mercoledì 24 ottobre 2012

Burocrazia 2.0

Il decreto legge 2.0 si pone l’obiettivo di avviare un processo d’innovazione tecnologica in un paese dove il digital divide è un problema non solo economico, ma anche culturale. Le novità contenute sono potenzialmente interessanti, soprattutto per quanto riguarda il rapporto fra cittadino e pubblica amministrazione. Le minacce al compimento e alla realizzazione del progetto – almeno parziale – sono drammaticamente note. Alcune sono politiche – il lavoro delle lobby nel procedimento di conversione in legge – altre sono burocratiche, che in questo caso prendono le vesti dei cosiddetti decreti di attuazione. Spesso rimandati a date imprecisate, seppure decisivi nel rendere attuabili i provvedimenti di legge.

Sullo sfondo, resta comunque il tema – che ripeto in continuazione – della formazione scolastica, pubblica, quella accessibile a tutti, a prescindere dal reddito. Io credo che senza la creazione di una massa di cittadini digitali, speranze di cambiamento non esistono.

Per quanto riguarda il mondo delle imprese, nel decreto fa la comparsa dell’azienda 2.0: un corpo di norme che dovrebbe aiutare la nascita e il consolidamento delle start up innovative. Alcune soluzioni adottate, come la ricerca di liquidità attraverso il crowd funding, sfiorano – a mio giudizio – la pura utopia. Inoltre l’ecosistema burocratico assume forme ancora più complesse con l’introduzione di nuovi istituti giuridici – dalla forma societaria al contratto di lavoro- . Sull’argomento consiglio di leggere le osservazioni di Arrigo Panato, qui e di Marichiara Marsella e Carlo Milani, “L’Italia poco digitale” (via lavoce.info)
Sul tema ho fatto un breve lavoro di sintesi, "Startup e Azienda 2.0, dubbi sul decreto per recuperare il ritardo digitale", in InputOutput.

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