lunedì 30 luglio 2012

Giornalismo, una crisi al buio

Tra gli interventi e i panel che si sono susseguiti in occasione di Dig.it (il primo incontro nazionale dedicato al giornalismo e all’editoria digitale in Italia), che ho potuto seguire grazia al lavoro di Lsdi, voglio segnalare l’intervento di Carola Frediani, redattrice di Effecinque.
L’agenzia giornalistica – costituita nella forma di cooperativa – punta in maniera decisa sull’innovazione del linguaggio giornalistico. Infografiche, storify, timeline: sperimentazioni, in corso d’opera, per intuire come la comunicazione possa prendere forma in un eco-sistema per ora ingovernabile e con dinamiche ancora sconosciute.

Sforzo intellettuale coraggioso, ma senza pensare a una "corsa all'oro". "Non mi sentirei di proporlo come modello di business", conclude Carola.



Onestà professionale, non proprio diffusa nel settore. L’impegno innovativo di Effecinque avviene nella consapevolezza che si tratta d’investimenti dall’alea molto alta e comunque di lungo periodo.
La mistificazione tecnologica, tout court, è inutile. E’ allo stesso livello dell’immobilismo.

Stessa linea, stessa onestà, delle conclusioni di Andie Tucher, direttore della Columbia Journalism School, in un intervento segnalato da Pierluca in un post dal titolo più che indicativo “Il dilemma del prigioniero” (via Il Giornalaio). La Tucher ammette di non avere idea di quale possa essere lo strumento alternativo ai modelli attuali del giornalismo, sempre più inadeguati. E scarica la responsabilità di trovare una soluzione - che possa far funzionare il sistema editoriale - ai propri studenti.
Tucher e Frediani sono due persone in trincea. Carola, però, sta dalla parte degli studenti, di chi ci prova. Probabilmente il settore – profondamente ristrutturato – prenderà forma dagli sforzi di realtà come Effecinque ed epigoni.

Il pezzo “occhiello/titolo/sommario/contenuto” occupa ancora il maggior tempo e lavoro nelle redazioni, mentre all'esterno le scosse digitali stanno smembrando la struttura, tanti atomi che si diffondono in rete. La tempesta è quasi perfetta: un prodotto obsoleto realizza i maggiori ricavi. Nonostante siano in deciso calo – strutturale, oltre che congiunturale – e nonostante all’orizzonte non ci sia alcuna scelta in grado di compensare realmente il ridimensionamento economico.
Non resta che tentare, provare, innovare. Strategie che hanno per forza bisogno di tempo, risorsa abbastanza scarsa nelle grandi realtà editoriali – soffocate, peraltro, da strutture gestionali inefficienti -.

mercoledì 25 luglio 2012

Storia senza memoria

Il senso della Storia traccia un percorso che sta i grandi eventi - invasioni, rivoluzioni, guerre - e i gesti quotidiani - amore e morte, riso e pianto -. Un mosaico, i cui tasselli sono per lo più documenti ufficiali e scritti storici. Il gradino inferiore - quello del vissuto - è stato rivalutato relativamente da poco, soprattutto per quanto riguarda l'evo antico, attraverso indagini archeologiche mirate e realizzate con tecnologie più efficienti.

I siti archeologici del futuro saranno anche i "le rovine" fondate sui bit. Città sommerse, non dall'oblio e dalla terra, ma tra i milioni di dati di un server di qualche azienda. Soluzione di continuità netta, il rischio di perdita del passato è sensibilmente maggiore rispetto alle parole e alle gesta impresse sulla materia fisica.

La memoria della Rete è indelebile. Nel breve periodo. Se la sguardo si spinge oltre qualche generazione, ho qualche dubbio circa la correttezza dell'affermazione.
Del rapporto tra la Storia scolpita sul marmo e quella incisa su una memoria virtuale, ho scritto su Voices, Twitter tra diplomazia e politica estera.

lunedì 23 luglio 2012

"Lotta di tasse", l'evasione fiscale può essere sconfitta

Ho appena finito di leggere il pamphlet di Francesco Delzìo "Lotta di tasse". Un bel lavoro - la cui lettura è altamente consigliata - che fotografa con dati ufficiali, l'iniqua distribuzione tributaria italiana. I risultati sono drammatici: la pressione fiscale - da record fra i paesi Ocse - è sostenuta quasi interamente dalle spalle del lavoro dipendente e del capitale.
Uno squilibrio sostenuto da un'evasione mostruosa - stimata attorno ai 180 miliardi di euro - che mina il patto sociale fondante di uno Stato e la sostenibilità economica dell'intero sistema produttivo. 

Senza interventi contro l'evasione - dice Delzìo - non può esserci né crescita, né ripresa. E' un obbligo morale contrastare il fenomeno, per avviare un processo di riduzione delle tasse sulla middle class e sulle imprese. Unica via per rilanciare i consumi.

Secondo l'autore, la profonda crisi in corso potrebbe dare il via una rivoluzione culturale. Decisiva. L'evasore è sempre meno considerato il furbo, lo scaltro da tollerare e imitare. Per chi paga le tasse, la maggioranza degli italiani, è un danno, una persona da escludere dal consesso sociale.

Delzìo propone tre misure per fondare un'efficace strategia di contrasto. 

1) Sospensione dell'attività o della professione nei confronti di chi per due volte consecutive non ha rilasciato fattura o scontrino.

2) Un sistema di pubblicità per indicare i soggetti colpiti da sanzioni tributarie per evasione fiscale, ma anche una specie di bollino blu per negozi o attività in regola. Un modo per trasformare l'onestà in strumento di marketing in grado di guidare i consumatori nelle scelte.

3) Esclusione sociale dell'evasore, mettendolo nelle condizioni di pagare le prestazionI di welfare (come la scuola) fornite dallo Stato (esclusi i servizi sanitari).

Proposte provocatorie? Inapplicabili? Sicuramente sì, se si ragiona secondo le metriche dell'Italia "sesso e gossip", modellate e plasmate a partire dagli anni '80. Purtroppo o per fortuna, i tempi sono cambiati e non è detto che, finalmente, si possa vivere in un paese "normale".

giovedì 19 luglio 2012

Paywall, questione di stampa

Con tendenziale successo, quotidiani come il Wall Street Journal e il New York Times hanno puntato sulla sottoscrizione a pagamento per l'accesso online. Scelta seguita da altri giornali, ma che non convince il Washington Post. La decisione è spiegata da Don Graham (qui, via Gigaom), Ceo e azionista di riferimento. Il motivo è legato alla diffusione su stampa, essenzialmente locale. 500mila lettori, contro un'audience online di 17 milioni di visitatori unici al mese.
Sbilamciamento che rende difficile perseguire una politica di paywall sullo stile del Nyt - fortemente legata alla versione cartacea -. Evidentemente si considera troppo alto il prezzo da pagare sul fronte degli investimenti provenienti dall'advertising.

La vicenda, seppure i contorni siano più complessi (minore propensione all'innovazione, caratterisitche del management), ha il sapore del paradosso. I soldi, online, si fanno a condizione di avere una solida base conficcata tra i fogli di carta. Convergenza e spinta verso il nuovo, senza gettare al vento e rinnegare le proprie origini.

martedì 17 luglio 2012

Cine-giornalismo. Dal basso

Un terzo dei video visti negli Usa su YouTube riguardano fatti, eventi: notizie. "A new kind of visual news" è la ricerca realizzata da Pew sulla diffusione e la produzione di quello che può essere definito come giornalismo visuale (per il report qui, via Techcrunch e qui, via Pew).
Un altro segnale di cambiamento della fruizione delle news. Le due cause motrici - note - sono: la disponibilità di strumenti hardware poco costosi e diffusi - necessari per le riprese - e la possibilità della pubblicazione online. 

Nel lavoro di Pew il risultato più evidente riguarda il terremoto in Giappone: 20 video sull'evento hanno generato 96 milioni di visite. Numeri impressionanti, che potrebbero consolidare la tesi sull'imminente fine dell'era Gutenberg, fondata su una cultura prevalentamente scritta. Conclusione azzardata, una provocazione.

Le evidenze della ricerca meritano una lettura e offrono punti di vista che l'uso quotidiano spesso mettono in secondo piano. A partire dalla lunghezza dei video. Mediamente la durata è di 2 minuti, per glii standard americani molto di più dei servizi trasmessi dalle Tv locali (media di 41 secondi) e un poco di meno rispetto a quelli prodotti dai network nazionali.

Il giornalismo di base prende forma e ruolo consistente su YouTube. Più di un terzo delle video-news sono realizzate da non professionisti.

I disastri naturali e gli eventi politici - elezioni, dibattiti e agitazioni - sono gli accadimenti che godono di maggiore copertura.

La maggioranza dei video sono editati - dunque montati, ripuliti, resi più efficienti - e ciò vale soprattutto per i contenuti professionali. Ma non mancano video "grezzi" (più di un terzo), pubblicati senza il filtro di un editor. Ovvero l'emotività dell'imperfezione che si trasforma in struttura - e forza - della narrazione dei fatti.

venerdì 13 luglio 2012

Mature worker e consumi editoriali


L'innalzamento dell'età per uscire dal lavoro è stata la strada principale percorsa dagli Stati per ridurre il debito. La tabella (pubblicata qui, via Washington Post) indica le misure degli interventi realizzati dalle maggiori economie internazionali.
Spicca la stretta sulla spesa previdenziale intrapresa dall'Italia, successiva alla riforma varata dal governo Monti e in vigore dal 1° gennaio 2012.

In futuro avremo una massa di persone obbligate al lavoro e con un reddito - seppure in regime di "costrizione" - a disposizione maggiore rispetto a quello erogato dall'assegno pensionistico. Come influirà questa variabile sul mercato editoriale? Una domanda che merita qualche riflessione.

mercoledì 11 luglio 2012

Notizie per analfabeti

L’analfabetismo diffuso – che parte dalla realtà analogica e punta diritto alla dimensione digitale – è il convitato di pietra degli incontri e dei dibattiti sullo stato dell’editoria italiana.

Ho trovato, per caso, un vecchio articolo, pubblicato su Italia2013. Riporta le considerazione del linguista Tullio De Mauro che per molto tempo ha condotto ricerche sull'analfabetismo funzionale, ecco cosa scrive: “soltanto il 20% della popolazione adulta italiana possiede gli strumenti minimi indispensabili di lettura, scrittura e calcolo necessari per orientarsi in una società contemporanea”. E il resto della popolazione non sta meglio: il 5% di chi ha tra i 14 e i 63 anni non sa distinguere una lettera dall’altra o una cifra dall’altra, il 38% riesce a leggere con difficoltà quanto si tratta di singole scritte o cifre.
Post del 2010, ancora attuale.

L’analfabetismo è un male atavico. La diffusione degli strumenti di comunicazione digitale, dove la preparazione culturale si confonde a quella tecnologica (che, seppure semplificata, rimane una barriera d’accesso, soprattutto nell'uso consapevole), pone le basi – sono convinto – per un ulteriore amplificazione del fenomeno. 
Una risposta, per eludere il problema e dedicarsi al trastullo high-tech, potrebbe fare ricorso alle statistiche: aumentano gli accessi al web, cresce il consumo di notizie. Affermazioni ineccepibili nella forma, spesso vuote o poco significative nella sostanza.

L’uso tout court di tablet, computer e simili, cambia di poco il livello della formazione culturale. Sulle news, si è già detto e scritto: la quantità maggiore riguarda argomenti legati all'intrattenimento. E i registri narrativi sono decisamente elementari: uso limitato di vocaboli, sintassi semplice, telegrafica.
E’ possibile che questo sia il corso della Storia e il futuro costruirà un italiano “volgare” (o "digital-volgare"?), più povero, oppure semplicemente diverso rispetto all’attuale. Ho la sensazione che diversi fattori, socio-economici e politici, stiano creando i presupposti per un finale di questo tipo. Per il sottoscritto è un problema che mina – come più volte ho affermato – le fondamenta dello Stato democratico nella sua sostanza più profonda. Per gli editori c’è il rischio che si apra una lotta per la sopravvivenza che – contrariamente alla teoria sull’evoluzione della specie – faccia prevalere i peggiori.

martedì 3 luglio 2012

Twitter-diplomazia

Si chiama "E-Diplomacy Hub" la mappa interattiva che, attraverso i tweet, visualizza i rapporti tra Stati (qui la segnalazione, via Owni.eu). Lavoro complesso - la piattaforma a volte è lenta nelle risposte -, utilizzo non proprio immediato, ma comunque un segnale delle potenzialità informative e semantiche dei media sociali.
La realizzazione porta la firma di AFP (Agence France-Presse) e si basa sull'analisi di circa 4.000 account del settore: capi di Stato ministri, attivisti, Ong, lobbisti.


Sono disponibili diverse modalità d'uso. La funzione "Map" permette di visualizzare i rapporti diplomatici fra due Stati (a scelta), compresi gli hashtag più popolari. "People" e "Countries" indicano il ranking sul grado d'influenza, almeno a livello digitale (con rappresentazioni fedeli rispetto all'effettiva realtà). "Hot Spots" segue la diffusione geografica di una parola chiave. Infine "Links" e "Conflicts" danno informazioni, rispettivamente, su chi segue un determinato account e sulle tensioni internazionali in corso. 

E-Diplomacy è uno strumento che crea un eco-sistema d'informazione, ovvero un ambiente che sta un poco  sopra la fonte, il documento, ma senza l'intervento, l'elaborazione e la verifica ha capacità limitate di costruzione del senso.

La mappa rende i tweet materiale per costruire e interpretare la Storia. Un po' di tempo fa, segnalai l'opera di uno storico inglese, Ward Perkins Bryan, sulla fine del impero romano basata sull'esame dei cocci di vasellame (La caduta di Roma e la fine della civiltà”).
Ai cocci di ceramica e terracotta, si sono aggiunte le tracce digitali.