mercoledì 11 luglio 2012

Notizie per analfabeti

L’analfabetismo diffuso – che parte dalla realtà analogica e punta diritto alla dimensione digitale – è il convitato di pietra degli incontri e dei dibattiti sullo stato dell’editoria italiana.

Ho trovato, per caso, un vecchio articolo, pubblicato su Italia2013. Riporta le considerazione del linguista Tullio De Mauro che per molto tempo ha condotto ricerche sull'analfabetismo funzionale, ecco cosa scrive: “soltanto il 20% della popolazione adulta italiana possiede gli strumenti minimi indispensabili di lettura, scrittura e calcolo necessari per orientarsi in una società contemporanea”. E il resto della popolazione non sta meglio: il 5% di chi ha tra i 14 e i 63 anni non sa distinguere una lettera dall’altra o una cifra dall’altra, il 38% riesce a leggere con difficoltà quanto si tratta di singole scritte o cifre.
Post del 2010, ancora attuale.

L’analfabetismo è un male atavico. La diffusione degli strumenti di comunicazione digitale, dove la preparazione culturale si confonde a quella tecnologica (che, seppure semplificata, rimane una barriera d’accesso, soprattutto nell'uso consapevole), pone le basi – sono convinto – per un ulteriore amplificazione del fenomeno. 
Una risposta, per eludere il problema e dedicarsi al trastullo high-tech, potrebbe fare ricorso alle statistiche: aumentano gli accessi al web, cresce il consumo di notizie. Affermazioni ineccepibili nella forma, spesso vuote o poco significative nella sostanza.

L’uso tout court di tablet, computer e simili, cambia di poco il livello della formazione culturale. Sulle news, si è già detto e scritto: la quantità maggiore riguarda argomenti legati all'intrattenimento. E i registri narrativi sono decisamente elementari: uso limitato di vocaboli, sintassi semplice, telegrafica.
E’ possibile che questo sia il corso della Storia e il futuro costruirà un italiano “volgare” (o "digital-volgare"?), più povero, oppure semplicemente diverso rispetto all’attuale. Ho la sensazione che diversi fattori, socio-economici e politici, stiano creando i presupposti per un finale di questo tipo. Per il sottoscritto è un problema che mina – come più volte ho affermato – le fondamenta dello Stato democratico nella sua sostanza più profonda. Per gli editori c’è il rischio che si apra una lotta per la sopravvivenza che – contrariamente alla teoria sull’evoluzione della specie – faccia prevalere i peggiori.

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