mercoledì 23 maggio 2012

Scale immobili

Dal Guardian un articolo, con relativo grafico, sulla dinamica sociale nel Regno Unito (qui). Il titolo è eloquente: "i grafici della vergogna". Sono dati che scolpiscono una società britannica tendenzialmente immobile: il reddito e la condizione della famiglia influenzano in maniera determinante il futuro dei figli.
L'Italia non è in una condizione migliore, la mobilità è tra le più basse d'Europa (Mi manda papà, via Lavoce).


Nel grafico realizzato dal Guardian c'è una tabella per riflettere e farne il perno su cui impostare politiche di crescita (reale).


Il rapporto tra disuguaglianza e immobilismo è direttamente proporzionale. E, come si può vedere, l'Italia occupa le prime posizioni sull'asse delle disuguaglianze (accise) a cui corrisponde una debole dinamica sociale (ordinate). Dunque la "vergogna" inglese è anche italiana. Eppure mancano - sulla scuola, sulle professioni - riforme in grado di invertire la tendenza. Miopia politica, tenacemente appiccicata al passato, e ipoteca sul futuro. Solo una società dove i figli stanno meglio dei genitori è in grado di generare crescita. Economica e civile.

[AGGIORNAMENTO]. Su Lavoce il commento del Rapporto Istat 2012 sulla mobilità sociale in Italia (Mobilità sociale: in Italia è ferma). I dati confermano che sempre più giovani sono collocati in una classe sociale più bassa di quella dei genitori. Un fenomeno accompagnato da due fattori estremamente negativi:
- accentuata influenza della provenienza familiare,
- posizioni lavorative non corrispondenti al livello d'istruzione. Con conseguente dispersione del capitale umano e di conoscenze.

lunedì 21 maggio 2012

Internet in frenata

La recessione continua a presentare un conto salato al mercato pubblicitario. Nel primo trimestre del 2012 si conferma la flessione della raccolta: complessivamente le aziende hanno diminuito gli investimenti in advertising del 7,5% rispetto allo stesso periodo dell'anno precedente (qui, via Prima Comunicazione). In sofferenza tutti i media, con una novità rispetto al passato. Negativa. La crescita di internet rallenta, ovvero + 8,5% rispetto ai primi tre mesi del 2011. Mentre l'anno precedente si era chiuso con un + 12,5%, con performance che avevano toccato il + 15% (maggio, in confronto al 2010).

La causa endogena è rintracciabile in una polverizzazione dell'offerta sempre più spinta, a cui si aggiunge il passaggio e l'elaborazione verso metriche di misurazione del messaggio pubblicitario più aderenti all'effettiva diffusione. L'altro motivo è esogeno. Si tratta della la crisi economica che sta mostrando, in questi mesi, gli effetti peggiori (in termini di prodotto interno loro e occupazione). Con una differenza rispetto al 2008: la contrazione interessa i consumi interni, mentre quattro anni fa le difficoltà maggiori riguardavano le esportazioni. Scarsa propensione alla spesa, poca fiducia tra imprese e consumatori, difficoltà all'accesso al credito: fenomeni che non possono non influire sugli investimenti pubblicitari, anche su quelli tendenzialmente low cost delle piattaforme digitali.

venerdì 18 maggio 2012

Empatia d'azienda


Gli spazi sociali spingono le organizzazioni - sopratutto quelle più innovative - alla sperimentazione di nuove forme di comunicazione. Passaggi verso l'editoria diffusa, con scopi sfaccettati, compresi fra la customer care e la brand awarness. Oltre ai prodotti e ai servizi: le aziende diventano anche centri d'informazione.
E' il caso - segnalato qui dal Wall Strett Journal - della piattaforma IQ di Intel: un luogo dove si producono e si aggregano contenuti.

Il filo conduttore del sito è la tecnologia, il pubblico di riferimento - nelle intenzioni -, i giovani. Il prodotto è confezionato con lo scopo di creare empatia tra Intel e i possibili clienti. Sulla piattaforma sono aggregati i pezzi condivisi dai dipendenti stessi. E un'iniziativa che consente di mappare la sintonia con l'esterno, in maniera più efficiente e discreta rispetto ai fuorvianti sondaggi sulla percezione pubblica delle imprese.
Dunque IQ non solo agisce sul piano della diffusione del marchio, ma svolge - almeno potenzialmente - un esercizio di adattamento ai gusti dei consumatori. Con uno strumento extra-aziendale - la condivisione di contenuti editoriali -, ma non per questo meno efficiente nella creazione di una cultura aziendale meno chiusa e più aperta.

mercoledì 16 maggio 2012

La guerra d'Europa

Mille anni di storia visualizzati in due video (uno più lungo, l'altro in versione accelerata) realizzati utilizzando il software Centennia Historical Atlas (segnalazione qui, via The Atlantic).
La versione estesa (11 minuti).



E la versione accelerata (3 minuti).



L'effetto finale, decisamente affascinante e per me coinvolgente, conferma la fine del monopolio - come strumento di narrazione e racconto - della parola scritta. Si è formato (o si sta formando) un mosaico narrante d'immagini (in movimento o statiche). Un cambiamento trasversale a ogni supporto - analogico e digitale - che sembra confermare la prossima conclusione dell'età del testo. Si chiude la parentesi di Gutenberg.

Inevitabile una chiosa storica sul contenuto dei video. I colori che cambiano, i confini dinamici portano l'imprinting della guerra. Mille anni di battaglie. Il rifiuto della moneta unica e il ripudio del processo di integrazione europea potrebbero avere conseguenze negative non solo dal punto di visto economico.

[AGGIORNAMENTO] Ieri dopo l'embedded, i video sono stati rimossi da YouTube per violazione del diritto d'autore. In un primo momento ho pensato di eliminare il post, poi ho deciso di lasciare gli spazi vuoti, visto che le mie conclusioni sulle nuove modalità di narrazione e sull'integrazione europea, come garanzia di pace fra i popoli restano valide. Per farmi perdonare propongo un video simile - questa volta open source - che abbraccia un periodo di tempo più breve: dalla Rivoluzione francese a oggi.

martedì 15 maggio 2012

Conoscenza per processo

Le slide di Pew sulla diffusione e sulla distribuzione del sapere offrono uno spaccato dei cambiamenti in atto nell'economia editoriale e nelle modalità di apprendimento e fruizione.

lunedì 14 maggio 2012

Tv sola al comando

Secondo Nielsen (qui), negli Usa la televisione resta saldamente al centro degli investimenti pubblicitari. Nel 2001 c'è stata una crescita del 4,5%, per una spesa totale di 72 miliardi di dollari. Giornali e riviste si sono fermati a 28 miliardi (12 per i quotidiani, 16 per le riviste). Segue a distanza internet con 6 miliardi di dollari.

Sempre secondo Nielsen (qui) ciascuno americano guarda video in media per cinque ore al giorno e il 98% lo fa attraverso un schermo televisivo.


I risultati confermano come non si possa prescindere da strategie editoriali fondate sulla convergenza. Il vecchio modello di business è in declino - almeno per la carta stampata -, ma resta essenziale per la sopravvivenza dell'ecosistema dell'informazione.

mercoledì 9 maggio 2012

Fotogallery

Secondo The Atlantic Wire, il presidente del Washington Post, Steve Hills, avrebbe esortato a un maggiore uso di slideshow (qui). Scopo: generare traffico, la materia prima della raccolta pubblicitaria online.
Parole apparentemente in contro tendenza, visto che l'advertising sta lentamente cambiando le proprie coordinate. Dalle page view all'utente unico e con spinte verso sistemi di rilevazione tendenzialmente simili a quelli usati in campo televisivo, più sensibili al contenuto di qualità (o almeno più selettivi sul copia e incolla).

Movimenti che non cancelleranno l'importanza dell'elemento quantitativo. L'audience è fatta da numeri, da moltitudini (non importa se verticali e relativamente piccole). L'esortazione di Hills non è fuori tempo massimo. Le critiche non riguardano il fine, ma piuttosto vanno orientate verso il mezzo: le gallery. Tema trattano da Alexis Madrigal, "The pernicious myth that slideshows drive traffic", il cui pensiero è sintetizzato nel sommario: "readers aren't stupid. They know when your product is cheap".

Le fotogallery sono un facile mezzo, con costi marginali esigui, per generare numeri, quantità. Ma il prezzo da pagare è salato: scarsa fidelizzazione. Click veloci, rapidi. Poi l'utente scappa.
Le foto come generatore di traffico hanno il fiato corto. Nel medio-lungo periodo sono poco incisive nel raddrizzare il conto economico. E rappresentano un freno all'innovazione tecnologica e sopratutto analogica dei contenuti.

martedì 8 maggio 2012

Facebookmentario: timeline e lettore attivo

Le applicazioni dei giornali su Facebook piacciono di meno. Lo segnala Pierluca - "Il declino dei social readers", via Il Giornalaio -, evidenziando un netto calo degli utenti attivi (sopratutto su base mese).
Esiti possibili: sono sperimentazioni che si muovono in ambienti nuovi, animati da dinamiche ancora sfocate.

Tra le cause del repetino disinnamoramento, l'overload di app e la comparsa dei trending articles. A cui aggiungerei  l'uso inappropriato del prodotto.
L'utente di Facebook non è solo lettore. E' pure conversazione. Agisce, partecipa. Le app si muovono in direzione opposta, il giornale sembra infilato con forza nei recinti della piattaforma.

Una timeline, una redazione dedicata e uno scopo: costruire (o ricostruire) una comunità. Per il sottoscritto sono questi gli elementi su cui lavorare per rendere Facebook un'opportunità. Strategia che non prescinde dalla quantità. Anche se il traffico è lo strumento anziché il fine.

Facebookmentario è un esperimento realizzato da Isacco Chaif e Cecilia Brioni. Esempio d'uso della timeline ricco di spunti e riflessioni (segnalazione via Ninja Marketing). E' stata recuperata e narrata la storia della strage di Piazza della Loggia, dal 28 maggio 1974, il giorno dell'evento, fino al 12 aprile 2012, data della sentenza definitiva di assoluzione per tutti gli imputati. Video, immagini, documenti, testimonianze. Il risultato è coinvolgente, ricco di suggestioni. I due contenitori, da dove si attinge, sono l'archivio [della Rete] e l'abilità nel costruire una narrazione efficiente. Risorse di cui abbondano giornali e riviste.

venerdì 4 maggio 2012

Il pianeta delle scimmie

Un software al posto dei giornalisti? La domanda è di Wired (qui). La risposta, affermativa, di Kristian Hammond, cofondatore di Narrative Science, azienda di Chicago impegnata nella creazione di algoritmi per la scrittura. Il primo prototipo è stato chiamato Stats Monkey, conosciuto per aver realizzato la cronaca di un incontro di baseball.

Come fa notare Francesco Vignotto (qui), "l'applicazione si dimostra ben più primitiva di quanto cerchi di presentarsi... ". Analisi che condivido, almeno sulla base dei lanci pubblicati sul blog di Forbes. Ma la scimmia sta muovendo solo i primi passi e la capacità di produrre a raffica, con la precisione di una macchina, ben si adatta all'eco-sistema tutto traffico e Cpm. Un pericolo o più semplicemente un cambiamento che potrebbe prendere forma in futuro.
Della contesa fra androidi e giornalisti ho scritto un post qui, su Voices.

giovedì 3 maggio 2012

Tra magazine e digitale

Nel 2008 il Christian Science Monitor annunciò la decisione di abbandonare la pubblicazione su carta per diventare un quotidiano all-digital. Le condizioni economiche - perdite per oltre 18 milioni di dollari all'anno - hanno rivoluzionato l'offerta editoriale: un sito web free e un settimanale, disponibile sia su carta sia come applicazione per tablet.

Strategia che non solo ha salvato la testata, ma sta dando ottimi risultati, come annuncia lo stesso Christian (qui). Le performance, per l'anno fiscale chiuso il 30 aprile, sono le migliori dal 1963, gli abbonati paganti al magazine hanno raggiunto quota 60mila, con un incremento pari al 40%.
Significativa conferma di quanto l'equilibrio tra piattaforme e modelli di business - vecchi e nuovi - sia l'unica risposta possibile per fondare un eco-sistema sostenibile.

mercoledì 2 maggio 2012

Internet senza scuola

La lunga marcia del digital divide parte dalla scuola. E’ il dato più interessante che emerge da una ricerca sull’uso delle nuove tecnologie realizzata dall’Isfol, l’Istituto per lo sviluppo della formazione professionale dei lavoratori (qui).
Il gap rispetto alla media europea si attesta attorno ai 18 punti percentuali. In Italia gli individui che navigano in rete sono il 51%, contro una media Ue del 68%.


La scuola è quasi assente nell'apprendimento delle competenze. Il 75,9% degli utenti hanno acquisito know how attraverso la pratica. Ruolo decisivo anche per il passaparola e le relazioni interpersonali: il 68,7% di chi naviga sa eseguire almeno un’operazione riguardante l’uso della rete grazie all’aiuto di parenti, colleghi o amici.


Un processo di conoscenza senza la scuola segna un confine pericoloso, che rischia di rendere la tecnologia un elemento di esclusione sociale. Situazione paradossale, per certi versi tipicamente italiana. Mentre oltre confine – seppure con una buona dose di mistificazione – si celebra la rete come strumento e luogo di democrazia e di equità.