sabato 16 aprile 2011

Chi vende le notizie? Appunti convergenti

Il 14 aprile, nell'ambito del Festival del festival del giornalismo di Perugia, ho avuto il piacere di partecipare al panel "Chi vende le notizie? Distribuzione dell'informazione: visioni e modelli per la convergenza editoriale". Moderato da Pier Luca Santoro, al panel hanno partecipato Filippo Pretolani (fondatore e Ceo Gallizio Editore), Alessandro Sisti (Coo multimedia gruppo Corriere dello Sport), Domitilla Ferrari (social media strategist nella direzione generale digital di Arnoldo Mondadori Editore) e Amilcare Digiuni (segretario nazionale responsabile organizzazione Sinagi).

Pier Luca Santoro ha realizzato un'ottima sintesi del lavoro (qui, via Il Giornalaio), offrendo una visualizzazione dei concetti emersi.
Domitilla Ferrari in questo post (via Semerssuaq*), racconta la sua partecipazione. Un intervento che ha riportato al centro dell'informazione il lettore come persona, fuori dalla logica utente unico/pagine viste/copie vendute.
Logica sui cui ho insistito io. Un po' provocatoriamente, molto per esperienza diretta.
Di seguito gli appunti di quello che ho detto, di quello che avrei voluto dire e di quello che dirò. Un giorno.

=> Se si discute dove va l'informazione, che forme sta assumendo – con l’intera filiera produttiva che sta attorno – l’ambito territoriale del ragionamento valica il confine segnato dai giornali. Sul web molti lettori s’informano attraverso i portali.

["Adulti e anziani dichiarano di informarsi più spesso e con più assiduità rispetto ai giovani. L’impressione è che questa differenza evidenzi un nuovo modo di fruire l’informazione che nel caso dei giovani è meno sistematico e più “opportunistico”: a puzzle. Il 60,9% degli online news consumer (51,1% della popolazione ma 93,8% nella fascia 18-29 anni) si informano infatti attraverso portali internet che aggregano notizie come Google News, MSN e Libero notizie, nel 62,7% dei casi utilizza fra 2 e 5 siti web per informarsi, nel 23% dei casi ottiene informazioni da altre persone o organizzazioni seguite su Facebook (inclusi parenti e amici personali) e nell’84,5% dei casi dichiara di gradire imbattersi in notizie e informazioni che riguardano argomenti sui quali non si erano soffermati in precedenza (contro un 73,5% del resto del campione). Gli online news consumer sono inoltre più critici nei confronti del sistema dei media (solo la metà si fida della TV – contro il 63,2% dei consumatori offline – 82,9% ritiene che la maggior parte delle fonti di informazione siano schierate e il 75,7% che vi siano notizie rilevanti volutamente omesse)…"  (qui, "Le news e gli italiani: dalla carta stampata, alla rete al mobile
. L’informazione: da rito a puzzle", LaRica-Laboratorio di ricerca comunicazione avanzata]
=> Dall’esame allargato cosa si deduce? Che soprattutto nei luoghi – chiamiamoli così – non realizzati da editori tradizionali l’info light è presente in maniera massiccia, anzi ne è l’ossatura.
Si pubblica ciò che il lettore vuole leggere (in molte di queste realtà si cambiano, in tempo reale, foto e titoli in funzione dei click), nei quotidiani “tradizionali”, l’uso dell’informazione, pur tendendo verso quella direzione, tiene dei margini meno coinvolti dall’entertainment.
Da questa constatazione si aprono due sottoinsiemi di ragionamento.
Uno. Le modalità d’uso del web sono diverse , a un uso competente e consapevole, si affianca un uso “primordiale” del pubblico a bassa intensità informatica. Io penso che questo pubblico sia la maggioranza.
Due. L’agenda televisiva – medium dominante e agente informante del pubblico italiano – determina gusti e uso dell’informazione, anche sul web.
[Esiste, a mio giudizio, un diffusa riproduzione di massa che deriva direttamente dal mezzo televisivo. Riproduzione perché altri media, a cominciare da quelli digitali, propongono – anche se sotto forme diverse – il palinsesto televisivo. Messaggi che entrando, poi, nella piattaforma digitale, tendono ad auto-riprodursi e a diventare auto-comunicazione di massa (così come definita da Manuel Castells, "Comunicazione e potere")].  
=> Questa massa di utenti dediti a un’informazione leggera e a basso tasso d’impegno tecnologico può diventare un’opportunità. In Italia il web – credo per la prima volta – ha consentito a un numero crescente di persone di accedere alle notizie attraverso un mezzo che non è quello televisivo, seppure – per ora – è pesantemente influenzato.
Si legge, con modalità nuove, ma si legge, ed è possibile guardare video non necessariamente televisivi.

=> Un’opportunità che presuppone non solo l’abilità di cogliere il profumo dell’informazione, ma soprattutto il profumo (e spesso l’odore) dell’utente/lettore.
Chi comunica non solo deve saper scrivere. Deve essere consapevole d’utilizzare metodi e processi diversi rispetto al passato per la gestione dei fatti. E infine, in maniera ancora più accentuata rispetto a ieri, deve conoscere per chi scrive, con quale pubblico interagisce (significativo il panel che ora utilizzano i giornalisti del Washington Post, qui). Compito del tutto nuovo – tutto sommato - che presuppone la conoscenza “fisica” dei comportamenti del lettore. 
[Dove lavoro, in Virgilio.it, abbiamo avuto per circa tre anni i commenti aperti, il post sul commentario non era subordinato ad alcuna registrazione e tendenzialmente senza censura. In molti pezzi su temi caldi – le tasse, le questioni politiche – ho notato che la discussione – vivace – era determinata in funzione del titolo e delle prime righe di testo.
Ho un dubbio: la lettura dall’alto in basso è una soluzione valida? Perché non escogitare soluzioni orizzontali di lettura? E comunque: non è doloroso, per chi scrive, sapere che i lettori giungono a conclusioni parziali e sono, dunque, male informati?]
=> Altra considerazione: quanto si punta sui lettori office (ovvero che accedono ai prodotti online dal lavoro) e quanto su quelli in mobilità e da casa? I numeri, che consulto da anni, dicono che i primi sono la netta maggioranza, pur non essendo trascurabili gli altri. Ecco questo è un altro elemento da mettere nell’amalgama dell’informazione di domani, evitando false mistificazioni e improbabili speranze, come quello che sta avvenendo con i tablet.

=> Dobbiamo avere la capacità di convergere verso un prodotto-giornale modulare che fornisca la propria capacità informativa in funzione del tipo di utente, del mezzo usato, del momento e del luogo.
E un simile risultato può essere raggiunto unicamente attraverso una convergenza editoriale e industriale, per realizzare le migliori sinergie.
La convergenza editoriale come garanza di equilibrio economico, in grado di consolidare il valore della carta (vendite e raccolta pubblicitaria) che in Italia ancora per lungo tempo sarà la fonte principale di guadagni (anche se, come si sa, in contrazione).

=> L’online come supporto al rafforzamento del valore della carta. Occorre creare un “unicum”, un ambiente online modulare che si muovi su piani diversi: il divulgativo che, nello stesso tempo, faccia da apripista agli approfondimenti e conduca alla sottoscrizione di abbonamenti su carta o a formule freemium. Un’operazione che comunque consenta di non abbandonare il mercato della raccolta pubblicitaria su web, piccolo, ma in forte e progressiva crescita.

Nessun commento:

Posta un commento