martedì 10 aprile 2012

La morte, un tabù messo in discussione dalle piattaforme digitali

Torno sul tema violenza e morte sulle piattaforme digitali che ho già trattato in passato (Imago mortis) a cui ho aggiunto qualche riflessione in più. 
Il punto di partenza è il medesimo. Guerre, tragedie, dolore: video e foto che fissano questi eventi della vita sono entrati in modo prepotente sul palcoscenico digitale dell’auto-produzione e dell’auto-distribuzione. Cambiamento sostanziale rispetto a soli pochi anni fa. I media mainstream erano i monopolisti della produzione del dolore. La pubblicazione era selezionata e filtrata, in funzione delle variabili politiche, religiose e di costume.

Le piattaforme tecnologiche hanno sgretolato il ruolo di grande censore assegnato ai media. Le video-immagini di estrema violenza realizzate in modo non professionale, sono diffuse e commentate. Sono ciniche, feroci. Ma c'è dell’altro oltre l'insano e insensibile protagonismo. Questo flusso disorganizzato, che si rivolge a una vasta platea, riporta l’evento morte sulla dimensione del vivere, quasi a riallacciare un rapporto con le società preindustriali.

Fino all'età moderna la fine della vita è parte del quotidiano. La rivoluzione industriale, lo sviluppo economico e il benessere – soprattutto del secondo dopo-guerra – hanno ghettizzato il dolore in una sfera privata. Eppure la cultura occidentale fonda parte delle proprie radici sulla morte come evento normale, i cui confini di separazione dal vivere sono sfocati, indistinti. Nell’Odissea e nell’Eneide, nella Divina Commedia, il viaggio nell'aldilà diventa un racconto che confonde e unisce le diverse dimensioni. Chi non c’è più continua a soffrire, gioire. Un legame tenace con la vita testimoniato nelle canzoni popolari e dai cimiteri posti all'interno delle città, nelle cui vicinanze si svolgevano fiere, mercati. Nel Vangelo il dolore e la morte sono il passaggio alla vita eterna. La passione – come espiazione dal peccato – è uno degli elementi fondati del cristianesimo e, dunque, della cultura europea.

Sui social network c'è protagonismo senza scrupoli. E Internet ha contributo in parte ad addomesticare la sensibilità, il senso del rispetto. C'è il rischio che il contatto parziale, fatto di frammenti, decontestualizzato, favorisca la spettacolarizzazione e l'indifferenza. La valletta nuda sta sullo stesso piano della sofferenza. La riduzione al click, alla page view è innegabile. Ma sono osservazioni parziali. Resto convinto che, quale che sia lo scopo di chi ha pubblicato foto e video, queste rappresentazioni  ci sbattano in faccia uno degli aspetti della vita – seppure spiacevole – e creino piccole crepe sul tabù costruito dalla società dei consumi. 

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