mercoledì 22 giugno 2011

Amazon e l’illusione della libertà

Il signor John Locke ha venduto più di un milione di copie su Kindle, utilizzando la piattaforma di self-publishing di Amazon (qui, via editorsweblog.org e qui, via MarketWatch).
Notizia potenzialmente densa di conseguenze per gli editori tradizionali. Si affacciano sul mercato – con una presenza più che visibile – i cosiddetti autori “indipendenti”, in grado di fare a meno dell'attività d’intermediazione culturale e industriale svolta dalle case editrici.

La pericolosità del fenomeno è inversamente proporzionale all’inazione. Se gli editori si arroccano su posizioni di rendita, scarsamente innovative, aumenteranno sensibilmente le probabilità che la schiera degli scrittori “autonomi” possa erodere fatturato e profitto.

Un futuro senza editori è possibile? Non sarebbe una novità. Nella storia dell’umanità la presenza di organizzazioni industriali, dedite alla produzione e alla diffusione di opere intellettuali, occupa un breve periodo. Per secoli, potere temporale e spirituale, attraverso il mecenatismo, hanno gestito la trasmissione del sapere.
Se la parentesi di Gutenberg si chiudesse, i nuovi protagonisti sarebbero le piattaforme di distribuzione digitale. Piattaforme proprietarie che legittimamente perseguono il fine del guadagno. Naturalmente le garanzie a tutela della libertà d’espressione non sarebbero maggiori rispetto a quelle fornite, per esempio, da Mondadori o Rcs

Certo ci sarebbe, almeno all’inizio, l’illusione di poter disporre di strumenti capaci di coltivare e fare esplodere, nella sua pienezza, l'aspirazione verso forme di comunicazione senza controllo preventivo.
Ma il rischio di subire profonde delusioni è tutt’altro che remoto, perché l’agire online ha gli stessi effetti di un urlo allo stadio, ovvero, nonostante il volume, passa assolutamente inosservato. A meno che quell’urlo non sia ospitato da strutture industriali, tendenzialmente monopoliste, capaci di vendere il prodotto ai propri clienti/utenti.

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