giovedì 12 aprile 2012

Ascoltare le urla

Mathew Ingram (qui, via Gigaom) contesta le critiche ai commenti postati sui siti online. Le accuse - che di solito preannunciano la chiusura del servizio - sono note: alto livello si rissosità, spam, volgarità, razzismo. Rumore che al pregio di produrre pagine viste, richiede l'investimento di ingenti risorse per il controllo e la moderazione. Eppure, dice Ingram, i commenti sono free speech. La versione online di quello che la gente dice e pensa nel mondo reale. Eliminare totalmente una simile possibilità significa invitare il lettore ad andarsene e a rinunciare alla creazione di una community.

Il sottoscritto ha passato parecchio tempo su piattaforme che consentivano di postare liberamente, senza alcuna registrazione. Sarebbe falso negare la massiccia dose d'immondizia che si appiccicava al sito. Offese e urla. Ma  anche uno spaccato di umanità su cui riflettere.
L'azienda per cui lavoravo, alla fine decise di di chiudere i commenti liberi, mettendoli sotto registrazione (consentendo la connessione attraverso i più popolari social network). Con l'effetto di ridurre la quantità e, nello stesso tempo, migliorare la qualità. Dunque alla completa eliminazione, questa scelta è decisamente più efficiente.

La finestra aperta agli umori "popolari", comunque ha qualche pregio (al netto del maggior impegno richiesto):
1) fornisce informazioni preziose sul livello di conoscenza informatica dei lettori, per i quali spesso un blog è una chat, la chat un post, il post un forum,
2) ingiurie e volgarità non sono per forza la regola. L'offerta influenza la domanda. Per esperienza posso affermare che lavori ben fatti e di qualità difficilmente fanno alzare il tono. Argomento e scelta del registro di comunicazione possono operare già un'efficace selezione. Constatazione che varrebbe la pena di tenere a mente prima di scagliarsi contro l'inciviltà dilagante

Nessun commento:

Posta un commento