venerdì 30 aprile 2010

Fiat auto e i giornali

In futuro Fiat sarà suddivisa in due società. Camion (Iveco) e trattori (Cnh) confluiranno in Fiat industrial.

A Fiat resteranno le auto, la componentistica e tutte le partecipazioni delle società editoriali. Ovvero il controllo della Stampa e del 10% di Rcs (Corriere della Sera). Su questa strana scelta ne parla Riccardo Puglisi in Lavoce.info.

giovedì 29 aprile 2010

Hugo Chávez sbarca su Twitter




Il presidente del Venezuela sedotto dai social network. Da qualche giorno ha aperto la sua pagina su Twitter: chavezcandanga. E nonostante sia conosciuto per la sua loquacità – famosi i suoi lunghissimi discorsi televisivi -, Chavez si dimostra abile utilizzatore del microblogging.

La mossa è piaciuta ai fan – i followers sono quasi 100mila - del “Presidente de la República Bolivariana de Venezuela. Soldado Bolivariano, Socialista y Antiimperialista” (la Bio).
Tanto che si è sentito in dovere di ringraziare, sforando, però, le 140 battute:

Hola mis queridos Candangueros y Candangueras. Esto ha sido una explosión inesperada. Gracias.Thanks. Ahora en Barinas con Evo. Venceremos!!

mercoledì 28 aprile 2010

Giornali online, brutti e cattivi

Segnalo l’analisi di Frédèric Filloux (in Mondaynote) sul design e sulla struttura dei quotidiani online. La versione in italiano è pubblicata qui in Lsdi, qui la versione originale.

Per il giornalista gli attuali siti sono la traslazione tout court della vecchia grafica cartacea. Soluzione che porta a un “quasi fallimento” su tre elementi critici:
1) mancanza di originalità (test dell’identità), tutte le versioni si assomigliano,
2) inefficienza nel presentare la notizia (test della personalità), in un giornale tradizionale “le dimensioni dei titoli e delle immagini, lo spazio dedicato agli articoli, le angolazioni, tutto vi dà una idea chiara del piatto del giorno”,
3) assenza della casualità (test della serendipità), ovvero “la capacità di scoprire qualcosa che non stavamo cercando, una sorta di scoperta accidentale…”.

Le riflessioni di Filloux sono condivisibili? Forse sulla grafica. Anche se sembra che le critiche riguardino il mezzo fisico – il monitor – su cui si leggono le notizie.
Tutto il discorso si regge sull’assioma giornale come sistema chiuso, che vive di vita propria. Proprio come la versione di carta. Non è causale l’elogio dell’iPad e simili (LBDS, Lean Back Devices), che “potrebbero essere il legame mancante per il consumo dei media moderni”.
Oggi – in rete - il giornale online fa parte di un ambiente informativo. E ciò è già una risposta al test della serendipità. La scoperta casuale, trovare quello che non si cercava, credo sia una della peculiarità dell’ipertesto.

La tesi di fondo di Filloux è che un sistema chiuso, protetto, anche nei contenuti, è più originale ed è in grado di “far tornare alla ribalta nozioni come fiducia e affinità e… aprire la strada a un’esperienza di lettura più profonda”.

Tentando una semplificazione, con i suoi rischi, il dibattito sul futuro dei giornali si sta muovendo su due macro direttrici.
La prima: contenuti a pagamento, sistemi chiusi, in ambiente cool – iPad -, in cambio di qualità, originalità, ecc, ecc.
La seconda: contenuti gratis, ovvero grafica dei siti scadente e scarsa cura editoriale.

Una sintesi dialettica è necessaria.

martedì 27 aprile 2010

Contenuti a pagamento, il Washington Post sull’argine del fiume

Nella lista di coloro che vogliono mettere fine al tutto gratis, per ora, non c’è il quotidiano statunitense. Lo ha detto Boisfeulliet Jones Jr, vice presidente della Washington Post Company.
Wait and see”, ha affermato Mr Jones. Ovvero aspettare e vedere cosa fanno gli altri.

Il New York Times dal 2011 dovrebbe lanciare la formula dell’abbonamento elastico. Ovvero consentire la visualizzazione degli articoli ai visitatori occasionali. Dopo un certo numero di consultazioni scatta la richiesta di pagamento. La formula è soft, ma la sostanza non cambia: si paga.
La medesima scelta è adottata dal Financial Times, sottoscrizione dopo 10 articoli letti. Il Wall Street Journal per gli articoli di maggior valore chiede l’abbonamento, al prezzo di 1,99 dollari la settimana.

I dubbi del Post sono un bel segnale sui rischi del passaggio a un sistema chiuso. La formula a pagamento è quelle più facile, la reazione riflessa. Tutto da verificare che sia quella giusta.

Perplessità condivise pure in Italia, paese storicamente reticente ai pagamenti, soprattutto se si tratta di acquistare merce considerata oramai gratuita ex lege.
Ecco cosa ha detto Maurizio Costa amministratore delegato di Mondadori: “il modello di business dell'editoria digitale non è legato a un sistema di pagamento dei siti, un sistema molto difficile da consolidare”.

Il futuro dirà se questa sarà la scelta degli editori italiani, oppure se qualcuno si farà sedurre da sottoscrizioni e abbonamenti.
Forse Il Sole 24 Ore? Secondo alcune voci, il quotidiano di Confindustria potrebbe passare al pagamento, almeno per una parte dei suoi contenuti.

lunedì 26 aprile 2010

News online e tasse

Secondo rivelazioni Nielsen per Nova 24 (pagina 12, allegato a Il Sole 24 Ore del 22 aprile 2010) i primi cinque siti d’informazione raccolgono l’80% del traffico. In un anno i lettori di news online sono passati da 10,8 a 14 milioni. La crescita del traffico sui siti di notizie ha registrato un incremento del 28% più della crescita media di internet(+10%).

Ancora Nielsen, negli Usa, ha registrato un record, nel periodo gennaio – aprile, per i siti dei quotidiani: 74,4 milioni di utenti unici per mese, ovvero il 37% di tutti navigatori della rete.
Nonostante questi risultati, gli editori sono alle prese con pressanti problemi di bilancio.

Sul finire della scorsa settimana, la Fieg, per bocca del sui presidente Carlo Malinconico, ha proposto l’introduzione di un’imposta da fare pagare a tutti gli utenti internet. Sarebbe una soluzione temporanea, destinata a creare un fondo per le case editrici.
La proposta ha sollevato numerose proteste. L’uso dello strumento fiscale è odioso, sia perché colpisce tutti, anche chi usa la rete solo per giocare, sia perché è il consueto ricorso al pubblico e alle tasche dei cittadini. Quasi un premio all’inazione.

Ma sparare sugli editori è sciocco. I dati sul traffico sono chiari. I siti dei giornali sono quelli più frequentati. L’informazione tradizionale, pur declinata in bit, è tutt’altro che morta.
Resto convinto che, per la maggior parte dei lettori, la novità è l’accesso alle notizie gratis, su un monitor. Il popolo di chi s’informa sui blogger, sui siti iper-verticali delle università o dei centri di ricerca è piccolo, di nicchia.
La maggioranza continua ad aver bisogno dell’intermediazione di giornalisti alle dipendenze di testate, regolarmente "registrate e vidimate"

Un orizzonte che non può non gettare nella più cupa delle frustrazioni gli editori, sempre più popolari, sempre più poveri. L’introduzione di una tassa serve a poco, perché non è una svolta strutturale. Per quella occorre percorrere nuove strade, trovare diversi modelli di business (per esempio un mix tra lettura gratuita e a pagamento, tool di servizi), che possano valorizzare le performance sul web.

venerdì 23 aprile 2010

La dittatura del territorio

La Lega Nord vince le elezioni perché è presente sul territorio. Nuove iniziative editoriali puntano su giornali radicati sul territorio. La pubblicità funziona meglio se diffusa sul territorio.

Dunque il territorio. Ma cos’è? Il quartiere? Il paese? La città? La regione? Oppure è il ducato? O il principato?

E quali sono le notizie del territorio? Una buca da asfaltare? I marocchini al semaforo? I treni in ritardo?

Però il partito/giornale difende i valori del territorio? Già, ma quali? Quelli dell’omelia del prete della parrocchia “sotto il monte”? E se quelli giusti fossero nell’omelia del prete della parrocchia di “sopra il monte”?

La risposta a una società infinitamente più complessa, rispetto a quella di solo qualche anno fa – connessa, più vicina nel suo insieme – sembra sia – forse per autodifesa, generata anche dalla paura – la semplificazione. Che non è reale, è un prodotto virtuale.
E così a Milano si mangia il panettone, a Napoli la pizza. A Roma l’abbacchio.

giovedì 22 aprile 2010

Google, operazione trasparenza

Sul blog ufficiale è disponibile la mappa delle richieste d’informazioni degli Stati al motore di ricerca.
Non è sempre censura, spesso dietro all’azione dei governi ci sono indagini contro il crimine e la pedo-pornografia.

Editoria professionale in salsa tecnologica

Figlia di un dio minore. Polverosa. L’editoria professionale non gode di una grande fama tra gli addetti ai lavori. Giudizio formulato più sulla scarsa conoscenza che su dati reali. Perché il settore ha sempre mostrato un’ottima capacità nell’interpretare i cambiamenti.
Le soluzioni innovative, a volte anche artigianali, sono ben presenti nel suo modo di fare informazione.

Negli anni ’90 gli editori di settore lanciarono i cd-rom come prodotti editoriali di successo.
E ancora: erano inviate newsletter quotidiane via etere – una specie di televideo -, leggibili da pc.
Fino alle soluzioni caserecce, come mandare fax di aggiornamento agli abbonati.
Indubbiamente una buona dose di creatività, coadiuvata da precisa conoscenza dei bisogni informativi dei lettori.

Predisposizione all’innovazione che non si è persa nel tempo.
Ipsoa editore (Wolters Kluwer) da quasi un anno ha una piattaforma di blog – Postilla - per avvocati, commercialisti e operatori giuridici in genere.
I quotidiani normativi (da Ipsoa e Eutekne i più completi), disponibili a pagamento, sono nuovi non solo nella forma adottata, ma anche nel linguaggio utilizzato
Il gruppo Maggioli, invece, offre interessanti soluzioni per il mobile.

Le soluzioni proposte possono far sorridere chi si occupa di web, eppure per questo settore – così di nicchia, così legato alla tradizione e alle “corporazioni” – lo sforzo è tutt’altro che irrilevante. Anzi dimostra una capacità di adattamento al ecosistema informativo d’inizio millennio, poco conosciuta nell’editoria cosiderata più nobile.

martedì 20 aprile 2010

Si legge di più, si comprano meno giornali

Sono le nuove tecnologie, bellezza. Si guarda di più la televisione, si leggono più notizie, si spende più tempo nei social network. Ma si comprano meno quotidiani e i lettori sono poco propensi a sottoscrivere abbonamenti online.
La fotografia del consumatore moderno arriva dal Regno Unito, grazie a un’indagine realizzata da Kpmg (pubblicata sul The Guardian).

E’ il paradosso dell’evo tecnologico, la società iper-informata, quella della comunicazione di massa, sembra voler fare a meno di chi fa le notizie. La diffusione dei giornali britanni è in picchiata: - 16% rispetto a un anno fa. Su paidContent:Uk sono riportati i dati delle vendite aggiornati al 16 aprile.

Due dati del lavoro di Kpmg da evidenziare: l’88% degli intervistati dice di usufruire notizie in modalità gratuita, solo il 10% è disposto a pagare.

Dunque c’è una forte domanda che però non aumenta i prezzi. Meccanismo che, peraltro, s’innesca in presenza di un’offerta scarsa. La conclusione sembra abbastanza ovvia: l’offerta di notizie è abbondante.
Gli editori che stanno pianificando svolte a pagamento dovranno fare bene i loro conti. Soprattutto se agiscono in ordine sparso.

lunedì 19 aprile 2010

Portali generalisti: così tutti uguali

Il titolo è la parafrasi di un articolo di Aldo Grasso pubblicato sul Corriere: Tg generalisti: così tutti uguali.
Partendo dall’esame dell’audience dei telegiornali, in sensibile calo a parte i tg su satellite e digitale terrestre, il critico televisivo conclude con un interrogativo: “I tg generalisti si assomigliano tutti, sempre di più: sarà questa la ragione per cui in tanti iniziano a cercare altre modalità per informarsi?”.

Forse sì, i lettori hanno oggi diversi canali per informarsi. Ma lo spettro dell’omologazione è presente ovunque. Anche su web.

La maggior parte degli utenti in rete utilizza i portali generalisti che non sono un esempio di originalità. Per Il taglio degli articoli, per gli argomenti e per i servizi. E lo stesso dicasi per Repubblica, Corriere e La Stampa nelle versioni online.

Sembra quasi che la diversità – nel sistema informativo attuale – si realizzai attraverso la moltiplicazione dei media – giornali, Tv, web, mobile -, ma che questo – in applicazione della legge economica della scarsità delle materie prime, ovvero le notizie – costringa il sistema a ripetersi, nei formati e negli argomenti. Un po’ come nei canali sat verticali: dovendo trasmettere programmi per 24 ore al giorno, tutti i giorni del mese, per tutti i mesi dell'anno, si riempiono i palinsesti di repliche.