venerdì 30 dicembre 2011

Innovazione

Le 50 aziende più innovative secondo Technology Review (qui). Nella classifica sono presenti Google e Facebook - ovvero i grandi collettori del sistema digitale -. Due realtà che hanno operato non solo sul piano della ricerca e del trasferimento tecnologico, ma pure hanno modificato (nel senso del cambiamento) il comportamento di massa di chi usa il mezzo tecnologico.

giovedì 29 dicembre 2011

Le tasse degli e-book

Mentre negli Stati Unit i libri elettronici beneficiano di un trattamento fiscale di favore, nell'Unione europea vale la regola inversa. Gli e-book - considerati dalle norme Ue "servizi" - sono sottoposti a un regime Iva sensibilmente più alto. Il New York Times (qui, articolo a firma di Kevin J. O' Brein, con un piccolo errore sull'Iva italiana) traccia una panoramica e un confronto fra le due sponde dell'Oceano.

E' evidente il ritardo della legge rispetto allo sviluppo tecnologico, ed è del tutto probabile che in futuro il regime fiscale possa essere simile per ogni versione, digitale e non, di un libro. Del resto il passaggio a un distribuzione non fisica, potrebbe ridurre il fabbisogno degli Stati (in quella parte che si concentra sotto la voce "costi e infrastrutture per il trasporto delle merci"). Nell'attesa, l'imposta maggiorata resta il pedaggio da pagare a favore degli editori, che fanno legittimamente attività di lobby, ma sono colpevolmente in ritardo sull'innovazione.

martedì 27 dicembre 2011

Amazon e il giornalismo auto-prodotto

Non è solo (presunta) minaccia. Mathew Ingram (qui via Gigaom) è convinto che il sistema di auto-pubblicazione di Amazon possa contribuire a mantenere in vita le inchieste giornalistiche più impegnative, non riconducibili negli spazi di un giornale o di un sito. Convinzione fondata anche sulle vicende di Marc Hernan, corrispondente da Tripoli. Ha pubblicato un e-book, disponibile via Kindle, sulle rivolte libiche ("The Shores of Tripoli"), venduto a 1,99 dollari per un discreto successo (tra i 500 titoli più scaricati dalla piattaforma).

La soluzione offerta da Amazon dimostra come nell'ecosistema digitale ci sia spazio per tutti (se per spazio non s'intende profitto). Stesse possibilità offerte anche anche alla forma: notizie brevi e inchieste, tweet, foto-gallery. Orizzonte multicolore sulla cui linea restano piantate alcune sagome, ovvero il passaggio del controllo dei contenuti dal produttori ai fornitori (sull'argomento da leggere qui il pezzo di Lsdi) e la necessità che sopravvivano organizzazioni editoriali come garanzia di sviluppo dell'ecosistema digitale. La ricomposizione tra queste forze (ammesso sia possibile), in apparente conflitto, resta la sfida del 2012 e degli anni a venire.

giovedì 22 dicembre 2011

Porte felicemente aperte

Secondo l'Istat (qui), le famiglie con almeno un minorenne sono le più tecnologiche: l'84,4% possiede un computer, il 78.9% ha accesso a Internet. La giovane età come motore dell'innovazione e della crescita: non è un caso che le economie più forti - soprattutto in termini di potenziale futuro - sono nelle mani dei Paesi con maggior numero di giovani cittadini.
Per l'Italia, terra statisticamente e culturalmente vecchia, diventa una necessità avviare politiche d'ingresso dall'estero.

A proposito degli stranieri che sono già presenti, sempre l'Istat (qui) ricorda che lavorano di più, guadagnano di meno e chiedono meno aiuti.

martedì 20 dicembre 2011

L'anno dei lavori perduti

Nel 2011 i giornali Usa hanno hanno tagliato quasi il 30% dei posti di lavoro. Riduzione al netto di quelle già avvenute successivamente alla Grande crisi del 2008. Alan Mutter (qui) fa il bilancio delle ristrutturazioni già realizzate e in corso d'opera.


L'industria editoriale si sta profondamente rimodellando, anche in Italia, anche se in modo più silenzioso e - per ora - meno traumatico. Cambiamento, ricollocazione e ridimensionamento di risorse finanziarie e umane. Per il 2012, Ken Doctor (qui) fa esercizio di previsione, con tutta l'alea dell'innovazione tecnologia applicata al comportamento sociale. Un anno che sarà caratterizzato dall'ulteriore diffusione dei tablet, dai contenuti plasmati per e dentro i social network e dalla trasformazione dei giornali in piattaforme multi-accesso. A pagamento.

lunedì 19 dicembre 2011

La Repubblica di Storify

Il caso delle non-dimissioni di Mentana è stato raccontato da Repubblica (qui), attraverso Storify, strumento che aggrega diverse fonti, soprattutto sociali.


Su pregi e limiti consiglio la lettura del post di Mario Tedeschini, "Aggregazione, cronaca e social media: i giornali al tempo di Storify". Lo strumento è nuovo, l'utilizzo in ambito informativo poco più che sperimentale, inevitabili - e da parte mia condivisibili - i timori per un uso inappropriato. Tedeschini teme - insieme a Vittorio Zambardino (qui) - che a qualche editore venga in mente di prendere Storify per innovare sulla carta. Un'operazione dai possibili effetti disorientanti. Pubblicare un tweet su un foglio ha il valore di un occhiello, di un'intestazione. Informa poco e, se la fa, in maniera approssimativa: l'aggregazione di materiale sociale è contesto, digitale. Evidentemente assente su un giornale off line.

Nel suo ambiente d'origine, Storify è una piattaforma con potenzialità interessanti. Può fare informazione, nelle modalità dell'epoca di Facebook - tanto che ne riproduce la home -. Aggrega e filtra, non per opera dalle rete di amicizie. La regia è nella mani dell'editore o del giornalista. Dunque è compito dell'autore lavorare sull'autorevolezza. Ed è info-flash, tutto sta sulla superficie, ma può trasformarsi in mezzo propedeutico all'approfondimento, alla lettura più impegnativa, per chi per abitudine ne sta fuori.
La qualità, oltre all'irrinunciabile capacità di scrivere e comunicare, va cercata nelle selezione di un network di fonti - sociali e non - attendibili e serie.

mercoledì 14 dicembre 2011

Alta velocità sotto controllo

La piattaforme sociali sono attendibili? Domanda su cui da tempo si discute in Rete. Tema di moda, soprattutto dopo la falsa notizia del decesso di Paolo Villaggio.
Qualche spunto di riflessione arriva dall'articolo di Christine Greyvenstein (qui, via MediaUpdate) che rivolge la domanda a colleghi - più o meno famosi - che lavorano negli Usa. Nei limiti della sintesi, emergono tre gruppi di risposte: - Twitter e simili sono un canale di distribuzione, - sono strumenti che rispondono alla necessità di produrre contenuti velocemente, - sono parte integrante (con riferimento al giornalismo di base) del materiale e dei fatti che poi si trasformano in notizie (dopo verifiche, accertamenti).

Il tema delle breaking news è delicato per chi fa informazione sulle piattaforme digitali e lavora in un'organizzazione che deve fare profitto. Attualmente l'equazione è questa: prima lancio la notizia (eclatante, ovvero tutto quello che occupa lo spazio tra un omicidio e uno scandalo sessuale), maggiore sono le possibilità di generare traffico, la valuta da spendere sul mercato pubblicitario.
Velocità, dunque. L'operaio di Tempi moderni si è trasferito nella redazioni online.
 "Così è (se vi pare)", seppure è evidente che una politica editoriale appoggiata su queste fondamenta è miope e penalizzante nel medio/lungo periodo.
E' arduo conciliare quelli che sono due opposti, la verifica delle fonti, da un lato e  "arrivare prima", dall'altro. Questo è l'ambiente e certi errori - grossolani, ingenui, volgari - hanno lì un terreno fertile.

Esistono regole, strumenti per organizzare un sistema informativo di qualità in fase con la piattaforme e con le aspettative di profitto delle aziende?
Luca De Biase attraverso attraverso il bollino Timu (qui) e Pierluca Santoro con la proposta di un decalogo (qui) hanno costruito una base per tracciare un perimetro dentro il quale elaborare e proporre linee-guida per l'informazione di qualità o meno frettolosa.
Sono iniziative - fondate sulla collaborazione e sull'adesione volontaria - concepite per realtà non professionali, ma in grado di plasmare e formare una metodologia soggetta a un'applicazione universalemulti-piattaforma.

Il ricorso a regole - perché anche di questo di tratta - puà destare qualche perplessità a chi è abituato a muoversi in un ambiente sottoposto ad apparente deregulation come la Rete (fatto che, peraltro, sta creando aree dove prevale la legge del più forte). Ma c'è da preoccuparsi per quello che viene imposto da soggetti o autorità esterne e non è questo il caso. Dopotutto gli ordinamenti democratici sono costruiti sulla base di codici di auto-disciplina, realizzati e condivisi dalla sovranità popolare.

lunedì 12 dicembre 2011

Dibattiti made in Italy

Virgilio.it ha realizzato una piattaforma per i dibattiti online (qui). Lo strumento è abbinato a una trasmissione televisiva, Rapporto Carelli, trasmessa da Sky Tg 24.
Per esprimere un voto non è necessaria l'iscrizione, mentre per i commenti è richiesta log in con account Facebook, Twitter o Google +.

martedì 6 dicembre 2011

Crowdsourced and connected

Nell'attesa di individuare un modello di business, si lavora sul metodo. Così come racconta David Glance (qui, via The Conversation) in un articolo nel quale sono descritte le realtà all-news che con maggiore decisione hanno affrontato la sfida digitale. Strategie fondate su una sottile linea che imbastisce insieme notizie, contribuzione e condivisione. Il Guardian, Al Jazeera e in parte il New York Times offrono interessanti esempi in questo senso.

Esiste un nuovo pubblico di lettori, attivo, che pretende di scolpire la forma della notizia, per poi prenderne una parte, rimodellarla e diffonderla alla propria rete amicale. Comportamenti che a mio giudizio integrano e non sostituiscono le modalità di lavoro che si sono formate ieri, sulla carta.

Opinione che non esclude una soluzione di continuità. Perché sono necessari strumenti innovativi in grado di alimentare e sostenere il coinvolgimento. E mi riferisco a piattaforme tecnologiche facili da comprendere e da usare.  Non solo, il rinnovamento va portato pure sulla forma dell'articolo che deve dare visibilità ai contributi (commenti, foto,video). Io immagino i pezzi pubblicati sui giornali online come "portali" (come fa, per esempio, Storyful), dove allo scritto dell'autore è aggregato il contributo sociale sviluppato sulle diverse piattaforme.

lunedì 5 dicembre 2011

Senza equità

La tag cloud realizzata sulla base dei titoli dei quotidiani online (verso le 9,30) lascia pochi dubbi su chi dovrà sostenere il peso maggiore della manovra: i pensionati, attuali e futuri,  sacrificati sull'altare della sostenibilità finanziaria. Di fatto scompaiono il sistema retributivo e i trattamenti d'anzianità, ma sopratutto nel 2012 gli assegni non saranno agganciati al tasso d'inflazione.
Ampio risalto è riservato anche al mancato aumento delle aliquote Irpef sui redditi più alti. Significativa l'assenza del termine equità.

venerdì 2 dicembre 2011

Tribù sociali

L'applicazione del Guardian su Facebook registra quattro milioni di utenti attivi. La metà di questi ha meno di 24 anni, ovvero la fascia d'età che di più si allontanata dai quotidiani tradizionali (notizia segnalata qui, via International Business Times).
L'iniziativa del Guardian non è isolata, altre testate, dal Wall Street Journal al Washington Post, hanno realizzato applicazionI all news (sull'argomento Pierluca Santoro, qui e qui, via Il Giornalaio).

La creazione di prodotti funzionali a una piattaforma sociale segna una svolta, che punta verso la negazione - seppure tendenziale e soggetta a correzioni - della Rete come luogo aperto. Una splinternet che si forma non solo per decisioni prese dalle aziende, ma sulla spinta di modelli di comportamentali degli utenti. Il network amicale è di per stesso contrazione e in parte fuga dagli spazi e dalla curiosità che hanno caratterizzato la prima Internet.

martedì 29 novembre 2011

Dashboard sull'eurozona

Rischio (e probabilmente lo sono) d'essere monotematico e monofonte (ovvero Chart Porn, qui), ma non posso non segnalare questo pannello di controllo sulle finanze dell'eurozona. Lavoro che porta la firma di Kpi Library e strumento utile per una visione d'insieme e particolare, nel senso che è possibile usare la dashboard calibrandolo su ciascun paese.

lunedì 28 novembre 2011

Sirtaki

La creazione realizzata da VideoInfographs (e segnalata da Chart Porn, qui) mostra le cause della crisi del debito greco e la colpevole inazione delle autorità. Un ottimo lavoro, forse un poco frenetico, in grado di svelare la trama che sta scuotendo i mercati finanziari ed economici dell'eurozona. Sarebbe interessante avere un simile video sul debito italiano.

mercoledì 23 novembre 2011

Sequenze di spread

Le vicende del debito pubblico sono vecchie di quasi due anni. Inizialmente il ritmo è stato lento - con il coinvolgimento dei cosiddetti paesi periferici - in un contesto di debole crescita economica, Germania a parte. Nel novembre 2010, il sito Lavoce.info segnalava la brusca frenata del prodotto interno lordo italiano (qui).


Nel corso dall'estate la velocità degli eventi è decisamente cresciuta. Con rapida diffusione mediatica. A inizio agosto Reuters pubblica una mappa del rating (qui), presto destinata a "traumatici" aggiustamenti  (gli Usa persono la tripla AAA).


Il lavoro del Linkiesta (qui) mostra l'andamento storico del debito pubblico italiano in rapporto alla crescita.


Se l'epicentro delle tensioni è l'euro-zona, il problema resta comunque globale, come mostrano le interconnessioni finanziarie esistenti tra i diversi paesi (qui, New York Times).


L'Economist (qui), infine, fornisce uno sguardo sull'andamento che verrà circa il rapporto debito/Pil: i problemi potrebbero attraversare l'Atlantico.

martedì 22 novembre 2011

Modello Bloomberg

Da leggere l'articolo del Daily Beast (qui) sulle scelte di Bloomberg. Editore di successo e in forte espansione. Quasi un evento in epoca di recessione globale per chi produce contenuti.
La strategia di Bloomerg è supportata da un'innovazione distribuita su tutte le piattaforme tecnologiche disponibili. Naturalmente la variabile "contenuti verticali" non è secondaria, anzi è determinante. Da notare - sotto, nella grafica - come l'editore presidi settori di nicchia, iper-professionali, i quali solitamente portano importanti profitti a costi marginali relativamente bassi.


Le vicende dell'editore Usa mostrano come il nuovo ecosistema privilegi, dal punto di vista della sostenibilità, l'unicità e la verticalità. Due fattori che hanno la capacità di distinguersi dal rumore di fondo, ma che mettono in difficoltà i produttori generalisti.

venerdì 18 novembre 2011

La felicità social del lavoro

Ricerca inglese sull' uso dei social media al lavoro (qui, sotto l'infografica, via The Blog Herald). Vince Facebook, seguono a distanza le altre piattaforme. Inoltre chi li usa sarebbe più soddisfatto della propria occupazione. Potere della condivisione.

Un aspetto da non sottovalutare è quello della circolazione - accidentale - delle informazioni (nonostante esista pure il pericolo della fuoriuscita di dati sensibili all'esterno), fenomeno spesso ostacolato dalle barriere gerachiche e formali delle aziende. Con danni inospettabili alla produttività e al clima.

mercoledì 16 novembre 2011

Amici miei

Secondo una ricerca Pew (qui), il 66% dei cittadini Usa utilizza le piattaforme sociali per restare in contatto con familiari e amici. Seguono a distanza le altre motivazioni: il 14% per la condivisione di hobby e interessi, il 9% per la ricerca di nuove amicizie. La lettura dei commenti di personaggi pubblici o la ricerca di avventure sentimentali, rispettivamente con il 5 e il 3%, stanno i fondo ai motivi d’uso.
L'indagine mostra differenze in funzione dell’età, del genere e della razza d’appartenenza, senza però stravolgere i risultati generali.


L’uso di queste piattaforme come mezzo di mantenimento e crescita delle reti amicali introduce più di una variabile su come queste piattaforme possano interagire con contenuti editoriali. Il lettore, che arriva all'articolo attraverso un social network, si trasforma in utente, in maniere più connotata e diversa rispetto a chi naviga un sito. Una trasformazione alimentata dalla condivisione, dal mi piace di un amico.

Un palcoscenico, questo, che rende il consolidamento della reputazione (ovvero la qualità in fase con il proprio target di riferimento) e della conseguente fiducia un passaggio obbligato, seppure impegnativo.

martedì 15 novembre 2011

Cambia la distribuzione. Non la produzione

In occasione del workshop "Engaging the reader" (Università Cattolica di Milano, 14 novembre 2011), Michele Mezza ha sostenuto l'ipotesi di un futuro prossimo senza giornali e giornalisti. La rivoluzione sociale della Rete potrebbe rendere inutile la professione d'intermediario dell'informazione.
Tesi provocatoria che non convince. Anzi credo - come ha sostenuto Nicola Bruno nel corso dell'incontro - che le nuove tecnologie offrano nuove opportunità.

Non si deve confondere l'imponente mole dell'autocomunicazione di massa con l'informazione. In gran parte è condivisione di materiale proveniente dai media tradizionali. Il contributo originale, oltre al rumore del chiacchiericcio a buon mercato, rappresenta una decisa minoranza.
Il giornalismo dal basso sta diventando una parte importante, ma integrante dell'ecosisiema. Un processo di affiancamento e non di sostituzione.

E non può che essere così. Se sinteticamente si raggruppano quattro aggregati che producono i fatti, ovvero:
ISTITUZIONI POLITICHE - ESTERI - CRONACA - SPORT
è evidente che la copertura - anche nell'ottica della trasparenza e di tenuta democratica - richiede la presenza di una filiera produttiva in grado d'investire denaro e tempo. Una vasta moltitudine di citizen journalsit non avrebbe la forza di sistema per svolgere questo compito.

La cosiddetta disintermediazione riguarda la distribuzione, con tutti gli effetti negativi sui conti economici delle case editrici. Mentre il ruolo e la funziona sociale dei professionisti dell'informazione sono rimasti sostanzialmente inviariati. 

venerdì 11 novembre 2011

Cinguettare Twitter

Tra gli articoli più letti su Journalism della settimana, una guida per l’uso avanzato di Twitter: Ten technical Twitter tips for journalists. Merita di essere letta, sono indicate funzionalità che sembrano decisamente utili.

giovedì 10 novembre 2011

Indebitarsi

La crisi del debito secondo la guida interattiva pubblicata dall'Economist (qui).



L'andamento del rapporto debito/Pil è confrontabile tra diversi Paesi, nell'arco temporale compreso fra il 1980 e il 2015. Dai risultati emerge chiaramente come le tensioni sulla finanza pubblica presto potrebbero spostarsi verso gli Stati Uniti.

martedì 8 novembre 2011

Recinti digitali

I media sociali in occasione dell'alluvione che ha colpito Genova hanno dato prova d'incredibile efficienza. Twitter è stato formidabile nel lanciare le notizie: fonte d'informazione (e di aiuto nel diffondere gli appelli delle autorità) e aggregatore - quasi un "portale" - dei contenuti prodotti dalle reti, digitali e analogiche.
In quei momenti ho avuto la percezione di avere a disposizione - sia come fruitore sia come produttore - uno strumento capace d'essere servizio pubblico liquido, perfettamente adattabile ai mezzi e agli stati d'animo presenti durante l'accadimento dei fatti. Convinzione meno solida, appena sono sceso dalla torre dei produttori d'informazione - il sottoscritto lavora in una redazione -.

Sulla strada, tra conoscenti, amici, pendolari, il flusso delle notizie e della comunicazione sembra tornare saldamente nell'alveo dei media analogici, dove i bit hanno sì un ruolo importante, ma marginale. Molti sono al corrente della catastrofe in corso grazie alla televisione o alla stampa. Il web è utilizzato attraverso l'accesso ai siti tradizionali all-news, dove il fenomeno delle reti sociali è rappresentato, piuttosto che utilizzato.

Il mio punto d'osservazione è scientificamente irrilevante, dunque queste osservazioni volgono come una provocazione - o come spunto di riflessione -. Ciò non tolgie che spesso ho l'impressione di muovermi dentro un recinto ancora esclusivo: la comunicazione digitale come affare per professionsti dell'informazione (stipendiati o per pura passione).

lunedì 7 novembre 2011

I giornalisti di Google News



Prossimamente Google News (qui ) assocerà ai risultati della ricerca il profilo dell'autore. Visualizzazione resa possible attraverso un link all'account di Google + e che comprenderà, tra le informazioni, il numero delle persone presenti nei circles dell'autore.
Nelle intenzioni d Mountain View, la soluzione dovrebbe privilegiare la qualità dei contenuti:
Great journalism takes more than facts and figures -- it takes skilled reporters to knit together compelling stories. Knowing who wrote an article can help readers understand the article's context and quality, see more articles by that person, and even interact directly with them.
Una mossa da seguire con attenzione e senza pregiudizi.

venerdì 4 novembre 2011

Koinè


Una squadra di calcio messicana, la Jaguares de Chiapas, lancia la casacca sociale: sotto il numero sono stati messi gli account del calciatore e dello sponsor (segnalazione via The Media Blog, qui).
Ennesima indicazione della formazione globale e pervasiva di una koinè digitale, in grado di coinvolgere ambiti e luoghi un tempo distanti.

mercoledì 2 novembre 2011

Linkiesta promettente

C’è un’ampia dose di cinismo nel lavoro dell’editore. Il bisogno d’informazione e la vendita di giornali – o il traffico sull'online – aumentano all’indomani - o in corso - di tragedie o eventi drammatici.
La crisi del debito sovrano, il rischio (per ora ancora remoto) di default dell’Italia entrano a pieno merito in queste categorie. Il crollo delle Borse di ieri – in parte innescato dalla decisione del governo greco di sottoporre a referendum il piano d’austerity concordato in sede Ue – è stato raccontato con la consueta frenesia dai siti di news. Un susseguirsi si dati, ipotesi, frasi che nella loro rappresentazione e nel loro incidere hanno intrinsecamente aumentato il tasso emotivo a tutto discapito della qualità.

In questo panorama si è distinto il sito di news Linkiesta, una delle start up italiane più promettenti. La pagina di sintesi sul debito pubblico italiano (qui) è un esempio di semplicità e rigore. Con un uso saggio dell’infografica, una modalità di racconto che trovo strategica nell’informazione economico-finanziaria.
A mio giudizio è questo un lavoro che rende il “giornale” strumento d’interpretazione della realtà. Funzione che si è progressivamente sfilacciata nella ricerca del traffico online, dunque con una maggiore sensibilità all’evidenziazione di un fatto piuttosto che alla sua comprensione.

martedì 25 ottobre 2011

Euro roulette

L'infografica pubblicata qui dal New York Times è un ottimo lavoro che rende evidente come il rischio di contagio sia tutt'altro che un'ipotesi di studio o un'allarme mediatico.
Tra i siti italiani, a parte qualche timida iniziativa del Linkiesta (che infatti è la più interessante start up all news), simili modalità di presentare le notizie sono ancora del tutto assenti. Un peccato.

lunedì 24 ottobre 2011

La trasparenza delle pensioni

Maurizio Ferrera propone due linee d'intervento sulla previdenza obbligatoria: inasprimento dei requisiti anagrafici - agendo soprattutto sull'età delle donne del settore privato - e stretta sulle pensioni di anzianità, ovvero eliminando la possibilità di ritirarsi dal lavoro con 40 anni di contributi senza limiti d'età ("Non ci resta che crescere", a cura di Tommaso Nannicini, Università Bocconi Editore).

Soluzioni che tendenzialmente condivido e che comunque possono generare una forte reazione negativa tra chi si sente penalizanto. Ed è per questo che un simile intervento andrebbe adottato nella massima trasparenza. Come dice Ferrara "per rendere più accettabili e credibili queste misure restrittive... si potrebbe rendere lo storno trasparente: tutto ciò che si risparmia (fatta salva eventualmente una quota  per il risanamento dei conti pubblici) dovrebbe confluire direttamente in un fondo nazionale per gli investimenti sociali".

Operazione di comunicazione difficilmente attuabile in condizioni d'emergenza, come quelle in cui si sta muovendo l'esecutivo.
Eppure è un consiglio da seguire scrupolosamente in vista delle prove e delle inevitabili riforme che dovranno essere prese. Solo con la condivisione dei sacrifici e dei benefici sarà possibile creare una breccia nell'immobilismo.

venerdì 21 ottobre 2011

Imago mortis

La storia dell'Uomo è anche fuga dalla morte. Non dalla sua rappresentazione. Fino all'età moderna il momento del trapasso è parte "viva" del quotidiano (sull'argomento Philippe Aries, "Storia della morte: dal medioevo ai nostri giorni").

Prima la rivoluzione industriale e poi - più decisamente - lo sviluppo economico e il benessere del secondo dopo guerra hanno relegato il dolore e la violenza in una sfera privata e progressivamente assenti dalla rappresentazione pubblica. Ad eccezione dei media di massa, gli unici veicoli istituzionalmente legittimati a dare forma visiva al dolore. Un palcoscenico mediato e per questo lontano
La diffusione dei mezzi di produzione e di distribuzione digitale in parte hanno riportato l'evento morte - nelle sfaccettature comprese fra violenza e dolore - su un palcoscenico più vicino, quasi a riallacciare un rapporto con la società pre-industriale. Seppure nella volgarità dell'eccesso e nella ferocia dell'apparire,

Le immagini di violenza - come l'esecuzione di Gheddafi - o di catastrofi - nel caso del maremoto in Giappone - prodotte in modo non professionale, sotto la pressione delle emozioni, poi diffuse, sventrate e commentate, hanno il merito di metterci di fronte - in modo diretto - ad aspetti della vita che che avevamo posto tra i confini dei set cinematografici.

giovedì 20 ottobre 2011

La timida rivoluzione del paywall

Sono ancora tentativi relativamente sparsi. Ma l'opzione contenuti a pagamento seduce sempre più gli editori. Un cambiamento lieve, per certi versi silenzioso, che tende all'alternativa freemium. Ovvero si paga per la qualità, spesso se l'utente è un hard reader.
Bit Mitchell su Poynter (qui) dice che il tempo per il paywall è arrivato. Un appuntamento a cui gli editori sembrano essere arriviati dopo diverse sperimentazioni. Tentativi che hanno delineato con maggiore chiarezza l'equilibrio tra volume di traffico e sottoscrizione. Il più recente esempio, in questo senso, arriva dal Boston Globe, che ha reso a pagamento l'accesso al sito (tariffa flat da 3,99 dollari alla settimana), mentre ha lasciato gratuito il Boston.com, versione meno impegnativa, decisamente più snack news.

Per Mitchell il paywall è pronto per il lancio essenzialmente per quattro ragioni (l'ultima è in realtà un consiglio). Eccole, comprese le mie osservazioni.
1) Esistono utenti disposti a pagare i contenuti di qualità.
- La distribuzione digitale consente a bassi costi marginali di modulare l'offerta in funzione del potenziale pubblico di riferimento -.
2) I contenuti a pagamento spingono editori e redazioni a una maggiore cura della qualità.
- Propensione, a dire il vero, che dovrebbe essere sempre guida, almeno nei suoi conteni base. Il gratis dell'online sottrae valore monetario, ma la valuta economica, fatta di reputazione e attenzione, resta valida per qualsiasi opzione -.
3) La sottoscrizione crea un legame contrattuale diretto con il lettore digitale. Mentre nel free il rapporto è solo con gli investitori pubblicitari. 
- Se la formula dell'abbonamento funziona si diversifica il mercato e la clientela. Anche se l'advertising è e resterà una riferimento imprescindibile per gli editori -.
4) Le strategie devono bilanciare la ricerca di ricavi senza impedire la condivisone dei contenuti sui social media.

mercoledì 19 ottobre 2011

Sotto preoccupazione

Come dice Gabriele (qui, via Peacereporter) anche la Cina guarda con preoccupazione l'Italia. Il paese asiatico ha investito somme importanti nei titoli di Stato europei e considera l'euro zona un mercato fondamentale per sostenere il proprio export. Il default dell'Italia, la terza economia dell'area, dunque potrebbe innescare un effetto a catena globale, difficilmente gestibile.

Il giudizio internazionale è decisamente chiaro: non diamo fiducia. Condizione minima e irrinunciabile per riavviare il circuito della liquidità nei mercati. L'inazione del governo e l'incapacità di prendere decisioni sono pericolosamente intollerabili. Chi paga questi danni? Propongo che ciascuno esecutivo sottoscriva una fideiussione prima dell'insediamento.

venerdì 14 ottobre 2011

Lasciare Twitter

Secondo Soshable Media (qui) molte aziende stanno abbandonando Twitter. A causa del crescente spam e per un fraintendimento. Spesso la piattaforma è usata come un canale di diffusione del proprio messaggio, anziché come ambiente di ascolto ed engagement. Abitudine che a sua volta alimenta lo spam.

mercoledì 12 ottobre 2011

Gli antichi tesori dei giornali

Il New Yorker mette a profitto gli archivi. Ha realizzato un'applicazione per iPad contenente articoli e immagini sulle partite di baseball dal 1929 al 2011. A seguire è stata pubblicata una "golf collection" (segnalazione via Felix Salomon, Reuters). Le iniziative, sponsorizzate da grandi aziende come United Airlines e Bmw, sono caratterizzate da costi marginali decisamente più bassi rispetto a soluzioni analoghe su carta stampata.

I giornali dispongono un patrimonio sociale - fatto di dati, intenzioni, voci - più ricco rispetto a player come Google e Facebook, sopratutto perché a questi manca la prospettiva storica. Dunque la memoria come fonte di ricavi e come vantaggio competitivo.

lunedì 10 ottobre 2011

Innovazione analogica

Il tempo dell’economia digitale corre veloce. E i bassi costi per entrare sul mercato rendono la competizione affollata e agguerrita. E' il caso di Yahoo, una stella del web anni '90, ora in difficoltà finanziare per errori strategici, poca innovazione, naturale invecchiamento del prodotto.
L'articolo  “Yahoo has a crowd, wants a voice” (qui, Verne G. Kopytoff, via The New York Times), che traccia gli errori di un sito che comunque raccoglie 686 milioni di utenti, può essere una lettura interessante sull'argomento.

In sintesi i punti deboli di Yahoo sono i seguenti.

Nonostante il traffico raccolto su canali (dalle news alla finanza, fino allo sport),  Yahoo gode di un brand di poco valore:
“If we ask somebody on the street, ‘What’s the top news brand?’ Would they say Yahoo news?” said Mickie Rosen, the senior vice president who oversees Yahoo’s media properties. “The honest answer is they probably wouldn’t.”.
Un giudizio generato del fatto che Yahoo è in larga parte un aggregatore di notizie provenienti da fonti esterne. Tendenza, peraltro, seguita da molti portali italiani.

Ritardo nell’innovazione. E’ il caso degli aggregatori alla Flipboard di notizie su smartpohnes e tablet. L’app di Yahoo arriverà sul mercato solo a fine autunno.

Il volume dei ricavi è inferiore alla crescita del mercato: il traffico generato non è adeguatamente monetizzato. Probabilmente a causa del minor tempo di permanenza, a tutto vantaggio dei competitor, primo fra tutti Facebook: a maggio negli Usa il tempo su Fb è stato pari a 53,5 miliardi di minuti, contro i 20 di Yahoo.

Le difficoltà di Yahoo sembrano trovare una possibile soluzione nelle ottime performance (traffico e tempo) del canale sport. Dove sono stare fatte scelte che hanno portano la risposta ai nuovi player su un terreno non solo tecnologico, ma anche analogico.
Nel canale sport l’editore ha scelto di innovare nel metodo di produzione. Gli articoli sono prodotti dalla redazione interna, si fa attenzione alla qualità, attraverso un mix racconto/video/game (Fantasy Football Live). Il risultato finale ha un valore maggiore rispetto al lancio d’agenzia di un partner esterno, non esclusivo e spesso semplicemente cobrandizzato.
E’ la realizzazione di una trasformazione dal contenuto come mezzo (per raccogliere pubblicità) al contenuto come strumento per la raccolta pubblicitaria. La differenza non è da poco e implica una maggiore attenzione all’audience (sull’argomento Roberto Favini “Il web semantico per l’innovazione dell’editoria”, qui), senza abbassare il livello qualitativo dell'informazione generata.

lunedì 3 ottobre 2011

Frutta e notizie

L’editore diventa venditore, trasformando l’attenzione in merce. Esercizi di futuro tracciati da Jeff Flemin, qui via Editor & Publisher.
Rapida diffusione dei tablet – secondo Forrester Reseach entro il 2015 saranno nelle mani di 82 milioni di cittadini Usa – e propensione all’acquisto online dell’utente mobile diventano le coordinante dove si portano a profitto i data base dei giornali. Fatti di abbonati e cataloghi d'inserzionisti. Si tratta, in pratica, di realizzare piattaforme dove fare incontrare offerta e domanda di prodotti e servizi.
Il giornale, quindi, diventa un’ambiente attivo, dove oltre a informarsi è possibile mettere in moto comportamenti d'acquisto.

Se è vero che le nuove piattaforme digitali stanno trasformando le aziende in editori, sembra sia vero pure il contrario.

venerdì 30 settembre 2011

Portali sociali

L'infografica realizzata da Mashable (qui e sotto) indica i social network più utilizzati in 10 paesi, tra cui l'Italia. Senza sorprese la capillare diffusione di Facebook, alla quale si affiancano, oltre le piattaforme globali - come Twitter e Linkedin - player nazionali. In Italia mantengono un ruolo significativo le community dei portali - Libero e Virgilio - che sono frequentate da circa un terzo degli utenti.



Nell'ecosistema sociale italiano i portali restano un punto di riferimento con volumi di traffico di assoluto rilievo, seppure alimentati dalle pre-istallazioni associate alle connessioni.
Al netto delle scelte editoriali - tendenzialmente orientate verso l'infotainment -, queste piattaforme sono un modello che anticipano il cambio di mestiere dell'editore puro. I ricavi fondati solamente sul contenuto editoriale sono destinati a calare, almeno nell'abbinamento abbonamenti-pubblicità-vendita. L'editore del futuro avrà sempre più un business modulare che parte da contenuto, ma che arriverà fino all'attività di retail.



mercoledì 28 settembre 2011

Informazione locale: ieri, oggi, domani

Pew ha realizzato una ricerca (qui) su sull'intensità d'uso delle fonti d'informazione relative a una comunità locale. I risultati variano in funzione dell'età degli intervistati e della tipologia di notizia.


Il gruppo più giovane, 18 - 39 anni, fa più ampio uso di internet, soprattutto per quanto riguarda l'accesso alle info di servizio: ricerca lavororistoranti, annunci e politica. Gli over 40 ricorrono al web per gli eventi culturali e gli annunci business. In ogni caso televisioni e giornali locali mantengono un ruolo assolutamente centrale. I quotidiani, dato significativo, sono molto usati per il lavoro e le notizie fiscali.

Il quadro d'insieme mostra un percorso in atto che sta spostando l'attenzione verso le nuove piattaforme. Movimento guidato dal cambio generazionale, oltre che dall'innovazione. Ma il tasso di sostituzione del cambiamento è meno veloce di quanto può apparire dall'esperienza personale o dalla lettura dei media digitali.

martedì 27 settembre 2011

Carta+web, i ricavi nella palude barica

Sul finire della scorsa settimana, nell'ambito della Social Media Week, si è tenuto l'incontro "Carta+Web: un modello di business vincente per l'editoria del futuro". Il gruppo dei relatori era perfettamente diviso in due parti. I nuovi player - Enrico Gasperini (Digital Magics), Paolo Ainio (Banzai), Luca Ascani (Populis), Stefano Maruzzi (Google Italia), Luca Colombo (Facebook Italia) - e gli editori puri, quelli che pescano le proprie origini nella carta - Stefano Quintarelli (area digital Il Sole 24 Ore) e Giorgio Riva (area digital, Rcs) -. La cronaca della giornata è disponibile qui, nell'articolo di Laura, via Virgilio Notizie.

La palude barica è un'espressione usata in meteorologia per indicare un'area geografica  in cui la pressione atmosferica è tale da non poter essere definita né alta né bassa (Wikizionario).
E' un tempo limaccioso, fatto di cieli grigi con scarse precipitazioni. Ovvero il clima che si è respirato - nella forma - durante i dibattito. Né pioggia, né sole: il modello di business vincente è ancora tutto di inventare.
Nella sostanza è apparso evidente che il sereno stazioni stabilmente dalle parti di Google e compagni digitali, seppure per questi in forma decisamente minore. La parola maggiormente pronunciata - da questo gruppo - è stata "innovazione". Carta facilmente giocabile da chi è  nato in un'ambiente tecnologico nuovo e con strutture industriali in fase con i ricavi del mercato. Per chi deve combinare la dimensione digitale e quella analogica - nella quale si muovono norme, contratti e rapporti sociali reali - innovare significa avviare un processo decisamente più complesso.

Ecco quali sono stati , secondo me e in forma sintetica, i contributi più significati di ciascun relatore.
Riva (Rcs): 1) nel Corriere il 50% degli abbonati è costituito da nuovi lettori, 2) l'85% degli abbonati digitali è composto da utenti del sito web;
Maruzzi (Google): 1) il passaggio carta-digitale sarà un percorso lungo con protagonisti nuovi che interagiranno con quelli vecchi", 2) "occorre sempre più puntare sul contenuto di qualità", 3) la sottoscrizione di abbonamenti può essere un modello di business interessante";
Ainio: 1) "la carta è destinata a scomparire, mentre non cesserà di esistere l'informazione", 2) "la case editrici devono affrancarsi dai vecchi modelli, mentre oggi sono proposti gli stessi contenuti cambiando unicamente il supporto";
Gasperini (Digital Magics): 1) "il potenziale della case editrici è enorme, solo il Corriere e la Repubblica fanno il 30% di reach delle preferenze web in Italia", 2) "ma devono credere nelle nuove piattaforme e investirci, come fa Bild che ha realizzato progetti per circa 1,5 miliardi di euro, puntando su iniziative diversificate, dalla pubblicità fino al retail di prodotti elettronici",
Ascani (Populis): 1) sul web oltre alle notizie ci sono le informazioni verticali (viaggi, auto e moto, finanza) e l'info-pratica (guide): ed è questo un settore su cui è possibile creare valore" 2) "come? attraverso un sistema di content on demand e writer - selezionati in rete - in grado di soddisfare i lettori";
Colombo (Facebook): 1) "la sfida per creare valore è la rilevanza" 2) "la rilevanza è il match tra il bisogno personale e i contenuti editoriali";
Quintarelli (Il Sole 24 Ore): 1) le piattaforme tecnologiche realizzano ricavi sull'inefficienza degli editori", 2) nel suo complesso l'industria dell'informazione è destinata a crescere, mentre si ridurranno i margini per gli editori tradizionali", 3) "la monetizzazione dell'attenzione - sempre più spinta - porterà un cambio di ruolo e funzione degli editori".

giovedì 22 settembre 2011

E-reader, sgomitate librarie e nuovi mercati

Il rimescolamento dei valori generato dall'innovazione tecnologica non risparmia l'editoria libraria. E interessa anche il giovane mercato del libro elettronico.
Negli Usa, accanto ai pionieri tradizionali - come Amazon -, nuovi editori si stanno affacciando. Come i siti di news, sopratutto quelli nativi digitali (qui, "In e-books, publisher have rivals: news sites", via The New York Times).
E' il caso dell'Huffington Post che pubblica in formato e-book raccolte di articoli su temi d'attualità. L'idea non è nuova, da tempo gli editori offrono instant-book ai lettori. Il formato elettronico e la forza di queste organizzazioni - per la capacità di produrre contenuto - rendono questi libri meno costosi e offrono - potenzialmente - margini maggiori.

Il libro elettronico e la nuova generazione di e-reader - a prezzi ridotti e dedicati anche alla lettura delle news - stanno abbozzando un ambiente favorevole alla realizzazione di un modello economico interessante. Se la carta morirà, sarà per mano dei supporti alla Kindle. Le scommesse sono aperte.

martedì 20 settembre 2011

Oltre l'App Store

Financial Times ha deciso di abbandonare Apple per passare all'ambiente Android e ai tablet alternativi a iPad. L'intervista a Rob Grimshaw, managing director di FT.com (qui, via Mediashift) racconta le scelte dell'azienda e il consolidarsi del mercato delle app.
Il nuovo circuito economico comincia a mostrare potenzialità interessanti per le case editirci, probabilmente per l'attenuarsi della trazione monopolista. Anche se l'affermazione del sistema operativo di Google può suscitare più di un'apprensione.

lunedì 19 settembre 2011

Il declino dei giornali in immagini

Stanford University ha pubblicato una mappa interattiva sulla distribuzione dei giornali negli Usa a partire dal 1690 (qui). La diffusione è inarrestabile fino al 1990, successivamente irrompe un calo che, seppure non catastrofico, segna un deciso cambio di direzione. Le due immagini che ho estrapolato - relative al 1990 e al 2011 - evidenziano una diminuzione concentrata - soprattutto - nei centri minori.

1990



2011


venerdì 16 settembre 2011

I dibattiti dell’Huffington Post

The Gauce è la nuova piattaforma dell’Huffington Post UK sviluppata per favorire il dibattito su temi di attualità (qui, via journalism.co.uk) L’idea non è nuova sul suolo britannico, l’Economist propone da tempo discussioni online (qui, per esempio), ovviamente con taglio meno popolare.
HP sceglie una soluzione ecumenica, caratteristica ben rappresentata dalla visualizzazione in tempo reale dei risultati. Il dibattito, inoltre, si sviluppa sui social network che diventano parte essenziale e integrante di The Gauge.

L’economia della condivisone e della raccolta di contenuti, che conduce alla fidelizzazione e alla creazione di potenziale pubblicitario, mette in mostra aspetti interessanti in questo prodotto. E sposta l’asticella del fare giornalismo (ed editoria) verso un confine nuovo rispetto all'informazione online proposta dalla maggioranza dei quotidiani.


giovedì 15 settembre 2011

Customer care e giornalismo

Una recente ricerca realizzata da Nielsen (qui, via Business Insider) effettuata tra il internauti Usa, mostra come Facebook sia diventato l’idrovora del tempo in rete. In maggio gli utenti hanno trascorso sulla piattaforma 53,5 miliardi di minuti. Yahoo – che si piazza al secondo posto – si ferma poco oltre i 20 miliardi di minuti.


Dati noti che sono ancora più interessanti se intersecati con i risultati di un’altra ricerca, relativa al calo dei contributi originali su Facebook. Il lavoro - realizzato da GlobalWebIndex e riferito a un ambito geografico globale (qui, via Lsdi) - evidenzia un uso orientato alla diffusione e alla condivisione di contenuti, spesso provenienti da altre fonti, prime fra tutte quelle dei siti d’informazione.

Facebook appare, dunque, scarsamente definibile come media, almeno nel senso di mezzo che coniuga la produzione e la diffusione di un messaggio. Lo strumento è un ottimo veicolo di distribuzione, funzione però che a mio giudizio ne limita le presunte potenzialità giornalistiche. Se per giornalismo s’intende raccolta, verifica e racconto dei fatti. Non si va oltre la segnalazione, l’alert, spesso a costo d’ingenti investimenti di tempo e risorse dedicate.
La linea tracciata dalla condivisione e dalle reti amicali punta piuttosto ad attività di customer care. Nobile ed essenziale, ma attività che  arriva dopo la produzione di un contenuto editoriale. 

martedì 13 settembre 2011

Due giornali, un destino

Ultimo arrivato, il Boston Globe, sceglie una soluzione innovativa nel proporre il proprio modello di business online. Il sito BostonGlobe.com diventa a pagamento: 3,99 dollari alla settimana per accedere alla consultazione. Completamente libero il sito fratello Boston.com, seppure riservato alla lettura "leggera": breaking news, blog, foto, eventi sportivi.
Dunque si pagano gli approfondimenti,  gratis - ovvero pagato dalla pubblicità - il resto (compresi servizi non editoriali, come la vendita e l'acquisto di prodotti).

Si realizza, in questo modo, una netta scissione del contenuto editoriale (e come si è visto anche para-editoriale) attorno al criterio della qualità. A mio giudizio una piccola rivoluzione - peraltro realizzabile nell'ambito di un'unica piattaforma - che ha il merito di fissare una scala della qualità in funzione della quale attribuire un valore.  Uscendo dall'indistinto "rumore di fondo" del tutto gratuito.

martedì 6 settembre 2011

Bassa crescita e debito pubblico

Segnalo due interessanti lavori sulla crisi del debito sovrano italiano (qui e qui). Il primo è firmato da Aldo Lanfranconi (via noiseFromAmerika), il secondo è un infografica, curata da Giorgio Arfaras, via Linkiesta.



Contributi che indicano nella bassa crescita il problema strutturale del paese. L'Italia dal 2001 al 2008 - dunque prima della grande crisi - ha registrato un incremento del Pil pro-capite tra i più bassi dell'Unione europea. Nel 2011 il prodotto interno lordo pro-capite sarà inferiore a quello del 2001.
Crescita anemica che riflette il ristagno della produttività. Non stupiscono, così, i dati sui consumi privati sul Pil: tra i più bassi - alla pari con il Portogallo -, mentre la spesa pubblica è alimentata da trasferimenti alle imprese e alle famiglie.

Situazione difficile che rende decisamente incomprensibile il percorso di formazione dell'ennesima manovra correttiva. Un provvedimento solcato nella direzione dell'austerity - le potenzialità recessive sono enormi - e caratterizzato dalla totale assenza di misure per la crescita. Registro che nella giornata di ieri il Senato ha bocciato la liberalizzazione sull'orario di apertura dei negozi e sulle farmacie.

venerdì 2 settembre 2011

La nuova classe media

Secondo i dati dell'Asian Development Bank e dell'African Development Bank, un nuovo ceto medio si sta consolidando nei paesi emergenti. La tabella pubblicata (qui) dall'Economist indica una dinamica vivace, a partire dal 1990 (nonostante i limiti della definzione di "middle class", reddito pro capite 2-20 dollari al giorno). Altrettanto evidente la modesta crescita dell'Europa. E i dati riportati sono al netto delgli effetti della Grande crisi.


A proposito di ceto medio, le statistiche mostrano la progressiva erosione della propensione al risparmio delle famiglie italiane (qui, via Lavoce.info).

Tassi di risparmio famiglie al netto degli ammortamenti su reddito disponibile


In occasione del Workshop Ambrosetti a Cernobbio, le agenzie riferiscono di un clima “tetro” , dove si parla di più di recessione piuttosto che di ripresa (per la quale - a mio giudizio - l’appuntamento è rimandato almeno alla fine del 2012).

mercoledì 31 agosto 2011

La vita dopo la recessione

L’impatto della grande crisi sembra aver consegnato ai cittadini Usa molto più tempo libero, a discapito delle ore dedicate al lavoro. La ricerca è pubblicata sul Wsj (qui), su dati del Bureau of labor.

lunedì 29 agosto 2011

La crisi d'estate

Durante la pausa estiva ho seguito le vicende sulla crisi economica soprattutto sui giornali. Mentre l'accesso al web è stato irregolare e poco approfondito. L'impressione che ho ricavato - con tutti i limiti indicati nella premessa - è stata quella di una piccola rivincita dell'informazione istituzionale, ovvero quella scritta da giornalisti e addetti ai lavori. Il racconto della crisi si è sviluppato con maggiore efficienza - in termini di comprensione del problema - proprio in quei luoghi - sostanzialmente i quotidiani - che maggiormente hanno subito i colpi della comunicazione sociale diffusa.

Un segnale dell'immenso patrimonio che editori e categorie professionali che con essi operano hanno ancora sul mercato dell'informazione. Ma anche un segnale del compimento di un ecosistema  complesso.

venerdì 5 agosto 2011

Senza spina

Pierluca fa notare (qui, via Il Giornalaio) che durante l'estate internet non va in vacanza. La flessione relativa al mese di agosto si attesta, in termini di traffico, attorno al 13-15% (dati Audiweb, su ricerca di Giuseppe Ardizzone).
Una piccola percentuale, di cui farà parte il sottoscritto, almeno nella veste di contributore del blog.
Buone vacanze.

giovedì 4 agosto 2011

Debito pubblico e mappa del rating

La mappa pubblicata sul blog dell’agenzia Thomson Reuters (qui) visualizza il grado di solvibilità degli Stati. Il colore verde – ovvero la tripla A – segnala un alto grado di affidamento. Il rosso indica il default. Secondo Standard & Poor’s – l’infografica è realizzata su dati dell’agenzia di rating –, l’Italia è colorata di un verde tenue (come gran parte dell'Europa orientale) che indica un livello di rischio accettabile. Resto convinto che il problema del nostro paese sia prima di tutto politico.


Ballo

Al passo di un incanto si è fermato il ballo. Poi, lentamente, si è portato sul palmo della mano. Ed è iniziata la danza. Con un vortice che ha rinfrescato l’aria calda dell’estate.
Il dolore di stomaco si è perso nel ritmo. Ma c’è silenzio nella gola. Che stride con l'eccitazione. Che urta i benpensanti.
Intanto il mosaico di un viso si erge a difensore della moralità, gridando a tutti come sta andando il mondo. Alla luce di questa realtà, le note s’inerpicano tra il sudore e cadono sulla bocca serrata dei viventi.

lunedì 1 agosto 2011

Social media, l’ecosistema delle potenzialità

Socialnomics ha realizzato un video di circa due minuti per raccontare statistiche, numeri e modalità d’uso dei network sociali.



Al netto della retorica – supportata in questo senso dall’incalzante colonna sonora -, il lavoro fornisce a mio giudizio un’immagine reale dell’ecosistema della condivisione. Un ambiente, questo, le cui potenzialità – alcune già in atto – s’intrecciano e si sostituiscono ai modelli – di business e di comunicazione – provenienti da altri ecosistemi.

venerdì 29 luglio 2011

Il data journalism secondo il Guardian

“Data journalism is not graphics and visualisations. It's about telling the story in the best way possible”. E ancora: “You can become a top coder if you want. But the bigger task is to think about the data like a journalist, rather than an analyst”. (qui, Data journalism at the Guardian: what is it and how do we do it?)
Il Guardian ha pubblicato una breve guida al giornalismo di dati. Dieci tappe che illustrano filosofia, strumenti e obiettivi che ispirano il quotidiano britannico.
Interessante la spessa linea che lega i diversi passaggi: esce dai confini della tecnologia digitale – pure essendo l’architrave – per finire nella dimensione analogia tipica del lavoro di giornalista. Fatta d’intuito, errori e voglia di raccontare.

giovedì 28 luglio 2011

Enti pubblici e documenti ufficiali

SkyTruth è un sistema che combina documenti ufficiali provenienti da istituzioni pubbliche Usa - con funzioni di controllo del territorio - per fornire rapidamente informazioni sui disastri ambientali in corso. Il flusso delle notizie è montato su una mappa per localizzare i luoghi coinvolti in situazioni potenzialmente pericolose (la segnalazione della piattaforma qui, via Owni.eu, con un'interessante intervista al fondatore, John Amos).
SkyTruth è un esempio di come la tecnologia renda l'attività di comunicazione dell'amministrazione pubblica materia per realizzare strumenti ad alta utilità per la comunità. Oltre ad essere fonte di possibili approfondimenti giornalistici.

mercoledì 27 luglio 2011

A tutta velocità

Le breaking news corrono. Per definizione. E sulla velocità i social media non hanno rivali. Sono utilizzabili da chiunque, non sono inerenti a un’organizzazione, funzionano senza filtri (apparenti).
The Next Web, qui in "Social Media and new wave of journalism", fa un elenco – quasi un ripasso, visto che sono eventi noti – degli episodi in cui Twitter e affini hanno bruciato sul tempo i media tradizionali. Dall’attentato del 2008 di Bombay alla morte di bin Laden.

La sfida della velocità per gli editori è impari, già persa. Quella dell’approfondimento in tempo reale (o in tempi ragionevoli) probabilmente no. Perché informare, dopotutto, è fornire gli strumenti per la comprensione. Le breaking news sono un elemento di questo processo, forse neppure il più importante.

lunedì 25 luglio 2011

Il falso massacro di Al-Qaeda

Non solo in Italia (qui e qui, per esempio). Il Sun nella prima edizione del 23 luglio indicava il terrorismo islamico come autore degli attentati nel centro di Oslo e nell'isola di Utoya. Con tanto di titolo evocativo: "Norway's 9/11".
Pubblicazione frettolosa, fretta ideologica, che non ha risparmiato il più autorevole The Independent: l'analisi di Jerome Taylor (qui) s'inerpicava lungo i legami con gli Stati Uniti e l'alleanza Atlantica per spiegare come il paese scandinavo avesse tutti i numeri per diventare un obiettivo della jihad (segnalazione qui, via The Media Blog). 

Le breaking news sono il canovaccio ideale per l'improvvisazione "teatrale", alimentata dalla scarsa professionalità e dal pregiudizio.
Nulla di nuovo nel firmamento di giornali e riviste. Oggi, però, le reti digitali - con la loro memoria indelebile - sottopongono questi comportamenti alla critica. Immediata, pubblica, diffusa. Una novità, di per sé, dirompente.


venerdì 22 luglio 2011

Mercato del lavoro Usa: la timeline

Il Wall Street Journal (qui) ha pubblicato una timeline sull'andamento del mercato del lavoro negli Stati Uniti, a partire dal giugno 2009, mese in cui tecnicamente si è conclusa la recessione ed è iniziata la ripresa. Risultato interessante per la capacità di visualizzare dati lungo un asse temporale.
Una timeline riesce a indicare una "tendenza", una "direzione": qualità non trascurabile per l'informazione economico-finanziaria.

mercoledì 20 luglio 2011

Il gioco del debito pubblico

La creazione realizzata da American Public Media (segnalazione qui, via Chart Porn) utilizza le logiche del gioco per descrivere le complessità di gestione del denaro pubblico. L'uso non è immediato e richiede una certa dose di attenzione. Ma il grado di coinvolgimento e pure di divertimento che si raggiunge è degno di nota. L'economia "per tutti" passa anche attraverso questi strumenti.

martedì 19 luglio 2011

Articoli alternativi

L’uso veloce delle notizie condiziona non solo il contenuto – che privilegia argomenti leggeri, sotto l’egida dell’infotainment - ma anche le abitudini di lettura del prodotto editoriale. Un titolo e venti righe di testo guidano e determinano i comportamenti - compulsivi - del lettore.

La struttura portante dei siti d'informazione è ancora fondata sull'articolo che, nonostante link, interattività e condivisione, mantiene le proprie origini analogiche. Una narrazione di parole.

L’abilità dello scrivere continua a essere un elemento importante, ma le dinamiche della comunicazione digitale hanno introdotto nuove variabili che non possono essere ignorate. Un pezzo da 5/6.000 battute, che si sviluppa dall’apice del monitor e finisce giù in basso, negli inferi del pedice, ha alte probabilità d’essere abbandonato a metà strada.
In un post di qualche giorno fa Pierluca – via il Giornalaio – indicava la timeline come mezzo innovativo per raccontare la realtà (La Timeline del Processo ad Assange). La realizzazione, firmata nella specie da Effecinque, rappresenta la ricerca di un linguaggio alternativo, in grado di plasmare la narrazione sulle nuove piattaforme e sulle abitudini dei lettori su di esse formate.

A mio giudizio il principio guida di questa sperimentazione è quello del “tutto e subito”. Ovvero dare all’utente lettore la piena padronanza visiva dell’argomento nei suoi tratti essenziali. A pensarci bene è quello che avviene per un articolo su carta e non avviene per un lungo pezzo online. Un’informazione fotografica che “aggrega snack news” per rimandare al dopo l’eventuale approfondimento.

Storify ha forti potenzialità in questo senso, seppure fa maggiore utilizzo del testo e si sviluppa dall’alto verso in basso. Ma con modalità diverse, spezzando il racconto in tanti micro pezzi, aggregando risorse diverse prese dai media sociali. Con il vantaggio, peraltro, di non obbligare il lettore a cercare aggiornamenti su altri siti. E pure le infografiche, nonostante un certo abuso che non abbassa l'indubbio valore, si muovono sulla linea dell’informazione visiva e immediata.

I quotidiani online, soprattutto italiani, sono poco propensi nel sperimentare questi nuovi strumenti in forma intensiva ed efficiente. Lo sbilanciamento verso il classico articolo è evidente. Probabilmente è la migliore soluzione dal punto di vista dei costi e dei profitti. Anche se questa scelta impone la ricorsa assidua verso metriche pubblicitarie decisamente orientate verso la quantità.
La ricerca di nuovi strumenti narrativi potrebbe dare un valore diverso alla lettura online, un apprezzamento in grado – forse – di diminuire la dipendenza dal click selvaggio.

venerdì 8 luglio 2011

Mobilità globale

L'industria del "mobile" genera un giro d'affari da 1.300 miliardi di dollari, pari al 2% del Pil mondiale. Un mercato da sei miliardi di utenti, in crescita (qui la segnalazione, via ReadWriteWeb, della ricerca  "2011 State of the Global Mobile Industry").

La connessione in mobilità è in grado - e lo sta già facendo - di cambiare uso e consumo di beni e servizi, sopratutto di quelli ad alto tasso d'immaterialità. Da questa fiera sembrano esclusi giornali ed editori, probabilmente perché il contenuto editoriale è abbondante, considerato gratuito per diritto naturale e non è percepito come essenziale.
Il rischio, peraltro in parte attuale, è che diventi veicolo promozionale e di vendita. Di altri prodotti.

giovedì 7 luglio 2011

La famiglia del New York Times

Chi ha sottoscritto un abbonamento al Nyt potrà condividere l'accesso alle piattaforme digitali – tablet, smartphone e web – con un componente familiare (qui Megan Garber, Nieman, Nieman Journalism Lab).


Una mossa che intende offrire anche alle versioni digitali la possibilità, come avviene per lo stampato, d'uso promiscuo nell'ambito della comunità familiare. Lo share al posto del passaggio di mano in mano.

mercoledì 6 luglio 2011

Tempi difficili

La crisi per gli editori Usa è tutt'altro che finita. La raccolta pubblicitaria ha registrato un – 4,7% negli ultimi quattro mesi del 2010 (anno su anno). Ancora peggio per il primo quarter del 2011: - 7%.

Perdite che hanno avuto ripercussioni sulla capitalizzazione di ciascuna compagnia.


La crescita dei ricavi nei nuovi mercati – tablet, pay wall, advertising online – resta lenta e con un tasso di sostituzione deficitario per gli editori.
Qui l'analisi completa, Rick Edmonds, via Poynter.

martedì 5 luglio 2011

L’indifferenza dei netv utenti

Stefano Epifani trova inquietante l’indifferenza della Rete alla delibera Agcom (qui, via Punto Informatico).
La tabella pubblicata da Stefano e che riporto qui sotto è eloquente. I riferimenti a Tamarreide (rosso) hanno un volume ben superiore a quelli di Agcom (blu).

 

Una massa di utenti silenziosa e affaccendata nella ricerca di notizie sportive, di gossip. E’ l’infotainment.
Non sono particolarmente sorpreso. I dati del traffico online rivelano la presenza costante di una massa – la grande maggioranza – che utilizza la Rete come una televisione di scorta. L’agenda editoriale non mostra soluzione di continuità tra i due media. Dei netv utenti, come agenti protagonisti del web nostrano, ho discusso in occasione del Festival del giornalismo dello scorso aprile (qui, "Chi vende le notizie? Appunti convergenti").

lunedì 4 luglio 2011

Il giornalismo di Facebook

Paul Bradshaw, College of Journalism, ha trasferito il suo blog, per un mese, su Facebook. Esperimento concluso con una semi bocciatura della piattaforma come luogo per fare giornalismo.
Difficoltà d’uso, preferenza per le polemiche e assenza di una search, sono i difetti riscontrati (e argomentati) dal giornalista inglese (qui).
Facebook - è il giudizio conclusivo - è un ottimo strumento per fare net strategy: un canale distributivo per valorizzare i contenuti. Prodotti altrove, però.

venerdì 1 luglio 2011

Economia for dummies

Ho raccolto e visualizzato, utilizzando Wordle, la complessità della realtà economica.


La complessità non è una novità rispetto al passato. Ma oggi, mentre di sta indebolendo il welfare creato negli anni ’70 – di cui fa parte il rapporto tutelato e indeterminato con un’azienda -, la comprensione di queste dinamiche costituisce un elemento fondamentale per la costruzione di una cittadinanza matura e consapevole. Compito che dovrebbe essere a carico dell’informazione istituzionale e che – viste le conoscenze professionali richieste – la mettono ancora in posizione di vantaggio rispetto all’ecosistema sociale.

In forma sintetica ho rappresentato come dovrebbe lavorare una redazione che intenda fare informazione economica-giuridica per i propri lettori e non in maniera autoreferenziale.
Il tema - evidentemente- è solo abbozzato.


 

giovedì 30 giugno 2011

Chat newspaper

Una chat per dialogare su linea editoriale e sugli articoli da pubblicare. La sperimentazione è condotta da Norran, un quotidiano svedese, che spinge nella direzione della trasparenza e del coinvolgimento, per rendere più saldo il rapporto con i lettori. E la fa - particolare importante - usando una piattaforma proprietaria (segnalazione via journalism.co.uk, qui). Un'iniziativa che sembra abbia portato risultati positivi sia sul traffico generato sia sulla raccolta pubblicitaria.

Ascoltare e formare, alimentare una comunità sono azioni tipiche dell'attività di un giornale. Potenzialmente l'esperimento chat può rafforzare il legame con il lettore e recuperare il terreno perso dopo l'affermazione dei social network e delle reti digitali. Non è un percorso facile, ma tra le sfide, i giornali hanno pure quella di ritornare a essere l'interpreti di un sentire comune a un gruppo, delimitato per interessi economici o, più semplicemente, per contiguità geografica.

mercoledì 29 giugno 2011

Due mondi


Il pianeta Terra ospita ancora due mondi. Nonostante la globalizzazione abbia ridotto le distanze e diversi paesi puntino con decisione essere inglobati dal primo.
Ma per ora c'è un Occidente (Usa e Europa) ricco, dove si vive di più e ci si ammala di meno. E dove il tasso d'inquinamento è sensibilmente maggiore rispetto ad altre regioni.

"Dove e come viviamo" è la fotografia scattata dall'ottima infografica realizzata (qui) dal National Geographic. Una mappa visuale sulla distribuzione delle ricchezze e delle ingiustizie.

martedì 28 giugno 2011

Verso il tempo della censura



6 luglio 2011. Da questa data, i contenuti che violano le norme sul copyright potranno essere rimossi dalle piattaforme online – ovvero blog e siti web – direttamente dall’intervento dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni (Agcom). Non è prevista la presenza di un organo giurisdizionale.
E' quanto prevede una delibera che sta per essere approvata dall'Agcom.

L’intero procedimento è scandito da tempi brevi – cinque giorni di tempo per il contraddittorio – che prende il via dalla segnalazione del presunto titolare del diritto d’autore. Se la segnalazione è ritenuta fondata dovranno essere eliminati i contenuti lesivi del copyright dalla società che gestisce l’accesso a internet. L’utente del blog o del sito non ha diritto a essere informato.
E per quanto riguarda le azioni previste nel caso di violazioni ascrivibili a siti esteri, la delibera affida all’Authority poteri cautelari - potenzialmente lesivi della libertà d’espressione - attribuiti dall'ordinamento alla magistratura.
4. Adozione del provvedimento di ordine alla rimozione – Se l’Autorità, all’esito delle verifiche in contraddittorio, ritiene violata la normativa in tema di diritto d’autore, ordina senza ritardo al gestore del sito o al fornitore del servizio di media audiovisivo, anche per via telematica, l’immediata rimozione del materiale trasmesso in violazione …e possibilità, in casi estremi e previo contraddittorio, dell’inibizione del nome del sito web, ovvero dell’indirizzo IP, analogamente a quanto già avviene per i casi di offerta, attraverso la rete telematica, di giochi, lotterie, scommesse o concorsi in assenza di autorizzazione, ovvero per i casi di pedopornografia. (punto 4, paragrafo 3.5 della delibera, via L’angolo di Pierani, qui).
La mobilitazione e le iniziative in rete contro la delibera Agcom, sono soprattutto organizzate attorno all’attività di Agorà digitale (qui).
Segnalo altre risorse:
- L’angolo di Pierani (qui), analisi e commenti sui punti della delibera,
- Guido Scorza (qui via Wired) con un’analisi sulle motivazioni giuridiche e politiche del provvedimento,
- Pino Bruno (qui), sulle reazioni giuridiche al provvedimento, con riferimento al possibile ricorso alla Corte di giustizia europea,
- Marco Bardazzi (qui), un bel pezzo sulle opinioni pro e contro la delibera,
- Vittorio Zambardino (qui) sull'inazione dei censurati (“reagisci Italia”),
- Il gruppo di Facebook (qui).

lunedì 27 giugno 2011

L’asteroide 2011 MD

In questi giorni la Terra è “sfiorata” da un piccolo asteroide. Un corpo roccioso del diametro di dieci metri sta passando a circa 12mila chilometri. Nessun allarme, sono episodi frequenti. E il destino di questi corpi celesti è segnato, se l’orbita entra in collisione con quella terrestre, finiscono distrutti dall’impatto con l’atmosfera.

Il viaggio di 2011 MD è giunto alla mia attenzione, via Storyful (qui), grazie a un pezzo realizzato - come da “statuto” - in modalità patchwork. L’effetto, conseguente all’aggregazione di fonti diverse – tweet, video, blog e note dell’autore -, è interessante. Si riescono a coniugare due momenti tendenzialmente inconciliabili, ovvero la lettura veloce – le snack news -, e il possibile approfondimento. Risultato ottenuto in maniera più coinvolgente – generando frequenti stimoli all'attenzione del lettore – rispetto a un breve articolo corredato da un elenco di link.
Il prodotto Storyful è una sperimentazione da seguire con attenzione.

giovedì 23 giugno 2011

User generated content

L’auto-comunicazione  di massa tocca le forme di maggiore intensità attraverso l’upload di video e foto, scritti sulle piattaforme digitali. Attività che generano numeri incredibili e un consistente fatturato (da cui sono del tutto esclusi gli autori dei contenuti). L’infografica segnalata qui da The Next Web offre un’interessante fotografia del fenomeno.

mercoledì 22 giugno 2011

Amazon e l’illusione della libertà

Il signor John Locke ha venduto più di un milione di copie su Kindle, utilizzando la piattaforma di self-publishing di Amazon (qui, via editorsweblog.org e qui, via MarketWatch).
Notizia potenzialmente densa di conseguenze per gli editori tradizionali. Si affacciano sul mercato – con una presenza più che visibile – i cosiddetti autori “indipendenti”, in grado di fare a meno dell'attività d’intermediazione culturale e industriale svolta dalle case editrici.

La pericolosità del fenomeno è inversamente proporzionale all’inazione. Se gli editori si arroccano su posizioni di rendita, scarsamente innovative, aumenteranno sensibilmente le probabilità che la schiera degli scrittori “autonomi” possa erodere fatturato e profitto.

Un futuro senza editori è possibile? Non sarebbe una novità. Nella storia dell’umanità la presenza di organizzazioni industriali, dedite alla produzione e alla diffusione di opere intellettuali, occupa un breve periodo. Per secoli, potere temporale e spirituale, attraverso il mecenatismo, hanno gestito la trasmissione del sapere.
Se la parentesi di Gutenberg si chiudesse, i nuovi protagonisti sarebbero le piattaforme di distribuzione digitale. Piattaforme proprietarie che legittimamente perseguono il fine del guadagno. Naturalmente le garanzie a tutela della libertà d’espressione non sarebbero maggiori rispetto a quelle fornite, per esempio, da Mondadori o Rcs

Certo ci sarebbe, almeno all’inizio, l’illusione di poter disporre di strumenti capaci di coltivare e fare esplodere, nella sua pienezza, l'aspirazione verso forme di comunicazione senza controllo preventivo.
Ma il rischio di subire profonde delusioni è tutt’altro che remoto, perché l’agire online ha gli stessi effetti di un urlo allo stadio, ovvero, nonostante il volume, passa assolutamente inosservato. A meno che quell’urlo non sia ospitato da strutture industriali, tendenzialmente monopoliste, capaci di vendere il prodotto ai propri clienti/utenti.