mercoledì 5 settembre 2012

Riflessioni di fine estate

La stagione che si avvia alla conclusione ha visto il succedersi di due eventi particolarmente significativi circa lo stato dell’informazione digitale nostrana.

Il 9 agosto è stata ufficializzata la vendita di Matrix – la società che controlla Virgilio.it – da Telecom a Libero.it. Nella mani di un solo proprietario si crea un unico player capace di performare oltre 15 milioni di utenti al mese.

Qualche giorno dopo Italia Oggi (qui e qui) riportava la notizia delle difficoltà economiche de Linkiesta: perdite per un milione di euro e conseguente necessità di aumento del capitale. Un prodotto di alta qualità – per il sottoscritto una delle migliori iniziative editoriali degli ultimi anni – che non è in grado di generare un equilibrio economico. Nel 2011 i costi sono stati di oltre un milione di euro (737mila per il personale), mentre gli incassi sono stati pari a 49mila euro dalla pubblicità, 10mila per la fornitura di servizi, 9mila euro dalle sottoscrizioni e 1.000 dalle donazioni.

La fusione Libero/Virgilio e le vicende del quotidiano all news meritano qualche osservazione.
1) Il mercato dell’online è attualmente ancorato ai grossi volumi di traffico, alla quantità. Le cause sono molteplici, io sono convinto che esista una scorretta valutazione delle reali potenzialità dell’advertising. In ogni caso “così è se vi pare”. Almeno fino a quanto esisterà la logica del Cpm “sotto-costo”.
2) Nel paese la creazione di una massa intelligente (nella definizione data dall’Economist) se è possibile non è capace di garantire introiti rilevanti.
3) E’ necessaria una riflessione – rapida e aderente alla situazione economica – sul contratto che definisce la professione giornalistica. Il mercato dell’informazione è composto da player diversi. I contratti applicati a chi produce contenuti sono molteplici: commercio, grafici, telecomunicazioni. Chi per onestà o perché costretto deve ricorrere al contratto giornalistico – decisamente più oneroso e meno adattabile alle esigenze di un’impresa – subisce uno svantaggio competitivo. Occorre cambiare, impostare nuove regole. Una direzione che non porta – se si vuole – alla rinuncia dei principi che caratterizzano la professione.
In ogni caso, le dinamiche economiche e tecnologiche stanno esiliando e mutando le vecchie norme contrattuali. Meglio farlo attraverso una collaborazione delle parti sociali, piuttosto che lasciare fare la mercato.

4 commenti:

  1. Si... e virgilio ha un passivo di 24 milioni di euro...
    Non è che avere tante PV aiuti...

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  2. E ovvio che oltre alla pv occorre una corretta strategia aziendale. I conti di Libero, per esempio, sono a posto. E' vero tante pv non garantiscono il successo, ma un passivo può essere generato da altre variabili

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  3. Linkiesta nei giorni successivi ha dato una risposta a quel pezzo di Italia Oggi, credo sia corretto riportare anche la loro versione. L'esperimento è interessante ed è difficile pensare che una impresa così vada a pareggio al primo anno.

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  4. Complici le vancanze d'agosto, non ti nascondo che mi è sfuggita la risposta [anzi se me la segnali provvedo a inserirla nel post]. Naturalmente io non intendo muovere critiche al quotidiano. Semplicemente cerco di fare una fotografia dell'attuale situazione. Resto convinto - spero di sbagliare - che se non cambiano alcune regole del gioco, grandi spazi per la sostenibilità economica di un'impresa editoriale non ci sono. Il sistema della raccolta pubblicitaria (troppo legato ai volumi), la bassa scolarizzazione e il digital divide, il diverso peso del costo del lavoro (con lo spartiacque fra chi applica il contratto giornalistico e chi ricorre ad altre normative) sono elementi strutturali che di fatto rallentano la crescita di nuove organizzazioni.

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