giovedì 26 aprile 2012

Economia streaming

Si chiama Markets Pulse il live blog del Wall Street Journal. Piattaforma di cronaca economico-finanziaria dove sono pubblicati articoli - alcuni free, altri riservati agli abbonati - video e foto, tweet (segnalazione qui, via Nieman Journalism Lab).


Sui motivi dell'iniziativa (ancora in fase sperimentale), segnalo due considerazioni di Raju Narisetti, managing editor del WSJ digital:
- Markets Pulse consente a ciascun reporter di aggiornare e arricchire il proprio lavoro con modalità inedite (piccoli aggiornamenti, tweet, foto),
- il prodotto si presenta sempre aggiornato, presentando al lettore le notizie sia su un piano orizzontale sia verticale, di maggiore approfondimento.

Interessante chiosa conclusiva: nei news stream gli utenti trascorrono più tempo rispetto alle performance realizzate dei siti tradizionali.

martedì 24 aprile 2012

Portali e mash-up perpendicolari

Negli Usa cresce il tempo speso sui media sociali. Engagement in aumento che cannibalizza quella degli altri player. La web activity sui social network nel corso nel 2012 supererà quella generata dai portali. Sorpasso storico, già avvenuto in America latina (segnalazione qui e qui, via V3 e comScore Blog).


L'attenzione aggregata dentro un'area sociale non è solo un problema per chi ne è escluso. Facebook e Twitter forniscono indicazioni preziose su come articolare e migliorare l'offerta editoriale. Peraltro resto convinto che il modello portale - inteso come un contenitore dove al contenuto sono affiancati servizi e piattaforme di vendita - sia tutt'altro che superato. Anzi rappresenta l'alternativa potenzialmente più interessante per chi fa il mestiere di editore.

La voracità dell'utente sociale indica che la distribuzione delle notizie si sia arricchita di un nuovo canale: la rete dei contatti, professionali e di amici. Un movimento che costruisce comunità catalizzate attorno argomenti verticali (food, divertimento serale, sport, hobby, film, economia). L'offerta generalista dei giornali non può trascurare la frammentazione. Occorre pensare prodotti modulari e scomponibili. L'idea del giornale come applicazione è limitativa in un contesto di questo genere. Più aderente alla realtà la metafora dei mattoncini del Lego, che dalla forma iniziale - un castello, un auto, l'astronave - si adattano alle fantasie dei bimbi, assumendo forme diverse.

Il "mutamento climatico" richiede la creazione di mash-up perpendicolari. Lo sforzo per realizzare questo obiettivo è tutt'altro che semplice. A iniziare dal fattore tempo. Recuperare l'attenzione perduta - il quotidiano o il giornalista che diventa amico o account da seguire - richiede un progetto a medio/lungo periodo. Orizzonte temporale che serve anche alla ricollocazione dei fattori produttivi. Chi scrive deve integrarsi con strumenti e professioni diverse. Web semantico, architetti dell'informazione, grafici.  Concetti e parole scontate per chi lavora sul web da un po' di tempo (e neanche per tutti), rivoluzionarie per la maggioranza degli addetti al lavoro di fare informazione.

venerdì 20 aprile 2012

New York Times aggrappato al paywall

La società d'investimento Ironfire ha pubblicato uno studio sulla sostenibilità finanziaria del New York Times (segnalazione qui, via Columbia Journalism Review) . Secondo l'analisi, per il gruppo editoriale il futuro è difficile. Entro il 2015 il quotidiano potrebbe non sopravvivere come entità autonoma. E l'ipotesi di pesanti tagli dei costi (redazione compresa) diventerebbe una scelta obbligata.
La causa è nota: forte contrazione della raccolta pubblicitaria su carta - fenomeno strutturale e congiunturale - non compensata dalla crescita dell'advertsing online.

Ma c'è un dato positivo, riportato nella tabella: dall'introduzione del paywall il fatturato derivante da abbonamenti e vendite supera quello della raccolta pubblicitaria. E' la prima volta che accade per il quotidiano di New York.


Seppure in un contesto di decrescita come valore assoluto delle revenue, il digitale mostra potenzialità in fase - anche come sostenibilità economica - con la diffusione delle nuove piattaforme. Una base di partenza e riflessione che consolida le strategie fondate sulla convergenza editoriale e meno dipendenti dalla pubblicità.
The New York Times Stares Into the Abyss

mercoledì 18 aprile 2012

Il gioco batte la green economy

Negli Stati Uniti il settore dei social game si sta affermando con ritmi di crescita vicini a quelli della green economy. Nel 2012 il fatturato dovrebbe crescere del 20% per un valore assoluto che supererà, nel 2017, la soglia dei 12 miliardi di dollari. Contro i sei miliardi dell'industria dei pannelli solari (segnalazione qui, ricerca IbisWorld).


Facebook è la piattaforma dominante. Il modello di business è fondato sulla vendita di servizi e sull'in-game advertising.
In Italia la massiccia diffusione dei social network e il rimbalzo previsto per i new media, specialmente quelli in modalità mobile ("Digital media: in pieno decollo video, social network tablet e smartphone", Osservatori.net, marzo 2012) fanno sperare in un'affermazione del settore. Per i giovani un terreno da sondare per capire dove indirizzare la formazione e la ricerca di lavoro.

martedì 17 aprile 2012

Dall'Ikea alla contaminazione Tv

Ikea produrrà televisori. Monitor lcd integrati nei mobili, wireless e connessi a Internet. Non saranno dotati di lettori Dvd, blu ray e Cd. L'azienda svedese, nella scelta del prodotto, punta alla connected Tv.

Una ricerca Usa realizzata da Ypulse (società di comunicazione e marketing, leader nel settore del pubblico più giovane) mostra che, nella fascia di età compresa fra i 13 e i 30 anni, un'ampia percentuale (la maggioranza relativamente alla forbice 18-30) guarda la Tv attraverso media legati a Internet.


Due notizie. Legate dal filo comune della contaminazione. L'utente tende sempre più a sovrapporre video, foto e testo nello stesso spazio temporale e, in futuro, su un unico supporto tecnologico. Il monitor televisivo come terminale del tablet e viceversa.

Un contenuto con tanti padri (social network, Rete, auto-produzione, giornali) e un'unica madre, la televisione. La nuova forma mediatica avrà un Dna televisivo. La sequenza dei cromosomi è già all'opera. L'infotainment è una sua invenzione, almeno come diffusione di massa. L'informazione superficiale, frettolosa, ha costruito le fondamenta nei tg e nei varietà. Zapping e click sono entrambi dissipatori dell'attenzione.

Senza negare la soluzione di continuità del nuovo mondo, rispetto all'ecosistema tradizionale, la contaminazione in atto è influenzata da modalità di consumo dei contenuti che hanno in larga parte origine nella Tv.

lunedì 16 aprile 2012

Recessione libraria

Il post che ho scritto qualche giorno fa su Voices (Un libro, due copertine: il mercato editoriale rianimato e seppellito dalle nuove tecnologie) mette a confronto due ricerche relative al mercato librario. La prima, riferita agli Usa, evidenzia come i nuovi supporti - tablet, e-reader, smartphone - abbiano influito positivamente sulla propensione alla lettura.

Impatto tecnologico che non sembra funzionare ovunque. "L'Italia dei libri" è un rapporto (gentilmente segnalato dall'amico Pier Luca), realizzato da Nielsen sullo stato di salute del mercato nel periodo ottobre 2010 - dicembre 2011. I dati emersi sono preoccupanti. Gli hard reader - coloro che leggono almeno 12 libri all'anno - hanno sensibilmente ridotto sia gli acquisti sia la lettura. Segnale pericoloso perché dai forti lettori l'economia del libro dipende in maniera essenziale.

Gino Roncaglia, nell'analisi al rapporto (qui), individua tre cause dell'inedita crisi:
1) l'entrata in vigore delle legge Levi che ha fissato un tetto alle iniziative promozionali,
2) la diffusione dei supporti digitali e della pirateria,
3) l'inerzia degli editori, incapaci di offrire prodotti attraenti.

Riflessioni condivisibili, sopratutto quelle che convergono sulla questione economica. La crisi iniziata nel 2008 sta mostrando gli aspetti peggiori con qualche anno di ritardo. L'effetto combinato crisi del debito/aumento pressione fiscale/recessione incide in maniera più che pesante sul ceto medio, porzione sociale da cui proviene la maggioranza degli hard reader. L'innovazione ha un ruolo importante, ma deve essere in fase con la realtà, ovvero con la capacità di spesa del pubblico di riferimento. In un contesto economico d'emergenza, il ricorso alle copie illegali può essere una scelta semi obbligata.

giovedì 12 aprile 2012

Ascoltare le urla

Mathew Ingram (qui, via Gigaom) contesta le critiche ai commenti postati sui siti online. Le accuse - che di solito preannunciano la chiusura del servizio - sono note: alto livello si rissosità, spam, volgarità, razzismo. Rumore che al pregio di produrre pagine viste, richiede l'investimento di ingenti risorse per il controllo e la moderazione. Eppure, dice Ingram, i commenti sono free speech. La versione online di quello che la gente dice e pensa nel mondo reale. Eliminare totalmente una simile possibilità significa invitare il lettore ad andarsene e a rinunciare alla creazione di una community.

Il sottoscritto ha passato parecchio tempo su piattaforme che consentivano di postare liberamente, senza alcuna registrazione. Sarebbe falso negare la massiccia dose d'immondizia che si appiccicava al sito. Offese e urla. Ma  anche uno spaccato di umanità su cui riflettere.
L'azienda per cui lavoravo, alla fine decise di di chiudere i commenti liberi, mettendoli sotto registrazione (consentendo la connessione attraverso i più popolari social network). Con l'effetto di ridurre la quantità e, nello stesso tempo, migliorare la qualità. Dunque alla completa eliminazione, questa scelta è decisamente più efficiente.

La finestra aperta agli umori "popolari", comunque ha qualche pregio (al netto del maggior impegno richiesto):
1) fornisce informazioni preziose sul livello di conoscenza informatica dei lettori, per i quali spesso un blog è una chat, la chat un post, il post un forum,
2) ingiurie e volgarità non sono per forza la regola. L'offerta influenza la domanda. Per esperienza posso affermare che lavori ben fatti e di qualità difficilmente fanno alzare il tono. Argomento e scelta del registro di comunicazione possono operare già un'efficace selezione. Constatazione che varrebbe la pena di tenere a mente prima di scagliarsi contro l'inciviltà dilagante

mercoledì 11 aprile 2012

Zapping totale

La parola zapping indica l'uso compulsivo del telecomando Tv, attraverso il quale si cambia continuamente canale alla ricerca di una trasmissione d'interesse. Ora lo zapping allarga i propri confini, diventando multi-piattaforma. Passaggio da canale/canale/canale a Tv/tablet/smartphone. Risultati (non inaspettati) emersi da uno studio realizzato da Innerscope Research per conto di Time Inc. (segnalazione qui, via Folio e qui, via AdvertisingAge).

L'indagine ha utilizzato strumenti biometrici e, seppure condotta su un limitato campione limitato, 30 persone - ha evidenziato una modalità di consumo decisamente differente tra digital native e digital immigrant. I nativi digitali passano in media da un supporto all'altro 27 volte in un'ora, frequenza che si abbassa, per l'altro gruppo, a 17 (comunque sempre significativa).

L'attenzione, dunque, si polverizza in senso sia verticale sia orizzontale. Accesso ai media in forme inedite, con cambiamenti accelerati e strutturali per le fasce di età più giovani. I produttori di contenuti devono - rapidamente e decisamente - adottare strategie di convergenza editoriale, abbattendo ogni suddivisione tra carta, online, app. A ciò vanno affiancate analisi dettagliate sulle tipologie e sui bisogni del pubblico di riferimento, fino a individuare nicchie di interessi su cui pianificare piani editoriali e di comunicazione.

martedì 10 aprile 2012

La morte, un tabù messo in discussione dalle piattaforme digitali

Torno sul tema violenza e morte sulle piattaforme digitali che ho già trattato in passato (Imago mortis) a cui ho aggiunto qualche riflessione in più. 
Il punto di partenza è il medesimo. Guerre, tragedie, dolore: video e foto che fissano questi eventi della vita sono entrati in modo prepotente sul palcoscenico digitale dell’auto-produzione e dell’auto-distribuzione. Cambiamento sostanziale rispetto a soli pochi anni fa. I media mainstream erano i monopolisti della produzione del dolore. La pubblicazione era selezionata e filtrata, in funzione delle variabili politiche, religiose e di costume.

Le piattaforme tecnologiche hanno sgretolato il ruolo di grande censore assegnato ai media. Le video-immagini di estrema violenza realizzate in modo non professionale, sono diffuse e commentate. Sono ciniche, feroci. Ma c'è dell’altro oltre l'insano e insensibile protagonismo. Questo flusso disorganizzato, che si rivolge a una vasta platea, riporta l’evento morte sulla dimensione del vivere, quasi a riallacciare un rapporto con le società preindustriali.

Fino all'età moderna la fine della vita è parte del quotidiano. La rivoluzione industriale, lo sviluppo economico e il benessere – soprattutto del secondo dopo-guerra – hanno ghettizzato il dolore in una sfera privata. Eppure la cultura occidentale fonda parte delle proprie radici sulla morte come evento normale, i cui confini di separazione dal vivere sono sfocati, indistinti. Nell’Odissea e nell’Eneide, nella Divina Commedia, il viaggio nell'aldilà diventa un racconto che confonde e unisce le diverse dimensioni. Chi non c’è più continua a soffrire, gioire. Un legame tenace con la vita testimoniato nelle canzoni popolari e dai cimiteri posti all'interno delle città, nelle cui vicinanze si svolgevano fiere, mercati. Nel Vangelo il dolore e la morte sono il passaggio alla vita eterna. La passione – come espiazione dal peccato – è uno degli elementi fondati del cristianesimo e, dunque, della cultura europea.

Sui social network c'è protagonismo senza scrupoli. E Internet ha contributo in parte ad addomesticare la sensibilità, il senso del rispetto. C'è il rischio che il contatto parziale, fatto di frammenti, decontestualizzato, favorisca la spettacolarizzazione e l'indifferenza. La valletta nuda sta sullo stesso piano della sofferenza. La riduzione al click, alla page view è innegabile. Ma sono osservazioni parziali. Resto convinto che, quale che sia lo scopo di chi ha pubblicato foto e video, queste rappresentazioni  ci sbattano in faccia uno degli aspetti della vita – seppure spiacevole – e creino piccole crepe sul tabù costruito dalla società dei consumi. 

venerdì 6 aprile 2012

Io digitale. Tu lettore famelico

I possessori di e-reader e tablet leggono più libri, sia in formato digitale sia cartaceo. Il dato emerge dalla ricerca "The Rise of E-reading", realizzata da Pew e American Life Project. Voglia di lettura direttamente proporzionale al tempo di utilizzo dei device. Secondo l'indagine, il 43% di chi possiede un e-reader da più di un anno ha dedicato più tempo sui libri, rispetto al 31% di chi possiede questi strumenti da meno di sei mesi.
La tecnologia stimola la curiosità, effetto indotto da non trascurare e che dovrebbe spingere gli editori a stringere un legame sempre più stretto con l'innovazione.

La ricerca è stata fatta negli Usa, rivolgendo il pensiero all'Italia, ho il timore che la scarsa propensione alla lettura e il ritardo tecnologico - in larga parte culturale - possano lasciare queste buone notizie fuori dai confini nazionali.

giovedì 5 aprile 2012

Finanziamenti per l'innovazione

Il decreto digItalia, atteso per la prossima estate, avrà il compito di individuare gli strumenti per contrastare il digital divide. L'obiettivo è creare infrastrutture di rete per dare connessioni veloci ed efficienti alle famiglie e al sistema produttivo.

Imprese che non sono esenti da colpe per il ritardo tecnologico del paese. Atteggiamento culturale, amplificato dalle difficoltà dell'economia. Mancanza di risorse che spingono Camere di commercio ed enti locali a erogare aiuti per incentivare la diffusione dell'innovazione. Sul sito Input Out (sponsorizzato da Hp) ho evidenziato l'elenco dei finanziamenti attualmente attivi: Pmi, le Camere di Commercio finanziano l’innovazione tecnologica.

mercoledì 4 aprile 2012

Gioventù bruciata

Lo studio della Banca d'Italia - Ricchezza e disuguaglianza in Italia, febbraio 2012 - merita di essere letto con attenzione per comprendere le dinamiche e gli effetti della Grande crisi iniziata ufficialmente nel settembre 2008, peraltro dopo anni di debole crescita. Le conclusioni del lavoro non riservano sorprese: il costo della crisi è stato ed è pagato dalle fasce più deboli, soprattutto donne e giovani (I costi della crisi pagati dai più deboli, laVoce.info).

La tabella presa dal paper di Bankitalia, mostra come la distribuzione della ricchezza tra le classi di età abbia subito profonde trasformazioni. Dal 2000 le famiglie più giovani peggiorano la propria condizione, mentre accade esattamente il contrario per gli anziani. Le classi intermedie sono soggette alle medesime variazioni, seppure meno marcate: le famiglie con capofamiglia tra i 30 e i 50 anni perdono ricchezza, vanno in senso opposto quelle comprese tra i 50 e i 65 anni.

martedì 3 aprile 2012

Frammentazione e integrazione dei media

Pew ha analizzato il flusso e la copertura delle notizie relative all'omicidio di Trayvon Martin, il ragazzo afro-americano ucciso a colpi di pistola dal vigilante George Zimmerman lo scorso 26 febbraio (qui).
Sotto esame tre piattafrome: Twitter, la blogosfera, i media mainstream.

L'episodio inizialmente riceve scarsa attenzione. Solo la divulgazione delle chiamate al 911 (una specie di 113 americano) ha radicalmente cambiato l'atteggiamento. La versione delle legittima difesa cade - la voce che chiede aiuto alla polizia, perché aggredito dal ragazzo, è accertata come non appartenete al vigilante . L'intreccio aggressione/leggitima difesa/colpo mortale di pistola è stravolto da una complicazione. Una situazione normale lascia il passo al dramma dell'innocente ucciso, del conflitto razziale. Cambiamento immediamente captato dei media che dedicano all'evento una copertura maggiore a quella riservata alle presidenziali.


Su Twitter la conversazione si catalizza attorno alla richiesta di giustizia (21% dei tweet) e alla partecipazione al dolore dei familiari (19%). Sulla blogosfera il tema "richiesta di giustizia" è affiancato dal dibattito sul conflitto razziale, sull'omicidio causato dall'odio. Da notare che entrambe le piattaforme si schierano a favore di Trayvon Martin e bocciano la versione della legittima difesa.
I media mainstream - radio e Tv - assumono un ruolo istituzionale. Il tema dei contrasti inter-razziali è lasciato in disparte, mentre ci si concentra sugli aspetti politici della vicenda: il possesso delle armi da fuoco, le leggi della Florida (luogo dove è avvenuto il fatto) che permettono la legittima (e violenta) difesa nel caso di minaccia alla persona (Florida Statutes Chapter 776 Justifiable use of force).


L'analisi svolta da Pew mostra come i media siano soggetti a usi tendenzialmente diversificati, seppure si muovano  nella direzione di un ecosistema integrato. La comunità di utenti non è più catalizzata attorno a un solo media - radio, televisione, giornale - ma si frammenta in funzione del messaggio e dell'obiettivo che si intende realizzare. Le strategie editoriali dovrebbero comprendere a fondo queste dinamiche, ponendosi questa domanda: le esigenze d'uso legate a un evento (di informazione, di partecipazione, di protesta, di discussione), possono essere contenute nel recinto di un unico player?

lunedì 2 aprile 2012

Internet per la ripresa economica

Nel Regno Unito il valore dell'economia legata al web ha toccato, nel corso del 2010, i 121 miliardi di sterline. Un volume d'affari superiore a quello generato dai settori della sanità, delle costruzioni e della scuola (ricerca realizzata dal Boston Consulting Group, segnalazione qui, via BBC News).
Il Regno Unito è uno dei i paesi più dinamici nell'innovazione digitale, con tassi di crescita previsti superiori a quelli di Cina e Usa.
Da segnalare l'uso sempre più frequente del commercio elettronico: nel 2010 il 13,5% degli acquisti è stato effettuato online. Percentuale che dovrebbe salire al 23% nel 2016.

I paragoni con l'Italia sono desolanti. Nel 2011 l'e-commerce ha inciso sul fatturato delle Pmi per una quota del 4% (la media europea è del 14%).
Il decreto digItalia, atteso per l'estate, dovrebbe individuare gli strumenti per la connessione a banda larga, compito non facile, considerate le ingenti risorse finanziarie richieste. Peraltro alla mancanza di infrastrutture si affianca un ritardo culturale nell'uso delle tecnologie. Problema denunciato anche dall'AgCom quando lo scorso febbraio suggeriva interventi di alfabetizzazione informatica per l'intero settore produttivo italiano.