mercoledì 14 aprile 2010

Investimenti pubblicitari, luce in fondo al tunnel

Nel primo bimestre del 2010 gli investimenti pubblicitari sono cresciuti del +2,7%, rispetto allo stesso periodo del 2009. Per un giro d’affari di quasi 1,3 miliardi di euro.
La televisione – nel suo insieme, generalista e satellitare – registra una crescita del 4,9%. Ottime le performance per cinema, +23,7% e radio, + 11%. Prosegue la crescita di internet, +3,8%.
Sulla stampa i risultati sono contrastanti. Nel suo insieme gli investimenti sono calati del 4,3%. Ma i quotidiani segnano un piccolo segnale di ripresa: +1%. Ancora in piena crisi i periodici, - 14,1% e la free-press, -6,7%.
Fonte: Prima Comunicazione su dati Nielsen Media Research

C’era il tempo dei commenti anonimi

Dopo aver imperversato su tutti i siti d’informazione, sono in via di estinzione. Strateghi ed esperti di comunicazione si sono accorti che scrivere, dietro la garanzia dell’anonimato – comunque fittizia – libera i peggiori istinti umani.

Ma nella svolta c’è poco di etico, più semplicemente la decisione è stata mossa dal vil denaro: parecchi investitori pubblicitari non gradiscono comparire in pagine contenti insulti e parolacce, violenza.

L’alternativa proposta è quella della registrazione. Una soluzione che non garantisce alcunché. E’ comunque possibile fornire dati falsi. Ma l’esperienza dimostra come nei commentari sottoposti a log in si riducono in maniera sensibile offese e risse online.

Il dibattito sull’opportunità di mantenere o meno l’animato nei commenti non riguarda solo l’Italia, ma tutto il web, senza distinzione geografica. Sul New York Times è stato recentemente pubblicato un articolo sull’argomento.
Molte delle soluzioni descritte sono giù usate nei siti. La novità che emerge è il generale bando dell'anonimato, almeno per quanto riguarda questa particolare forma di comunicazione.
La rete, anche sotto questo aspetto, tende ad omologarsi, nelle forme, come nei contenuti, agli altri media.

Alcuni quotidiani – Washington Post, lo stesso New York Times – hanno scelto la strada della registrazione del profilo utente.
L’Huffington Post utilizzerà il criterio della reputazione di chi posta commenti, attraverso un ranking basato sul giudizio del lettori. Altri, come The Times, puntano sul controllo preventivo prima dell’online. Soluzione che comporta, però, alti costi.
Il modello a cui si guarda è quello di Facebook o di Twitter, dove utenti sacrificano parte della loro privacy per avere la possibilità di discutere e condividere contenuti. Un’attitudine che sembra interessare soprattutto le nuove generazioni, come sostiene Arianna Huffington, fondatrice delle omonimo sito di news online, disposte ad abbassare il livello di riservatezza pur di poter far parte della società in rete.

martedì 13 aprile 2010

I tablet non salveranno quotidiani e riviste

Prosegue il dibattito circa l'impatto delle nuove piattaforme tecnologiche sul mondo dell’informazione. Jack Shafer su Slate Magazine non scommette sulle applicazioni di riviste e quotidiani realizzate per iPad e suoi simili. L’eccitazione e le aspettative ricordano all’autore l’epoca dei Cd-Rom.

Pure allora, negli anni ’90, le versione di Newsweek su supporto ottico aveva generato il medesimo ottimismo. La release per Cd, chiamata Newsweek Interactive, ricca di video audio, archivi, doveva essere la testa di ponte per un nuovo modo di fruire l’informazione.
I Cd-rom fallirono completamente. Troppo costosi, troppo complessi e troppo legati a piattaforme proprietarie.

Secondo Shafer l’insuccesso ha dimostrato tutte le difficoltà del passaggio da un media all’altro. Confermate dalla lunga serie di flop in cui sono incappati gli editori statunitensi. New York Times ha perso parecchio denaro nella creazione di un canale via cavo. E pure il Washington Post incontrò la stessa sorte quando lanciò la versione radio del quotidiano.

Per molti editori l’arrivo dei tablet è l’occasione per passare dal tutto gratis del web al tutto a pagamento. Ma per il giornalista di Slate hanno fatto male i loro conti. Perché c’è la concorrenza delle tv via cavo che offre simili contenuti a prezzi concorrenziali. A partire dal costo dei tablet a volte superiore a quello di un televisore Hd.
Inoltre queste applicazioni sono ancora troppo complesse e non offrono la possibilità di navigare, di fare ricerche, di condividere i contenuti, di discutere.

Pungente la conclusione di Shark. La prevedibile diffusione, la corsa al ribasso dei prezzi, renderanno i tablet dei computer portatili ultrasottili. Risultato? Le futuristiche applicazioni saranno considerate semplici siti web e gli editori, che puntavano a generare montagne di soldi, dovranno fare marcia indietro e ricominciare tutto da capo.

lunedì 12 aprile 2010

iPad e news, il test di Punto informatico

Le applicazioni dedicate all'informazione firmate Usa Today, BBC e Reuters. Dal video tutto sembra molto bello. Pure troppo.

Sul web le notizie piacciono brevi

In Italia l'accesso alle informazioni online avviene attraverso siti e portali generalisti (luglio2009 Nexplora/Microsoft, ottobre 2009 Astra ricerche). Twitter - secondo ricerche effettuate in gran Bretagna e negli Usa - non porta traffico ai giornali: sembra, dunque, che gli utenti si fermino al breve messaggio di testo.
Nonostante il rischio di forzature, non supportate da evidenze empiriche, si può tentare di fare qualche ipotesi di lavoro.

I due lavori mettono in luce come sul web, la generalità degli utenti s’informa attraverso short news.
Per quanto riguarda la Penisola, si conferma l'attitudine televisiva al consumo delle informazioni. La notizia del telegiornale ha caratteristiche simili al lancio dei portali, al breve messaggio di Twitter: sono imposti limiti precisi, nel tempo - la tv - o nel numero delle battute. Livellano i fatti entro contenitori preordinati. La preferenza del pubblico per questa informazione potrebbe fare oscillare la certezza di chi invoca il ritorno al giornalismo d'inchiesta per rilanciare le sorti di giornali e riviste.

La diffusione dei nuovi ecosistemi informativi ha scomposto in modo modulare contenuti e lettori. E all'orizzonte si sta mostrando un’ulteriore suddivisione dei recenti ambienti informativi (splinternet).
Il giornale da sempre acquistato in blocco, sul web è ora sezionato secondo gli interessi del lettore.

I lettori - o la maggior parte di essi - possono decidere di leggere solo brevi notizie passando da un sito all'altro.
Far pagare queste notizie potrebbe non avere senso. A meno non si scelga l’alternativa dell’abbonamento. Ma anche in questo caso funziona solo se tutta l’offerta online va in questa direzione.
La qualità, l’approfondimento possono funzionare, ma verso un pubblico ridotto. Occorre trovare un equilibrio tra numeri relativamente contenti di lettori e investimenti. Perché il giornalismo di qualità costa. E ancora di più costa rinunciare alla raccolta pubblicitaria, garantita solo da forti numeri di traffico.

Un iPod per cicerone

Genova, villa del principe. All'ingresso della cinquecentesca dimora di Andrea Doria, è consegnato ai visitatori un iPod touch screen sul quale è caricato il percorso guidato al palazzo e alle opere d'arte.
L'apparecchio targato Apple piace. Giovani e anziani. Mamme, padri e figli. Tutti sembrano muoversi con dimestichezza da un menù all'altro, seguendo descrizioni di affreschi, dipinti e arazzi.

Forse è nel vero chi prevede che il fratello maggiorato, l'iPad, conquisterà fette di pubblico fino oggi escluse. I tablet pc, se coniugati con la semplicità del touch, e non necessariamente della mela morsicata, hanno le carte in regola per abbattere il muro del sospetto che ancora circonda il mondo dei computer.

I tablet saranno usati per leggere, ma anche per giocare, vedere video e soprattutto per navigare. Nuovi utenti potrebbero cercare notizie e informasi sul web, dimenticandosi di acquistare il giornale in edicola.
Alcuni editori si stanno organizzando per offrire prodotti a pagamento, sperando di vendere l'intero quotidiano, seppure versione elettronica.
Eppure la rete consente un consumo delle notizie verticale e modulare.
Per quale motivo si deve tornare alla vecchia regola tutto o niente?

giovedì 8 aprile 2010

La formula vincente del Financial Times. Ma non sempre replicabile

Il giornale britannico sembra aver trovato la soluzione per uscire dalla profonda crisi che ha colpito l’editoria. Niente di eccezionale, il business model seguito sta realizzando profitti contenuti, ma sicuramente significativi in un contesto di generale difficoltà del settore.

L’offerta del giornale britannico si muove sia su canale “tradizionale”, la rivista cartacea, venduta a 2 sterline, sia sull’online, il cui abbonamento costa 185 sterline all’anno.
I lettori sul web sono in netta minoranza, meno di un terzo dell’intero parco clienti. Però sono in grado di produrre il 73% dei ricavi. E il trend di crescita degli abbonati è previsto in deciso aumento. Inoltre si tratta di un’utenza ricca, che sta attirando investitori pubblicitari del cosiddetto settore del “lusso”.

Il modello FT è riproducibile? Dipende da cosa si pubblica. Le notizie, le analisi finanziarie hanno caratteristiche di unicità, difficilmente reperibili, almeno in forma gratuita, sul web. Per l’editore specializzato questa è un’ottima notizia. La ricetta abbonamenti/investitori pubblicitari è a portata di mano.

Più difficile la sfida per le case editrici “generaliste”.
Come differenziare il prodotto? Come spingere l’utente online al pagamento? Nella difficoltà di trovare una risposta si spiega l’immobilismo delle testate.
Il New York Times tornerà a proporre l’accesso a pagamento ai contenuti online. Sperando nel successo dei tablet pc e incrociando le dita. Già in passato fu costretto a fare marcia indietro, così come il quotidiano spagnolo El Pais, tornato sul tutto gratis dopo il crollo delle vendite e della raccolta pubblicitaria.

mercoledì 7 aprile 2010

E-book senza editori

Quasi in contemporanea con il lancio, arriva la notizia della disponibilità per i-Pad (prima ancora della vendita in Italia) del libro "Nozioni di economia aziendale".
Un classico prodotto da editoria professionale, pur rivolgendosi a studenti e “curiosi”, come afferma l’autore. Dunque mantenendo una marcata componente divulgativa.

Al netto della qualità del lavoro - che a leggere i giudizi dei lettori non è estremamente positiva - la pubblicazione su i-Pad merita qualche considerazione, sopratutto considerando le potenzialità che questo strumento (o analoghi) è in grado di offrire.

La prima. L’editore professionale può diventare apripista nello sperimentare nuove forme di utilizzo dei contenuti digitali. E’ già accaduto in passato con le banche dati, distribuiti su cd-rom. I lettori di riferimento – professionisti e imprenditori - hanno buone disponibilità economiche e spesso hanno necessità di accedere in tempo reale a informazioni operative. Un avvocato può avere bisogno di consultare una sentenza quando non è in ufficio, il commercialista, le novità delle finanziaria mentre sta andando del cliente.
Gli editori si trovano di fronte a una ricca opportunità. A patto che sappiano usare bene i nuovi strumenti tecnologici.

Ma la pubblicazione di “Nozioni di economia aziendale” – ed è la seconda considerazione - mostra anche una possibile insidia. Ovvero la possibilità che vengano stipulati accordi fra autori e Apple, saltando l’intermediazione produttiva e distributiva dell’editore. Un pericolo – ovviamente per chi fa quel mestiere – perché ha buone possibilità di replica. Un autore potrebbe essere tentato di seguire questa strada, tenendo presente l’ottima scolarità dei potenziali scrittori e la discreta abitudine allo scrivere (magistrati, architetti, professori universitari).

Gli editori farebbero bene a non trascurare la minaccia.
E come? Per esempio creando network di contenuti. Ambienti – ad alta qualità informativa– a cui un lettore può, in via modulare, accedere secondo le proprie necessità.
Una soluzione, una delle tante. I numerosi esperti di strategie aziendali sicuramente sanno far meglio. A patto che considerino la sfida degli e-book come una faccenda seria. Un pericolo, per i loro datori di lavoro. O un’opportunità.

venerdì 2 aprile 2010

Yahoo assume giornalisti

La notizia arriva dal New York Times. Yahoo sta assumendo giornalisti per aprire una redazione e iniziare a produrre contenuti propri. Articoli e approfondimenti saranno pubblicati in Yahoo News, uno dei siti d’informazione più visitati della rete: nello scorso febbraio ha registrato oltre 43 milioni di visitatori.
La futura redazione si occuperà di politica e media andando a integrare l’offerta informativa sportiva e finanziaria, oggi già presente sul sito.

La mosse di Yahoo rappresentano un'inversione di tendenza dopo le ristrutturazioni dei mesi scorsi e sono l’ennesimo segnale della ripresa in atto. Ancora timida, visto che i recenti dati sulla disoccupazione Usa non segnalano alcun miglioramento sostanziale. La percentuale dei disoccupati resta al 9,7%, peraltro inferiore alle attese degli analisti.
Per chi, invece, fa il giornalista e lavora nell’editoria - un settore che non solo ha anticipato la Grande crisi, ma ha subito l’impatto dell’affermazione delle nuove tecnologie - il segnale è ben augurante. Seppure nelle lontane americhe, c’è ancora qualcuno che investe sui contenuti ed è disposto ad assumere giornalisti.

giovedì 1 aprile 2010

L’informazione online passa dai portali

Una ricerca dello scorso anno (maggio 2009), firmata dall’osservatorio internet di Nexplora/Microsoft ha rivelato che i giovani per informarsi utilizzano i portali generalisti (Libero, Virgilio, Yahoo). Un altro lavoro – luglio 2009 – realizzato da Astra ricerche per conto dell’Ordine dei giornalisti della Lombardia (Tabloid n.6/2009, pag.17), segnala che la fonte d’informazione più utilizzata dagli internauti sono i siti/portali generalisti.
Seppure datate, le due indagini meritano l'attenzione, visto che anche nel 2010 i dati del traffico online mostrano il consolidarsi di questa tendenza.

1) Nei portali le notizie sono pubblicate in ambienti che offrono un menù di servizi: dalle mail alla community. La notizia è uno dei prodotti offerti.
2) Spesso alle spalle di queste strutture non ci sono editori, ma organizzazioni che sono nate sul web.
3) L’informazione offerta è strutturalmente “leggera”, ovvero pezzi brevi, adatti a un consumo veloce.
4) La considerazione precedente apre le porte a un personale giudizio di merito. Ovvero questi portali sono il braccio online della televisione italiana. Come sulla Tv, anche lì sono rigorosamente esclusi argomenti impegnativi e di approfondimento. La formula vincente è sesso/sangue/pettegolezzo.

In questo contesto per i giornali - e i loro editori - la sfida per il rilancio è assolutamente impegnativa.
A partire dalla scelta - su cui molte testate stanno meditando - di far pagare gli articoli. Attualmente è un grande rischio, perché la mossa potrebbe generare un ulteriore incremento di traffico a favore dei siti generalisti.
Occorre fornire al lettore un motivo per abbonarsi o pagare. La soluzione – facile a dirsi – è l’unicità dei contenuti. Come insegna la legge primordiale del mercato, si sborsa del denaro per qualcosa che interessa, che ha un valore, seppur minimo. Difficilmente un utente paga per articoli che comunque può scovare in giro per la rete.
Unicità, dunque, vuol dire qualità. Ovvero, declinando il tutto in salsa editoriale, significa investire sul primo anello della catena della produzione informativa : la redazione. Magari togliendo risorse agli uffici marketing.

Nell'affrontare la sfida delle nuove tecnologie, l'editoria specializzata può avere qualche vantaggio. E magari, come è già successo in passato, fare da apripista a nuove soluzioni.
L’unicità fa parte del suo dna, i contenuti che produce non sono facilmente reperibili sul web in modalità gratuita.
A patto che il passaggio dalla carta al web non si riduca a un semplice copia e incolla.
Serve un profondo cambiamento sul modo di presentare i contenuti. E su questo i portali generalisti sono un utile esempio da seguire. Il mezzo fisico – che sia un monitor di un pc, di uno smartphone o di un e-reader – impone un ripensamento totale. La notizia va trattata in modalità modulare, per essere fruita sui diversi ambienti, sulle diverse piattaforme.