martedì 21 settembre 2010

Aggregatori del lavoro altrui

Federic Filloux critica duramente l’Huffington Post, definito "the mother for all news internet impostures" (qui, Monday note). L’aggregatore è accusato di usare, attraverso sintesi "auto sufficienti", articoli prodotti e pagati da altre testate.
Il metodo. Si prende un articolo, firmato da una firma famosa, l'economista Nouriel Roubini, pubblicato sul Washington Post, tema di forte attualità: la riduzione della pressione fiscale. Il pezzo è sottoposto a cura dimagrante (qui): da 1045 parole a 410. Il risultato? 510 commenti e 72 Facebook like, il triplo rispetto alla fonte originale.

Si può rispondere che l’Huffington Post è altro, che la filosofia della rete è fondata sulla condivisione, che fissare delle regole in questa materia (copyright e dintorni) è praticamente impossibile. E in certi casi l’uso di materiale pubblicato su altri quotidinai entra nella fattispecie del diritto di cronaca.
Però la diffusione sempre più capillare di questa pratica non può generare qualche riflessione. Se tutte le testate diventassero aggregatori, per mancanza di risorse o perché più conveniente, l’ecosistema rischierebbe l’implosione. E’ evidente e non è una novità: il sistema digitale presenta l'anello debole nella generazione del profitto.
Un paradosso di fondo si aggira sulla rete: il fabbisogno finanziario è generato dal vecchio mondo analogico (carta, stampa, pubblicità, vendite), mentre la nuova dimensione tecnologica è un canale essenzialmente distributivo.

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