato dai due portali top traffic – Virgilio e Libero – nel periodo 11 - 15 ottobre 2010, nella fascia oraria 14 – 15 fornisce una visualizzazione eloquente.



Gli strilli dei due maggiori quotidiani - Corriere e Repubblica - puntano di più sull'attualità, ancora Wordle (stesso periodo e stessa fascia oraria).


In entrambi i casi – tenendo presente che la differenza tra portali e quotidiani è meno netta da quella che appare nelle due visualizzazioni – è forte l'influenza della domanda sull’offerta, sempre più spinta dall’emotività e propensa a privilegiare notizie leggere e brevi.
Per editori e giornalisti la scelta da fare non è semplice. Il mercato pubblicitario e anche i lettori chiedono massa e quantità. Puntare sull’approfondimento o su una produzione alternativa significa virare verso il verticale e le nicchie. Opzione da non scartare, ma rischiosa per le organizzazioni grandi e complesse.

La riprogrammazione dei contenuti editoriali verso schemi meno emotivi e caratterizzati da accuratezza è la sfida del 2011 – e pure degli anni a venire - come indicato dal lavoro di Nieman Journalism Lab, The Digital Landscape: What’s Next for News (qui, via Il Nichilista). Un lavoro impegnativo che dovrebbe partire – come indicato nel contributo realizzato da Jack Fueller – dalle più recenti scoperte delle neuroscienze sul comportamento delle menti dei lettori (qui). Un tema che va seguito e approfondito: ecco il proposito per il nuovo anno, che vale per tutti gli operatori della parola scritta.

mercoledì 29 dicembre 2010

Tierra y libertad

La questione posta da Augie Ray (qui), analista di Forrester Research, è intrigante: la diffusione dei media sociali renderà il pianeta più pacifico e civile? La domanda non è nuova. Manuel Castells (Comunicazione e potere) attribuisce alle reti sociali la potenziale capacità di riprogrammare la comunicazione e di fornire gli strumenti d’affermazione della politica insorgente.

La storia è piena di speranze disattese dall’innovazione tecnologica. Prospettiva temporale che conosce e cita l’analista di Forrester. Come la diffusione della tv via cavo, che avrebbe dovuto attivare la partecipazione democratica, anziché diventare – come è stato - un grande contenitore merceologico.
Fallimenti. Che non scoraggiano Ray - e altri -.

La piazza globale dentro la quale le persone possono parlasi e condividere, agire è un fenomeno quantitativamente nuovo. I nodi trasmissione e di coagulazione agiscono più efficacemente e più velocemente rispetto al passato. Dunque esiste l’effettiva possibilità che gruppi di pressione e formazioni politiche esogene al sistema possano organizzarsi e diventare attori di cambiamento.
Potenzialità, sicuramente rivoluzionarie in un “mercato perfetto”, ovvero in una società con livelli d’istruzione poco disomogenei. Altrimenti nelle soluzioni di continuità potranno germinare barriere e usi diversi tali da rendere i media sociali una parte dell’apparto dell’attuale infotainment.

martedì 28 dicembre 2010

Fermento social

La presentazione realizzata da Claude Penland (qui) fornisce una nitida fotografia su come le pratiche sociali e la condivisione stiano producendo ambienti paralleli e verticali, seppure integrati, al web mainstream. Reti di auto comunicazione che nel 2011 dovranno affrontare il crescente interesse degli investimenti pubblicitari. Da verificare quale sarà il prezzo che la libertà d’espressione – e non solo quella – dovrà pagare.

lunedì 27 dicembre 2010

Parole scritte e video

Sempre più video nei quotidiani online. Tendenza evidenziata dalla ricerca "Online video & the media industry" (qui, via Gigaom), realizzata da Brightcove, una piattaforma di hosting e TubeMogul. Crescita che riguarda sia il numero di video caricati sia il tempo medio dello streaming.

Il 2011 porterà con sé forti novità per gli editori che trattano la parola scritta. La costruzione del senso o, più semplicemente, la descrizione si formeranno attraverso la convergenza di reti mainstream e sociali (qui) e di piattaforme multimediali.
L’articolo – che ancora oggi è l’ossatura dei giornali online – sarà sempre più destrutturato, ricomposto in forme telegrafiche e integrato ai video e ai recinti sociali di condivisione. Un passaggio deciso verso sequenze narrative originali ed uniche, chiave di volta per costruire progetti economicamente sostenibili.

giovedì 23 dicembre 2010

Africa

Un paese che cambia. Il Kenya grazie alle reti digitali sta diventando un’interessante meta per le imprese e gli investimenti stranieri. L’articolo di Jonathan Fildes, qui via BBC News, descrive un realtà economica dinamica che, nonostante le difficoltà, cerca di uscire dal sotto sviluppo.

Young and Mobile

Le applicazioni mobili rappresentano il futuro e saranno i giovani a guidare il cambiamento. Una nuova generazione pronta a usare la rete e a consumare il prodotto editoriale in modalità sensibilmente diverse rispetto al passato.
La ricerca Young and Mobile, condotta da Nielsen in dieci paesi, offre una fotografia carica di percentuali e di indicazioni sul comportamento degli utenti compresi nella fascia tra i 15 e  24 anni d’età (qui e qui la sintesi via Knight Digital Media Center).

Tra i giovani l'attività preferita resta quella dell'invio di messaggi. Inoltre i device mobili sono prevalentemente utilizzati per la navigazione in internet - grazie all'affermazione dei social network - e le mail.


La sintesi tra queste attitudini d'uso, intesa come proposizione di soluzioni economicamente interessanti, potrebbe realizzarsi nella realizzazione di prodotti editoriali in grado di sfruttare le potenzialità sociali (condivisione e partecipazione) degli apparati mobili.

martedì 21 dicembre 2010

Disokkupati

I dati sull'occupazione diffusi dall’Istat (qui) e dal Centro studi di Confindustria (qui) lasciano poche speranze circa l’avvio di una robusta ripresa.
I nati dopo il 1970 sono quasi la metà dell’intera popolazione italiana, il tasso di disoccupazione dei giovani tra 15 e i 24 anni si aggira attorno al 25%. La sintesi non può che mettere un insidioso ostacolo alla crescita.

Mancanza di lavoro e ritardo economico amplificati per il Mezzogiorno d’Italia, causa ed effetto del declino italiano. Sono tornato a parlane con Francesco Delzìo, qui in Virgilio Economia. No tax area, fondo di garanzia per le imprese, riduzione del cuneo contributivo e fiscale per i neo assunti: le ipotesi di lavoro sono diverse e nuovamente riproposte a una classe dirigente macchinosa e lenta nel comprendere l’emergenza economica.

lunedì 20 dicembre 2010

Declino 2.0

Niall Harbison (qui, The Next Web) usa un titolo provocatorio – The Decline of Web 2.0 - per descrivere il calo d’interesse di famosi luoghi della socialità in rete. Delicious, Flickr, Myspace, Bebo sono le vittime del cambiamento dei gusti e registrano un sensibile calo di utenti unici
Reti sociali in crisi? La risposta non può che essere negativa. L’affermazione di Facebook e, in parte, di Twitter continua, con spazi crescenti d’interesse. Piuttosto il declino di alcune piattaforme è da annoverare nel processo di selezione della specie che, nel campo tecnologico, ha tempi più spinti rispetto al passato e ad altri settori.

Dinamicità che ha i suoi rischi, come annota Harbison, ovvero quello di disegnare siti e prodotti in funzione di realtà suscettibili nel tempo di passare di moda.
Ma ne vale la pena, non c’è successo – o sopravvivenza – senza alea. La comunicazione sociale, non importa in che forme sia esplicitata, resta l’attore del cambiamento che, integrandosi all’innovazione tecnologia, sta forgiando il nuovo ecosistema dell’informazione. Imparare ad usarla – anche passando attraverso insuccessi – è requisito più che richiesto.

venerdì 17 dicembre 2010

Generazioni a confronto

La ricerca realizzata da Pew (qui) mette a confronto l’uso di internet in funzione delle fasce d’età. La mappa registra una frequentazione sempre più sofisticata degli spazi digitali e l’imporsi dei media sociali anche tra la popolazione più anziana (over 74).

La tensione per la scoperta - la curiosità -, la velocità sembrano essere le caratteristiche dominanti dell’età più giovane, anche sul web: i millenials (18 – 33 anni) usano in maggioranza tecnologie e accesso wireless. E sorpassano gli utenti più anziani nell’uso del social network e dell’istant messaging, nell’ascolto di musica, nella lettura di libri elettronici. La maturità, invece, è segnata dal primo imprinting del web – perciò meno connessioni mobili – e uso più riflessivo dei contenuti: siti istituzionali, news finanziarie e mediche.



Il rapporto evidenzia l’imporsi – nonostante qualche differenza – delle reti sociali come fenomeno di massa, intergenerazionale. Affermazione imponente , che sta diventando una nota essenziale della comunicazione e dell’informazione tra le persone.

giovedì 16 dicembre 2010

Commenti e media sociali

La piattaforma per i commenti realizzata dal quotidiano spagnolo 20minutos.es (qui, via BetaTales) punta sull’integrazione fra lettori, giornalisti e social network. Gli articoli si presentano senza vesti, ma non solo loro. Lettori e autori sono risucchiati nel processo di costruzione di senso.
Senso che si compone tramite l’interazione con gli strumenti di formazione della reputazione sociale. L’obiettivo dell’editore è quello di creare un processo di diffusione del prodotto in maniera spinta e innovativa.

Il lavoro di 20minutos.es presenta molti spunti di riflessione, soprattutto ha il pregio di tentare di costruire il giornale come rappresentazione della realtà in maniera collettiva, dal basso. Senza eliminare il ruolo centrale della redazione. Tentativo che potrebbe, in un futuro magari più vicino di quanto si possa pensare, limitare il ruolo – spesso arbitrario e comunque eccessivamente condizionante – dei motori di ricerca.

martedì 14 dicembre 2010

Encyclopedia

Multidisciplinarità come tratto distintivo della professione dello scrivere (qui, post interessante di Gianluigi Gogo). E’ l’elemento nuovo – e di maggiore novità – portato in dote dalla tecnologia digitale. Scontato per chi traffica e armeggia sul web, astruso per una buona fetta di giornalisti e redattori.

Dietro un racconto su carta ci sta una costruzione di senso unidimensionale – lineare –. La redazione, la creazione del numero, il timone, le bozze, il via si stampi. Meccanismi rodati, chiusi. Le eventuali complicanze – allegati, inserti – si sviluppano a raggiera, sullo stesso piano.

L’informazione degli anni zero è quadrifonica, avvolgente. E l’agente del flusso – il giornalista, il redattore – deve conoscere note e strumenti. Percorso non semplice, neppure per chi lavora sul web. Perché esiste un moto inerziale verso il verticale – la competenza per materia – e la successiva esplicitazione lungo coordinate lineari. Una forza di gravità tenace che va vinta attraverso concetti come redazione aperta, nuovi lavori - come il community manager (qui, Pierluca Santoro su questa professione) -. Su cui – immanente – è necessaria la comprensione della dinamica delle piattaforme sociali e digitali.

C’è in questa palese rivoluzione di metodo – se non di pensiero – un ritorno al sapere enciclopedico? Evidentemente il medioevo resta fissato sui libri di storia e sulle mura dei castelli.
Non è ritorno al passato, dunque, ma l'emergere di una figura professionale radicalmente diversa: di giornalisti esperti di qualcosa il mercato è inondato, soprattutto rispetto alla domanda. Ma quanti sono quelli capaci di muoversi con disinvoltura nella struttura multidimensionale creata dalla tecnologia digitale?

lunedì 13 dicembre 2010

Twitter, ritmo veloce

Secondo una ricerca pubblicata da Pew (qui), negli Stati Uniti il social media è utilizzato maggiormente dalle minoranze: ispanici e african-american. Il rapporto d’uso è il doppio rispetto al resto della popolazione. Preferenza determinata due variabili: la giovane età degli utenti e l’uso massiccio di device mobili.
Twitter si conferma un media sociale fortemente verticale, non solo per materia, ma - a quanto sembra - anche per ambito etnico sociale.

Le 140 battute sono in perfetta sintonia con il soundbite veloce d’inizio millennio, assunto a koinè formale tra i giovani lettori/utenti. Il linguaggio di Twitter – con i tutti i modi di utilizzo, come feed reader, come aggregatore – potrebbe indicare un modo – uno, possibile – su come realizzare prodotti innovativi e capaci di sedurre.

giovedì 9 dicembre 2010

Maschere

Il contenuto sembra stia vivendo una nuova primavera, riscoperto dagli uomini marketing. Sull'argomento è interessante il post J-P De Clerck (qui), al contenuto - inteso in forma complessa - è affidato il compito di supporto. Al brand, al contesto in cui sono inseriti prodotti e servizi.
Una notizia, né negativa, né positiva. E' un fatto, che potrebbe essere anche un'opportunità - di lavoro -.

Nuovi attori sul palcoscenico allestito dalle tecnologie digitali - l'eco-sistema dell'informazione è solo uno di questi -. E sono protagonisti in maschera, con ruoli fluidi. La linea di confine tra informazione, intrattenimento, pubblicità è poco profonda. Un rumore di fondo, abbastanza indifferenziato: per gli editori puri la lotta per la sopravvivenza è dura e spesso combattuta con armi spuntate.

venerdì 3 dicembre 2010

Contenuti in piazza

Gli editori di parole stanno sviluppando competenze e modalità di lavoro diverse. La multimedialità ha ridimensionato la centralità della selezione e della redazione dello scritto. Che mantengono un ruolo importante, ma altre variabili tecnologiche – online, app, video, audio – consolidano l’eventuale successo.
Se gli editori cambiano mestiere è anche vero il contrario: le imprese sono e saranno costrette a diventare editori.

Web e comunicazione digitale offrono l’opportunità di valorizzare i propri prodotti attraverso la produzione di contenuti. Portare un’azienda sui media sociali richiede – anche nelle ipotesi di presenza minima e di basso profilo – capacità di parlare, di raccontare.
Frédéric Court (qui, in un articolo pubblicato lo scorso ottobre in paidContent) descrive come – attraverso le inizative e-commerce – il contenuto sia utilizzato come veicolo non tanto promozionale, ma come strumento in grado di creare il contesto, la piazza dove poi saranno acquistate le merci.

giovedì 2 dicembre 2010

Boom sociale

Social Media Examiner (qui) indica le direzioni intraprese dalle imprese nella realtà dei social media. Il barometro segna decisamente “entusiasmo”. Le organizzazioni ci credono – secondo la ricerca negli ultimi 18 mesi il 66,5% ha avviato politiche sociali –. L’impreparazione del management e le difficoltà nel misurarne il ritorno sono gli ostacoli più alti. Mali di gioventù per un fenomeno della storia della comunicazione che non è un episodio.

Interesse che si traduce in investimenti che scolpiscono mestieri diversi, la cui terminologia (qui) è stata segnalata da Pier Luca Santoro - il Giornalaio – che riprende un’infografica realizzata dal sito Socialize. Nuovi lavori che, nonostante il rischio d’improvvisazioni a bassa tensione professionale – e sul tema vale la pena leggere quando dice Max Cavazzini (qui) –, possono creare nuova occupazione.
L’innovazione tecnologica si dimostra sempre più la strada – soprattutto nei paesi avanzati, con mercati tendenzialmente saturi – per creare dinamiche virtuose.

mercoledì 1 dicembre 2010

Pagare l’ecosistema


Giuseppe Granieri (qui) segnala l’iniziativa editoriale Mongoliad. Promossa da Neil Stepheson, propone la costituzione di un ecosistema narrativo multi modulare. Il nucleo è costituito da novelle a tema – le invasioni mongole del tredicesimo secolo – realizzato da scrittori professionisti, cui si aggiungono contributi video e musicali. Romanzo aperto all’azione degli utenti, in modo da creare una comunità di co-autori in grado di formare un intreccio narrativo partecipativo.
L’ammissione è a pagamento, un abbonamento da 10 dollari all’anno.
Un modello di business che potrebbe avere applicazioni anche per i quotidiani. Seppure non a carattere risolutivo.

Il giornale è un racconto della realtà, scandito dai limiti fisici dell’impaginazione e fissato dal tempo. E’ una fotografia panoramica che costruisce senso, ed è il motivo per il quale il lettore è disposto a pagare.
Internet e in generale le tecnologie digitali, potenzialmente, offrono l’opportunità – partendo da articoli realizzati da professionisti – di collaborare alla comprensione della realtà. Possibilità, fino a oggi (il riferimento è alla realtà italiana), realizzata in maniera timida e poco organica. Perché vuol dire aprire la redazione, luogo ancora percepito – non solo da chi ci sta dentro – come una torre d’avorio.

Pagare per l’accesso al giornale, per entrare in ambiente che non è sola lettura: una struttura multilivello, multimediale, di servizio, dentro la quale è resa sottile la separazione tra lettore e autore, osmosi continua.
Una trasformazione che potrebbe avere il pregio di catturare l’attenzione e indirizzarla dentro i confini della testata, senza sottrarre ricchezza informativa. Trasformazione, però, che richiede all’editore di indossare vesti più complesse, completamente nuove.