venerdì 30 aprile 2010

Fiat auto e i giornali

In futuro Fiat sarà suddivisa in due società. Camion (Iveco) e trattori (Cnh) confluiranno in Fiat industrial.

A Fiat resteranno le auto, la componentistica e tutte le partecipazioni delle società editoriali. Ovvero il controllo della Stampa e del 10% di Rcs (Corriere della Sera). Su questa strana scelta ne parla Riccardo Puglisi in Lavoce.info.

giovedì 29 aprile 2010

Hugo Chávez sbarca su Twitter




Il presidente del Venezuela sedotto dai social network. Da qualche giorno ha aperto la sua pagina su Twitter: chavezcandanga. E nonostante sia conosciuto per la sua loquacità – famosi i suoi lunghissimi discorsi televisivi -, Chavez si dimostra abile utilizzatore del microblogging.

La mossa è piaciuta ai fan – i followers sono quasi 100mila - del “Presidente de la República Bolivariana de Venezuela. Soldado Bolivariano, Socialista y Antiimperialista” (la Bio).
Tanto che si è sentito in dovere di ringraziare, sforando, però, le 140 battute:

Hola mis queridos Candangueros y Candangueras. Esto ha sido una explosión inesperada. Gracias.Thanks. Ahora en Barinas con Evo. Venceremos!!

mercoledì 28 aprile 2010

Giornali online, brutti e cattivi

Segnalo l’analisi di Frédèric Filloux (in Mondaynote) sul design e sulla struttura dei quotidiani online. La versione in italiano è pubblicata qui in Lsdi, qui la versione originale.

Per il giornalista gli attuali siti sono la traslazione tout court della vecchia grafica cartacea. Soluzione che porta a un “quasi fallimento” su tre elementi critici:
1) mancanza di originalità (test dell’identità), tutte le versioni si assomigliano,
2) inefficienza nel presentare la notizia (test della personalità), in un giornale tradizionale “le dimensioni dei titoli e delle immagini, lo spazio dedicato agli articoli, le angolazioni, tutto vi dà una idea chiara del piatto del giorno”,
3) assenza della casualità (test della serendipità), ovvero “la capacità di scoprire qualcosa che non stavamo cercando, una sorta di scoperta accidentale…”.

Le riflessioni di Filloux sono condivisibili? Forse sulla grafica. Anche se sembra che le critiche riguardino il mezzo fisico – il monitor – su cui si leggono le notizie.
Tutto il discorso si regge sull’assioma giornale come sistema chiuso, che vive di vita propria. Proprio come la versione di carta. Non è causale l’elogio dell’iPad e simili (LBDS, Lean Back Devices), che “potrebbero essere il legame mancante per il consumo dei media moderni”.
Oggi – in rete - il giornale online fa parte di un ambiente informativo. E ciò è già una risposta al test della serendipità. La scoperta casuale, trovare quello che non si cercava, credo sia una della peculiarità dell’ipertesto.

La tesi di fondo di Filloux è che un sistema chiuso, protetto, anche nei contenuti, è più originale ed è in grado di “far tornare alla ribalta nozioni come fiducia e affinità e… aprire la strada a un’esperienza di lettura più profonda”.

Tentando una semplificazione, con i suoi rischi, il dibattito sul futuro dei giornali si sta muovendo su due macro direttrici.
La prima: contenuti a pagamento, sistemi chiusi, in ambiente cool – iPad -, in cambio di qualità, originalità, ecc, ecc.
La seconda: contenuti gratis, ovvero grafica dei siti scadente e scarsa cura editoriale.

Una sintesi dialettica è necessaria.

martedì 27 aprile 2010

Contenuti a pagamento, il Washington Post sull’argine del fiume

Nella lista di coloro che vogliono mettere fine al tutto gratis, per ora, non c’è il quotidiano statunitense. Lo ha detto Boisfeulliet Jones Jr, vice presidente della Washington Post Company.
Wait and see”, ha affermato Mr Jones. Ovvero aspettare e vedere cosa fanno gli altri.

Il New York Times dal 2011 dovrebbe lanciare la formula dell’abbonamento elastico. Ovvero consentire la visualizzazione degli articoli ai visitatori occasionali. Dopo un certo numero di consultazioni scatta la richiesta di pagamento. La formula è soft, ma la sostanza non cambia: si paga.
La medesima scelta è adottata dal Financial Times, sottoscrizione dopo 10 articoli letti. Il Wall Street Journal per gli articoli di maggior valore chiede l’abbonamento, al prezzo di 1,99 dollari la settimana.

I dubbi del Post sono un bel segnale sui rischi del passaggio a un sistema chiuso. La formula a pagamento è quelle più facile, la reazione riflessa. Tutto da verificare che sia quella giusta.

Perplessità condivise pure in Italia, paese storicamente reticente ai pagamenti, soprattutto se si tratta di acquistare merce considerata oramai gratuita ex lege.
Ecco cosa ha detto Maurizio Costa amministratore delegato di Mondadori: “il modello di business dell'editoria digitale non è legato a un sistema di pagamento dei siti, un sistema molto difficile da consolidare”.

Il futuro dirà se questa sarà la scelta degli editori italiani, oppure se qualcuno si farà sedurre da sottoscrizioni e abbonamenti.
Forse Il Sole 24 Ore? Secondo alcune voci, il quotidiano di Confindustria potrebbe passare al pagamento, almeno per una parte dei suoi contenuti.

lunedì 26 aprile 2010

News online e tasse

Secondo rivelazioni Nielsen per Nova 24 (pagina 12, allegato a Il Sole 24 Ore del 22 aprile 2010) i primi cinque siti d’informazione raccolgono l’80% del traffico. In un anno i lettori di news online sono passati da 10,8 a 14 milioni. La crescita del traffico sui siti di notizie ha registrato un incremento del 28% più della crescita media di internet(+10%).

Ancora Nielsen, negli Usa, ha registrato un record, nel periodo gennaio – aprile, per i siti dei quotidiani: 74,4 milioni di utenti unici per mese, ovvero il 37% di tutti navigatori della rete.
Nonostante questi risultati, gli editori sono alle prese con pressanti problemi di bilancio.

Sul finire della scorsa settimana, la Fieg, per bocca del sui presidente Carlo Malinconico, ha proposto l’introduzione di un’imposta da fare pagare a tutti gli utenti internet. Sarebbe una soluzione temporanea, destinata a creare un fondo per le case editrici.
La proposta ha sollevato numerose proteste. L’uso dello strumento fiscale è odioso, sia perché colpisce tutti, anche chi usa la rete solo per giocare, sia perché è il consueto ricorso al pubblico e alle tasche dei cittadini. Quasi un premio all’inazione.

Ma sparare sugli editori è sciocco. I dati sul traffico sono chiari. I siti dei giornali sono quelli più frequentati. L’informazione tradizionale, pur declinata in bit, è tutt’altro che morta.
Resto convinto che, per la maggior parte dei lettori, la novità è l’accesso alle notizie gratis, su un monitor. Il popolo di chi s’informa sui blogger, sui siti iper-verticali delle università o dei centri di ricerca è piccolo, di nicchia.
La maggioranza continua ad aver bisogno dell’intermediazione di giornalisti alle dipendenze di testate, regolarmente "registrate e vidimate"

Un orizzonte che non può non gettare nella più cupa delle frustrazioni gli editori, sempre più popolari, sempre più poveri. L’introduzione di una tassa serve a poco, perché non è una svolta strutturale. Per quella occorre percorrere nuove strade, trovare diversi modelli di business (per esempio un mix tra lettura gratuita e a pagamento, tool di servizi), che possano valorizzare le performance sul web.

venerdì 23 aprile 2010

La dittatura del territorio

La Lega Nord vince le elezioni perché è presente sul territorio. Nuove iniziative editoriali puntano su giornali radicati sul territorio. La pubblicità funziona meglio se diffusa sul territorio.

Dunque il territorio. Ma cos’è? Il quartiere? Il paese? La città? La regione? Oppure è il ducato? O il principato?

E quali sono le notizie del territorio? Una buca da asfaltare? I marocchini al semaforo? I treni in ritardo?

Però il partito/giornale difende i valori del territorio? Già, ma quali? Quelli dell’omelia del prete della parrocchia “sotto il monte”? E se quelli giusti fossero nell’omelia del prete della parrocchia di “sopra il monte”?

La risposta a una società infinitamente più complessa, rispetto a quella di solo qualche anno fa – connessa, più vicina nel suo insieme – sembra sia – forse per autodifesa, generata anche dalla paura – la semplificazione. Che non è reale, è un prodotto virtuale.
E così a Milano si mangia il panettone, a Napoli la pizza. A Roma l’abbacchio.

giovedì 22 aprile 2010

Google, operazione trasparenza

Sul blog ufficiale è disponibile la mappa delle richieste d’informazioni degli Stati al motore di ricerca.
Non è sempre censura, spesso dietro all’azione dei governi ci sono indagini contro il crimine e la pedo-pornografia.

Editoria professionale in salsa tecnologica

Figlia di un dio minore. Polverosa. L’editoria professionale non gode di una grande fama tra gli addetti ai lavori. Giudizio formulato più sulla scarsa conoscenza che su dati reali. Perché il settore ha sempre mostrato un’ottima capacità nell’interpretare i cambiamenti.
Le soluzioni innovative, a volte anche artigianali, sono ben presenti nel suo modo di fare informazione.

Negli anni ’90 gli editori di settore lanciarono i cd-rom come prodotti editoriali di successo.
E ancora: erano inviate newsletter quotidiane via etere – una specie di televideo -, leggibili da pc.
Fino alle soluzioni caserecce, come mandare fax di aggiornamento agli abbonati.
Indubbiamente una buona dose di creatività, coadiuvata da precisa conoscenza dei bisogni informativi dei lettori.

Predisposizione all’innovazione che non si è persa nel tempo.
Ipsoa editore (Wolters Kluwer) da quasi un anno ha una piattaforma di blog – Postilla - per avvocati, commercialisti e operatori giuridici in genere.
I quotidiani normativi (da Ipsoa e Eutekne i più completi), disponibili a pagamento, sono nuovi non solo nella forma adottata, ma anche nel linguaggio utilizzato
Il gruppo Maggioli, invece, offre interessanti soluzioni per il mobile.

Le soluzioni proposte possono far sorridere chi si occupa di web, eppure per questo settore – così di nicchia, così legato alla tradizione e alle “corporazioni” – lo sforzo è tutt’altro che irrilevante. Anzi dimostra una capacità di adattamento al ecosistema informativo d’inizio millennio, poco conosciuta nell’editoria cosiderata più nobile.

martedì 20 aprile 2010

Si legge di più, si comprano meno giornali

Sono le nuove tecnologie, bellezza. Si guarda di più la televisione, si leggono più notizie, si spende più tempo nei social network. Ma si comprano meno quotidiani e i lettori sono poco propensi a sottoscrivere abbonamenti online.
La fotografia del consumatore moderno arriva dal Regno Unito, grazie a un’indagine realizzata da Kpmg (pubblicata sul The Guardian).

E’ il paradosso dell’evo tecnologico, la società iper-informata, quella della comunicazione di massa, sembra voler fare a meno di chi fa le notizie. La diffusione dei giornali britanni è in picchiata: - 16% rispetto a un anno fa. Su paidContent:Uk sono riportati i dati delle vendite aggiornati al 16 aprile.

Due dati del lavoro di Kpmg da evidenziare: l’88% degli intervistati dice di usufruire notizie in modalità gratuita, solo il 10% è disposto a pagare.

Dunque c’è una forte domanda che però non aumenta i prezzi. Meccanismo che, peraltro, s’innesca in presenza di un’offerta scarsa. La conclusione sembra abbastanza ovvia: l’offerta di notizie è abbondante.
Gli editori che stanno pianificando svolte a pagamento dovranno fare bene i loro conti. Soprattutto se agiscono in ordine sparso.

lunedì 19 aprile 2010

Portali generalisti: così tutti uguali

Il titolo è la parafrasi di un articolo di Aldo Grasso pubblicato sul Corriere: Tg generalisti: così tutti uguali.
Partendo dall’esame dell’audience dei telegiornali, in sensibile calo a parte i tg su satellite e digitale terrestre, il critico televisivo conclude con un interrogativo: “I tg generalisti si assomigliano tutti, sempre di più: sarà questa la ragione per cui in tanti iniziano a cercare altre modalità per informarsi?”.

Forse sì, i lettori hanno oggi diversi canali per informarsi. Ma lo spettro dell’omologazione è presente ovunque. Anche su web.

La maggior parte degli utenti in rete utilizza i portali generalisti che non sono un esempio di originalità. Per Il taglio degli articoli, per gli argomenti e per i servizi. E lo stesso dicasi per Repubblica, Corriere e La Stampa nelle versioni online.

Sembra quasi che la diversità – nel sistema informativo attuale – si realizzai attraverso la moltiplicazione dei media – giornali, Tv, web, mobile -, ma che questo – in applicazione della legge economica della scarsità delle materie prime, ovvero le notizie – costringa il sistema a ripetersi, nei formati e negli argomenti. Un po’ come nei canali sat verticali: dovendo trasmettere programmi per 24 ore al giorno, tutti i giorni del mese, per tutti i mesi dell'anno, si riempiono i palinsesti di repliche.

domenica 18 aprile 2010

il Post, un nuovo quotidiano online

Debutta martedì prossimo il giornale diretto da Luca Sofri. Cinque redattori, individuati attraverso la rete, con l'intenzione di rifarsi ai siti d'informazione online come come Huffington Post, Daily Beast e Slate.
Il quotidiano nasce - secondo le parole dello stesso Sofri - con lo scopo di diventare un aggregatore, dove le notizie non saranno prodotte, ma raccontate. "Qualità e velocità" i punti di forza per competere con i giornali nazionali.
La raccolta pubblicitaria sarà la principale risorsa per finanziare la società, di cui fa parte Banzai, che amministra il Post.

venerdì 16 aprile 2010

Giornalismo dal basso o comunicazione di massa?

Marco Pratellesi, Mediablog, riporta l’intervento di David Randall, senior editor del settimanale Independent on Sunday di Londra, tenuto in occasione del seminario di formazione “Giornalisti nonostante” (Roma).

Il giornalista britannico è critico verso il citizen journalism e i blogger.
«… l’idea che i cittadini giornalisti vadano a sostituire persone come noi è assolutamente folle. È come parlare di un cittadino dentista. Quello che noi siamo è una risorsa. La maggior parte dei blogger sono lì seduti in camera in pigiama, si grattano la testa e scrivono quello che pensano, ma è semplicemente quello che pensano», ha detto Randall.
Forse la critica è troppo dura e l’immagine di principianti in pigiama esagerata, ma condivido la critica. E con questo non voglio difendere ordini e corporazioni di mestiere.

Per raccontare dei fatti è necessario un bagaglio professionale. Imprescindibile. Non è un caso che i blog più diffusi della Penisola appartengano giornalisti.

La blogosfera, Twitter e suoi simili, sono importantissimi, ma rappresentano una fonte. Materiale da valutare e plasmare per realizzare la notizia. Oppure sono un canale, un media.
Ovviamente accanto a un giornalismo di qualità può coesistere la comunicazione di massa che in qualche caso è pure informazione. Ma non sempre.

E’ il caso, per esempio, di Twitter, spesso citato come un nuovo modo di fare giornalismo dal basso. Prendiamo due tragici eventi dello scorso anno. Il terremoto de L’Aquila e l’incidente aereo in Brasile.
Primo caso. La comparsa su Twitter di messaggi a pochi minuti dall’evento è portata come case history dell’efficienza del social network. E’ vero, i post hanno anticipato le agenzie giornalistiche, ma non hanno fatto giornalismo. Hanno comunicato un evento, sotto la pressione dell’emozione. Fatti “grezzi”, da valutare. Il blocco di marmo per lo scultore.
Secondo caso, l’incidente aereo. Come se la sono cavata i giornalisti di base? Male. Qui l’accesso all'evento è stato a totale appannaggio dei professionisti. Senza testate, senza giornalisti. Senza la filiera produttiva dell’informazione, i blogger avrebbero scritto poco – o nulla –.

giovedì 15 aprile 2010

iPad, tutti felici. Ma il web è altra cosa

Un articolo di Maria Conde, postato da Editors Weblog, passa in rassegna le recensioni pubblicate sui più diffusi quotidiani in lingua inglese. I giudizi sono unanimemente positivi.
Ipad convince sia come computer ultrasottile sia come e-reader.

Io sono convinto che il nuovo prodotto avrà un ottimo successo come device per giochi (il 35% dei download), per lavorare (pure), per navigare.
I giornali, invece, faranno molta fatica ad affermasi. Perché sono applicazioni chiuse. Gli utenti sono abituati a leggere news sul web, potendo contemporaneamente condividere contenuti, passare da un sito all’altro. Insomma quello fanno tutti i giorni in rete. Almeno fino a oggi.
Per quale motivo dovrebbero tornare al passato, dovendo pure pagare un prezzo?

mercoledì 14 aprile 2010

Investimenti pubblicitari, luce in fondo al tunnel

Nel primo bimestre del 2010 gli investimenti pubblicitari sono cresciuti del +2,7%, rispetto allo stesso periodo del 2009. Per un giro d’affari di quasi 1,3 miliardi di euro.
La televisione – nel suo insieme, generalista e satellitare – registra una crescita del 4,9%. Ottime le performance per cinema, +23,7% e radio, + 11%. Prosegue la crescita di internet, +3,8%.
Sulla stampa i risultati sono contrastanti. Nel suo insieme gli investimenti sono calati del 4,3%. Ma i quotidiani segnano un piccolo segnale di ripresa: +1%. Ancora in piena crisi i periodici, - 14,1% e la free-press, -6,7%.
Fonte: Prima Comunicazione su dati Nielsen Media Research

C’era il tempo dei commenti anonimi

Dopo aver imperversato su tutti i siti d’informazione, sono in via di estinzione. Strateghi ed esperti di comunicazione si sono accorti che scrivere, dietro la garanzia dell’anonimato – comunque fittizia – libera i peggiori istinti umani.

Ma nella svolta c’è poco di etico, più semplicemente la decisione è stata mossa dal vil denaro: parecchi investitori pubblicitari non gradiscono comparire in pagine contenti insulti e parolacce, violenza.

L’alternativa proposta è quella della registrazione. Una soluzione che non garantisce alcunché. E’ comunque possibile fornire dati falsi. Ma l’esperienza dimostra come nei commentari sottoposti a log in si riducono in maniera sensibile offese e risse online.

Il dibattito sull’opportunità di mantenere o meno l’animato nei commenti non riguarda solo l’Italia, ma tutto il web, senza distinzione geografica. Sul New York Times è stato recentemente pubblicato un articolo sull’argomento.
Molte delle soluzioni descritte sono giù usate nei siti. La novità che emerge è il generale bando dell'anonimato, almeno per quanto riguarda questa particolare forma di comunicazione.
La rete, anche sotto questo aspetto, tende ad omologarsi, nelle forme, come nei contenuti, agli altri media.

Alcuni quotidiani – Washington Post, lo stesso New York Times – hanno scelto la strada della registrazione del profilo utente.
L’Huffington Post utilizzerà il criterio della reputazione di chi posta commenti, attraverso un ranking basato sul giudizio del lettori. Altri, come The Times, puntano sul controllo preventivo prima dell’online. Soluzione che comporta, però, alti costi.
Il modello a cui si guarda è quello di Facebook o di Twitter, dove utenti sacrificano parte della loro privacy per avere la possibilità di discutere e condividere contenuti. Un’attitudine che sembra interessare soprattutto le nuove generazioni, come sostiene Arianna Huffington, fondatrice delle omonimo sito di news online, disposte ad abbassare il livello di riservatezza pur di poter far parte della società in rete.

martedì 13 aprile 2010

I tablet non salveranno quotidiani e riviste

Prosegue il dibattito circa l'impatto delle nuove piattaforme tecnologiche sul mondo dell’informazione. Jack Shafer su Slate Magazine non scommette sulle applicazioni di riviste e quotidiani realizzate per iPad e suoi simili. L’eccitazione e le aspettative ricordano all’autore l’epoca dei Cd-Rom.

Pure allora, negli anni ’90, le versione di Newsweek su supporto ottico aveva generato il medesimo ottimismo. La release per Cd, chiamata Newsweek Interactive, ricca di video audio, archivi, doveva essere la testa di ponte per un nuovo modo di fruire l’informazione.
I Cd-rom fallirono completamente. Troppo costosi, troppo complessi e troppo legati a piattaforme proprietarie.

Secondo Shafer l’insuccesso ha dimostrato tutte le difficoltà del passaggio da un media all’altro. Confermate dalla lunga serie di flop in cui sono incappati gli editori statunitensi. New York Times ha perso parecchio denaro nella creazione di un canale via cavo. E pure il Washington Post incontrò la stessa sorte quando lanciò la versione radio del quotidiano.

Per molti editori l’arrivo dei tablet è l’occasione per passare dal tutto gratis del web al tutto a pagamento. Ma per il giornalista di Slate hanno fatto male i loro conti. Perché c’è la concorrenza delle tv via cavo che offre simili contenuti a prezzi concorrenziali. A partire dal costo dei tablet a volte superiore a quello di un televisore Hd.
Inoltre queste applicazioni sono ancora troppo complesse e non offrono la possibilità di navigare, di fare ricerche, di condividere i contenuti, di discutere.

Pungente la conclusione di Shark. La prevedibile diffusione, la corsa al ribasso dei prezzi, renderanno i tablet dei computer portatili ultrasottili. Risultato? Le futuristiche applicazioni saranno considerate semplici siti web e gli editori, che puntavano a generare montagne di soldi, dovranno fare marcia indietro e ricominciare tutto da capo.

lunedì 12 aprile 2010

iPad e news, il test di Punto informatico

Le applicazioni dedicate all'informazione firmate Usa Today, BBC e Reuters. Dal video tutto sembra molto bello. Pure troppo.

Sul web le notizie piacciono brevi

In Italia l'accesso alle informazioni online avviene attraverso siti e portali generalisti (luglio2009 Nexplora/Microsoft, ottobre 2009 Astra ricerche). Twitter - secondo ricerche effettuate in gran Bretagna e negli Usa - non porta traffico ai giornali: sembra, dunque, che gli utenti si fermino al breve messaggio di testo.
Nonostante il rischio di forzature, non supportate da evidenze empiriche, si può tentare di fare qualche ipotesi di lavoro.

I due lavori mettono in luce come sul web, la generalità degli utenti s’informa attraverso short news.
Per quanto riguarda la Penisola, si conferma l'attitudine televisiva al consumo delle informazioni. La notizia del telegiornale ha caratteristiche simili al lancio dei portali, al breve messaggio di Twitter: sono imposti limiti precisi, nel tempo - la tv - o nel numero delle battute. Livellano i fatti entro contenitori preordinati. La preferenza del pubblico per questa informazione potrebbe fare oscillare la certezza di chi invoca il ritorno al giornalismo d'inchiesta per rilanciare le sorti di giornali e riviste.

La diffusione dei nuovi ecosistemi informativi ha scomposto in modo modulare contenuti e lettori. E all'orizzonte si sta mostrando un’ulteriore suddivisione dei recenti ambienti informativi (splinternet).
Il giornale da sempre acquistato in blocco, sul web è ora sezionato secondo gli interessi del lettore.

I lettori - o la maggior parte di essi - possono decidere di leggere solo brevi notizie passando da un sito all'altro.
Far pagare queste notizie potrebbe non avere senso. A meno non si scelga l’alternativa dell’abbonamento. Ma anche in questo caso funziona solo se tutta l’offerta online va in questa direzione.
La qualità, l’approfondimento possono funzionare, ma verso un pubblico ridotto. Occorre trovare un equilibrio tra numeri relativamente contenti di lettori e investimenti. Perché il giornalismo di qualità costa. E ancora di più costa rinunciare alla raccolta pubblicitaria, garantita solo da forti numeri di traffico.

Un iPod per cicerone

Genova, villa del principe. All'ingresso della cinquecentesca dimora di Andrea Doria, è consegnato ai visitatori un iPod touch screen sul quale è caricato il percorso guidato al palazzo e alle opere d'arte.
L'apparecchio targato Apple piace. Giovani e anziani. Mamme, padri e figli. Tutti sembrano muoversi con dimestichezza da un menù all'altro, seguendo descrizioni di affreschi, dipinti e arazzi.

Forse è nel vero chi prevede che il fratello maggiorato, l'iPad, conquisterà fette di pubblico fino oggi escluse. I tablet pc, se coniugati con la semplicità del touch, e non necessariamente della mela morsicata, hanno le carte in regola per abbattere il muro del sospetto che ancora circonda il mondo dei computer.

I tablet saranno usati per leggere, ma anche per giocare, vedere video e soprattutto per navigare. Nuovi utenti potrebbero cercare notizie e informasi sul web, dimenticandosi di acquistare il giornale in edicola.
Alcuni editori si stanno organizzando per offrire prodotti a pagamento, sperando di vendere l'intero quotidiano, seppure versione elettronica.
Eppure la rete consente un consumo delle notizie verticale e modulare.
Per quale motivo si deve tornare alla vecchia regola tutto o niente?

giovedì 8 aprile 2010

La formula vincente del Financial Times. Ma non sempre replicabile

Il giornale britannico sembra aver trovato la soluzione per uscire dalla profonda crisi che ha colpito l’editoria. Niente di eccezionale, il business model seguito sta realizzando profitti contenuti, ma sicuramente significativi in un contesto di generale difficoltà del settore.

L’offerta del giornale britannico si muove sia su canale “tradizionale”, la rivista cartacea, venduta a 2 sterline, sia sull’online, il cui abbonamento costa 185 sterline all’anno.
I lettori sul web sono in netta minoranza, meno di un terzo dell’intero parco clienti. Però sono in grado di produrre il 73% dei ricavi. E il trend di crescita degli abbonati è previsto in deciso aumento. Inoltre si tratta di un’utenza ricca, che sta attirando investitori pubblicitari del cosiddetto settore del “lusso”.

Il modello FT è riproducibile? Dipende da cosa si pubblica. Le notizie, le analisi finanziarie hanno caratteristiche di unicità, difficilmente reperibili, almeno in forma gratuita, sul web. Per l’editore specializzato questa è un’ottima notizia. La ricetta abbonamenti/investitori pubblicitari è a portata di mano.

Più difficile la sfida per le case editrici “generaliste”.
Come differenziare il prodotto? Come spingere l’utente online al pagamento? Nella difficoltà di trovare una risposta si spiega l’immobilismo delle testate.
Il New York Times tornerà a proporre l’accesso a pagamento ai contenuti online. Sperando nel successo dei tablet pc e incrociando le dita. Già in passato fu costretto a fare marcia indietro, così come il quotidiano spagnolo El Pais, tornato sul tutto gratis dopo il crollo delle vendite e della raccolta pubblicitaria.

mercoledì 7 aprile 2010

E-book senza editori

Quasi in contemporanea con il lancio, arriva la notizia della disponibilità per i-Pad (prima ancora della vendita in Italia) del libro "Nozioni di economia aziendale".
Un classico prodotto da editoria professionale, pur rivolgendosi a studenti e “curiosi”, come afferma l’autore. Dunque mantenendo una marcata componente divulgativa.

Al netto della qualità del lavoro - che a leggere i giudizi dei lettori non è estremamente positiva - la pubblicazione su i-Pad merita qualche considerazione, sopratutto considerando le potenzialità che questo strumento (o analoghi) è in grado di offrire.

La prima. L’editore professionale può diventare apripista nello sperimentare nuove forme di utilizzo dei contenuti digitali. E’ già accaduto in passato con le banche dati, distribuiti su cd-rom. I lettori di riferimento – professionisti e imprenditori - hanno buone disponibilità economiche e spesso hanno necessità di accedere in tempo reale a informazioni operative. Un avvocato può avere bisogno di consultare una sentenza quando non è in ufficio, il commercialista, le novità delle finanziaria mentre sta andando del cliente.
Gli editori si trovano di fronte a una ricca opportunità. A patto che sappiano usare bene i nuovi strumenti tecnologici.

Ma la pubblicazione di “Nozioni di economia aziendale” – ed è la seconda considerazione - mostra anche una possibile insidia. Ovvero la possibilità che vengano stipulati accordi fra autori e Apple, saltando l’intermediazione produttiva e distributiva dell’editore. Un pericolo – ovviamente per chi fa quel mestiere – perché ha buone possibilità di replica. Un autore potrebbe essere tentato di seguire questa strada, tenendo presente l’ottima scolarità dei potenziali scrittori e la discreta abitudine allo scrivere (magistrati, architetti, professori universitari).

Gli editori farebbero bene a non trascurare la minaccia.
E come? Per esempio creando network di contenuti. Ambienti – ad alta qualità informativa– a cui un lettore può, in via modulare, accedere secondo le proprie necessità.
Una soluzione, una delle tante. I numerosi esperti di strategie aziendali sicuramente sanno far meglio. A patto che considerino la sfida degli e-book come una faccenda seria. Un pericolo, per i loro datori di lavoro. O un’opportunità.

venerdì 2 aprile 2010

Yahoo assume giornalisti

La notizia arriva dal New York Times. Yahoo sta assumendo giornalisti per aprire una redazione e iniziare a produrre contenuti propri. Articoli e approfondimenti saranno pubblicati in Yahoo News, uno dei siti d’informazione più visitati della rete: nello scorso febbraio ha registrato oltre 43 milioni di visitatori.
La futura redazione si occuperà di politica e media andando a integrare l’offerta informativa sportiva e finanziaria, oggi già presente sul sito.

La mosse di Yahoo rappresentano un'inversione di tendenza dopo le ristrutturazioni dei mesi scorsi e sono l’ennesimo segnale della ripresa in atto. Ancora timida, visto che i recenti dati sulla disoccupazione Usa non segnalano alcun miglioramento sostanziale. La percentuale dei disoccupati resta al 9,7%, peraltro inferiore alle attese degli analisti.
Per chi, invece, fa il giornalista e lavora nell’editoria - un settore che non solo ha anticipato la Grande crisi, ma ha subito l’impatto dell’affermazione delle nuove tecnologie - il segnale è ben augurante. Seppure nelle lontane americhe, c’è ancora qualcuno che investe sui contenuti ed è disposto ad assumere giornalisti.

giovedì 1 aprile 2010

L’informazione online passa dai portali

Una ricerca dello scorso anno (maggio 2009), firmata dall’osservatorio internet di Nexplora/Microsoft ha rivelato che i giovani per informarsi utilizzano i portali generalisti (Libero, Virgilio, Yahoo). Un altro lavoro – luglio 2009 – realizzato da Astra ricerche per conto dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia (Tabloid n.6/2009, pag.17), segnala che la fonte d’informazione più utilizzata dagli internauti sono i siti/portali generalisti.
Seppure datate, le due indagini meritano l'attenzione, visto che anche nel 2010 i dati del traffico online mostrano il consolidarsi di questa tendenza.

1) Nei portali le notizie sono pubblicate in ambienti che offrono un menù di servizi: dalle mail alla community. La notizia è uno dei prodotti offerti.
2) Spesso alle spalle di queste strutture non ci sono editori, ma organizzazioni che sono nate sul web.
3) L’informazione offerta è strutturalmente “leggera”, ovvero pezzi brevi, adatti a un consumo veloce.
4) La considerazione precedente apre le porte a un personale giudizio di merito. Ovvero questi portali sono il braccio online della televisione italiana. Come sulla Tv, anche lì sono rigorosamente esclusi argomenti impegnativi e di approfondimento. La formula vincente è sesso/sangue/pettegolezzo.

In questo contesto per i giornali - e i loro editori - la sfida per il rilancio è assolutamente impegnativa.
A partire dalla scelta - su cui molte testate stanno meditando - di far pagare gli articoli. Attualmente è un grande rischio, perché la mossa potrebbe generare un ulteriore incremento di traffico a favore dei siti generalisti.
Occorre fornire al lettore un motivo per abbonarsi o pagare. La soluzione – facile a dirsi – è l’unicità dei contenuti. Come insegna la legge primordiale del mercato, si sborsa del denaro per qualcosa che interessa, che ha un valore, seppur minimo. Difficilmente un utente paga per articoli che comunque può scovare in giro per la rete.
Unicità, dunque, vuol dire qualità. Ovvero, declinando il tutto in salsa editoriale, significa investire sul primo anello della catena della produzione informativa : la redazione. Magari togliendo risorse agli uffici marketing.

Nell'affrontare la sfida delle nuove tecnologie, l'editoria specializzata può avere qualche vantaggio. E magari, come è già successo in passato, fare da apripista a nuove soluzioni.
L’unicità fa parte del suo dna, i contenuti che produce non sono facilmente reperibili sul web in modalità gratuita.
A patto che il passaggio dalla carta al web non si riduca a un semplice copia e incolla.
Serve un profondo cambiamento sul modo di presentare i contenuti. E su questo i portali generalisti sono un utile esempio da seguire. Il mezzo fisico – che sia un monitor di un pc, di uno smartphone o di un e-reader – impone un ripensamento totale. La notizia va trattata in modalità modulare, per essere fruita sui diversi ambienti, sulle diverse piattaforme.