venerdì 30 dicembre 2011

Innovazione

Le 50 aziende più innovative secondo Technology Review (qui). Nella classifica sono presenti Google e Facebook - ovvero i grandi collettori del sistema digitale -. Due realtà che hanno operato non solo sul piano della ricerca e del trasferimento tecnologico, ma pure hanno modificato (nel senso del cambiamento) il comportamento di massa di chi usa il mezzo tecnologico.

giovedì 29 dicembre 2011

Le tasse degli e-book

Mentre negli Stati Unit i libri elettronici beneficiano di un trattamento fiscale di favore, nell'Unione europea vale la regola inversa. Gli e-book - considerati dalle norme Ue "servizi" - sono sottoposti a un regime Iva sensibilmente più alto. Il New York Times (qui, articolo a firma di Kevin J. O' Brein, con un piccolo errore sull'Iva italiana) traccia una panoramica e un confronto fra le due sponde dell'Oceano.

E' evidente il ritardo della legge rispetto allo sviluppo tecnologico, ed è del tutto probabile che in futuro il regime fiscale possa essere simile per ogni versione, digitale e non, di un libro. Del resto il passaggio a un distribuzione non fisica, potrebbe ridurre il fabbisogno degli Stati (in quella parte che si concentra sotto la voce "costi e infrastrutture per il trasporto delle merci"). Nell'attesa, l'imposta maggiorata resta il pedaggio da pagare a favore degli editori, che fanno legittimamente attività di lobby, ma sono colpevolmente in ritardo sull'innovazione.

martedì 27 dicembre 2011

Amazon e il giornalismo auto-prodotto

Non è solo (presunta) minaccia. Mathew Ingram (qui via Gigaom) è convinto che il sistema di auto-pubblicazione di Amazon possa contribuire a mantenere in vita le inchieste giornalistiche più impegnative, non riconducibili negli spazi di un giornale o di un sito. Convinzione fondata anche sulle vicende di Marc Hernan, corrispondente da Tripoli. Ha pubblicato un e-book, disponibile via Kindle, sulle rivolte libiche ("The Shores of Tripoli"), venduto a 1,99 dollari per un discreto successo (tra i 500 titoli più scaricati dalla piattaforma).

La soluzione offerta da Amazon dimostra come nell'ecosistema digitale ci sia spazio per tutti (se per spazio non s'intende profitto). Stesse possibilità offerte anche anche alla forma: notizie brevi e inchieste, tweet, foto-gallery. Orizzonte multicolore sulla cui linea restano piantate alcune sagome, ovvero il passaggio del controllo dei contenuti dal produttori ai fornitori (sull'argomento da leggere qui il pezzo di Lsdi) e la necessità che sopravvivano organizzazioni editoriali come garanzia di sviluppo dell'ecosistema digitale. La ricomposizione tra queste forze (ammesso sia possibile), in apparente conflitto, resta la sfida del 2012 e degli anni a venire.

giovedì 22 dicembre 2011

Porte felicemente aperte

Secondo l'Istat (qui), le famiglie con almeno un minorenne sono le più tecnologiche: l'84,4% possiede un computer, il 78.9% ha accesso a Internet. La giovane età come motore dell'innovazione e della crescita: non è un caso che le economie più forti - soprattutto in termini di potenziale futuro - sono nelle mani dei Paesi con maggior numero di giovani cittadini.
Per l'Italia, terra statisticamente e culturalmente vecchia, diventa una necessità avviare politiche d'ingresso dall'estero.

A proposito degli stranieri che sono già presenti, sempre l'Istat (qui) ricorda che lavorano di più, guadagnano di meno e chiedono meno aiuti.

martedì 20 dicembre 2011

L'anno dei lavori perduti

Nel 2011 i giornali Usa hanno hanno tagliato quasi il 30% dei posti di lavoro. Riduzione al netto di quelle già avvenute successivamente alla Grande crisi del 2008. Alan Mutter (qui) fa il bilancio delle ristrutturazioni già realizzate e in corso d'opera.


L'industria editoriale si sta profondamente rimodellando, anche in Italia, anche se in modo più silenzioso e - per ora - meno traumatico. Cambiamento, ricollocazione e ridimensionamento di risorse finanziarie e umane. Per il 2012, Ken Doctor (qui) fa esercizio di previsione, con tutta l'alea dell'innovazione tecnologia applicata al comportamento sociale. Un anno che sarà caratterizzato dall'ulteriore diffusione dei tablet, dai contenuti plasmati per e dentro i social network e dalla trasformazione dei giornali in piattaforme multi-accesso. A pagamento.

lunedì 19 dicembre 2011

La Repubblica di Storify

Il caso delle non-dimissioni di Mentana è stato raccontato da Repubblica (qui), attraverso Storify, strumento che aggrega diverse fonti, soprattutto sociali.


Su pregi e limiti consiglio la lettura del post di Mario Tedeschini, "Aggregazione, cronaca e social media: i giornali al tempo di Storify". Lo strumento è nuovo, l'utilizzo in ambito informativo poco più che sperimentale, inevitabili - e da parte mia condivisibili - i timori per un uso inappropriato. Tedeschini teme - insieme a Vittorio Zambardino (qui) - che a qualche editore venga in mente di prendere Storify per innovare sulla carta. Un'operazione dai possibili effetti disorientanti. Pubblicare un tweet su un foglio ha il valore di un occhiello, di un'intestazione. Informa poco e, se la fa, in maniera approssimativa: l'aggregazione di materiale sociale è contesto, digitale. Evidentemente assente su un giornale off line.

Nel suo ambiente d'origine, Storify è una piattaforma con potenzialità interessanti. Può fare informazione, nelle modalità dell'epoca di Facebook - tanto che ne riproduce la home -. Aggrega e filtra, non per opera dalle rete di amicizie. La regia è nella mani dell'editore o del giornalista. Dunque è compito dell'autore lavorare sull'autorevolezza. Ed è info-flash, tutto sta sulla superficie, ma può trasformarsi in mezzo propedeutico all'approfondimento, alla lettura più impegnativa, per chi per abitudine ne sta fuori.
La qualità, oltre all'irrinunciabile capacità di scrivere e comunicare, va cercata nelle selezione di un network di fonti - sociali e non - attendibili e serie.

mercoledì 14 dicembre 2011

Alta velocità sotto controllo

La piattaforme sociali sono attendibili? Domanda su cui da tempo si discute in Rete. Tema di moda, soprattutto dopo la falsa notizia del decesso di Paolo Villaggio.
Qualche spunto di riflessione arriva dall'articolo di Christine Greyvenstein (qui, via MediaUpdate) che rivolge la domanda a colleghi - più o meno famosi - che lavorano negli Usa. Nei limiti della sintesi, emergono tre gruppi di risposte: - Twitter e simili sono un canale di distribuzione, - sono strumenti che rispondono alla necessità di produrre contenuti velocemente, - sono parte integrante (con riferimento al giornalismo di base) del materiale e dei fatti che poi si trasformano in notizie (dopo verifiche, accertamenti).

Il tema delle breaking news è delicato per chi fa informazione sulle piattaforme digitali e lavora in un'organizzazione che deve fare profitto. Attualmente l'equazione è questa: prima lancio la notizia (eclatante, ovvero tutto quello che occupa lo spazio tra un omicidio e uno scandalo sessuale), maggiore sono le possibilità di generare traffico, la valuta da spendere sul mercato pubblicitario.
Velocità, dunque. L'operaio di Tempi moderni si è trasferito nella redazioni online.
 "Così è (se vi pare)", seppure è evidente che una politica editoriale appoggiata su queste fondamenta è miope e penalizzante nel medio/lungo periodo.
E' arduo conciliare quelli che sono due opposti, la verifica delle fonti, da un lato e  "arrivare prima", dall'altro. Questo è l'ambiente e certi errori - grossolani, ingenui, volgari - hanno lì un terreno fertile.

Esistono regole, strumenti per organizzare un sistema informativo di qualità in fase con la piattaforme e con le aspettative di profitto delle aziende?
Luca De Biase attraverso attraverso il bollino Timu (qui) e Pierluca Santoro con la proposta di un decalogo (qui) hanno costruito una base per tracciare un perimetro dentro il quale elaborare e proporre linee-guida per l'informazione di qualità o meno frettolosa.
Sono iniziative - fondate sulla collaborazione e sull'adesione volontaria - concepite per realtà non professionali, ma in grado di plasmare e formare una metodologia soggetta a un'applicazione universalemulti-piattaforma.

Il ricorso a regole - perché anche di questo di tratta - puà destare qualche perplessità a chi è abituato a muoversi in un ambiente sottoposto ad apparente deregulation come la Rete (fatto che, peraltro, sta creando aree dove prevale la legge del più forte). Ma c'è da preoccuparsi per quello che viene imposto da soggetti o autorità esterne e non è questo il caso. Dopotutto gli ordinamenti democratici sono costruiti sulla base di codici di auto-disciplina, realizzati e condivisi dalla sovranità popolare.

lunedì 12 dicembre 2011

Dibattiti made in Italy

Virgilio.it ha realizzato una piattaforma per i dibattiti online (qui). Lo strumento è abbinato a una trasmissione televisiva, Rapporto Carelli, trasmessa da Sky Tg 24.
Per esprimere un voto non è necessaria l'iscrizione, mentre per i commenti è richiesta log in con account Facebook, Twitter o Google +.

martedì 6 dicembre 2011

Crowdsourced and connected

Nell'attesa di individuare un modello di business, si lavora sul metodo. Così come racconta David Glance (qui, via The Conversation) in un articolo nel quale sono descritte le realtà all-news che con maggiore decisione hanno affrontato la sfida digitale. Strategie fondate su una sottile linea che imbastisce insieme notizie, contribuzione e condivisione. Il Guardian, Al Jazeera e in parte il New York Times offrono interessanti esempi in questo senso.

Esiste un nuovo pubblico di lettori, attivo, che pretende di scolpire la forma della notizia, per poi prenderne una parte, rimodellarla e diffonderla alla propria rete amicale. Comportamenti che a mio giudizio integrano e non sostituiscono le modalità di lavoro che si sono formate ieri, sulla carta.

Opinione che non esclude una soluzione di continuità. Perché sono necessari strumenti innovativi in grado di alimentare e sostenere il coinvolgimento. E mi riferisco a piattaforme tecnologiche facili da comprendere e da usare.  Non solo, il rinnovamento va portato pure sulla forma dell'articolo che deve dare visibilità ai contributi (commenti, foto,video). Io immagino i pezzi pubblicati sui giornali online come "portali" (come fa, per esempio, Storyful), dove allo scritto dell'autore è aggregato il contributo sociale sviluppato sulle diverse piattaforme.

lunedì 5 dicembre 2011

Senza equità

La tag cloud realizzata sulla base dei titoli dei quotidiani online (verso le 9,30) lascia pochi dubbi su chi dovrà sostenere il peso maggiore della manovra: i pensionati, attuali e futuri,  sacrificati sull'altare della sostenibilità finanziaria. Di fatto scompaiono il sistema retributivo e i trattamenti d'anzianità, ma sopratutto nel 2012 gli assegni non saranno agganciati al tasso d'inflazione.
Ampio risalto è riservato anche al mancato aumento delle aliquote Irpef sui redditi più alti. Significativa l'assenza del termine equità.

venerdì 2 dicembre 2011

Tribù sociali

L'applicazione del Guardian su Facebook registra quattro milioni di utenti attivi. La metà di questi ha meno di 24 anni, ovvero la fascia d'età che di più si allontanata dai quotidiani tradizionali (notizia segnalata qui, via International Business Times).
L'iniziativa del Guardian non è isolata, altre testate, dal Wall Street Journal al Washington Post, hanno realizzato applicazionI all news (sull'argomento Pierluca Santoro, qui e qui, via Il Giornalaio).

La creazione di prodotti funzionali a una piattaforma sociale segna una svolta, che punta verso la negazione - seppure tendenziale e soggetta a correzioni - della Rete come luogo aperto. Una splinternet che si forma non solo per decisioni prese dalle aziende, ma sulla spinta di modelli di comportamentali degli utenti. Il network amicale è di per stesso contrazione e in parte fuga dagli spazi e dalla curiosità che hanno caratterizzato la prima Internet.